LATINA – Le indagini sulla giudice del tribunale di Latina Giorgia Castriota e i suoi collaboratori sono diventate sempre più complesse, coinvolgendo anche le indagini condotte dalla gip contro l’imprenditore Fabrizio Coscione. Quest’ultimo aveva presentato una denuncia e segnalato le irregolarità nell’amministrazione dei beni sequestrati, facendo avviare l’inchiesta. Attualmente, Castriota e Ferraro sono in carcere.
Il Riesame di Latina, presidente Gian Luca Soana, ha disposto il dissequestro delle quote finite sotto chiave per un importo di oltre 3 milioni di euro. Il ricorso presentato dagli avvocati Sangiorgio e Lattanzi nei giorni scorsi è stato accolto, così come la richiesta di lasciare gli arresti domiciliari per il proprio assistito e che è tornato in libertà.
Era stato il gip Castriota – poi arrestato lo scorso 20 aprile – a disporre il sequestro milionario tra beni e quote societarie nei confronti di Coscione e del legale rappresentante Umberto Vivan. Nei confronti dell’imprenditore in questa inchiesta il reato ipotizzato è quello di evasione fiscale e appropriazione indebita. I fatti contestati sono avvenuti tra il 2020 e il 2021. Il collegio difensivo ha sostenuto che gli indagati hanno versato al Fisco l’Iva. Alla fine il Riesame ha sciolto la riserva dopo l’udienza che si era svolta mercoledì e ha dissequestrato i Consorzi.
L’inchiesta della Procura di Perugia sul gip Castriota è nata dalla denuncia presentata proprio dall’imprenditore, rappresentante legale di diverse società operanti nel settore della logistica, sottoposte a sequestro per reati tributari. Coscione era stato oggetto di un decreto di sequestro preventivo il 28 ottobre 2018, seguito da un ulteriore decreto il 24 marzo 2021 per la gestione di altre società, entrambi affidati all’amministratore giudiziario Stefano Evangelista, anch’egli indagato per corruzione.
Coscione aveva presentato una denuncia alla Procura di Milano contro Evangelista e Castriota, lamentando “l’opacità nella gestione da parte dell’amministratore giudiziario, con l’avallo” della stessa giudice, “nonostante le sue opposizioni”; e ha denunciato anche il coadiutore dell’amministratore Ferraro e l’allora rappresentante legale pro tempore delle società subentrato nella carica in sua sostituzione. L’oggetto della denuncia era la stipula di un contratto/accordo, che “non aveva alcun senso dal punto di vista economico, anzi, avrebbe finito con il depauperare le società sequestrate, sviandone la clientela”.