SUD PONTINO – La quarta sezione d’appello di Roma ha dimezzato le condanne per tre delle 25 persone che, arrestate il 25 gennaio 2021 dai Carabinieri del comando provinciale di Latina e della Compagnia di Formia nell’ambito dell’operazione anti-camorra “Anni 2000”, erano ritenute alla testa di un’organizzazione perché accusate di detenzione illegale di armi, rapina, danneggiamento, traffico di droga, incendio e anche di estorsione ai danni di alcuni imprenditori impegnati soprattutto sul territorio di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Minturno.
Il giudice Bruno Schicchitano, oltre a confermare la mancata applicazione del vincolo associativo di stampo camorristico (già caduta al termine del processo di primo grado, ha derubruicato di fatto il principale reato di cui rispondevano Antonio Antinozzi, di 61 anni, Vincenzo De Martino, di 36 anni, entrambi di Santi Cosma e Damiano, e Agostino Di Franco, di 55 anni, di Castelforte.
Erano stati condannati rispettivamente a 16, 14 anni e mezzo e 7 anni di reclusione al termine del rito abbreviato celebrato davanti il Gip del Tribunale Valerio Savio. La sua sentenza era stata impugnata in appello dal sostituto procuratore della Dda di Roma Corrado Fasanelli mentre il procuratore generale aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Il presidente Scicchittano, recependo parte della linea difensiva avanzata dagli avvocati Pasquale Cardillo Cupo, Pasqualino Santamaria e Mariano Giuliano, ha riconosciuto il sesto anziché il primo comma articolo 74 Dpr 309/1990 che applica le condanne dell’associazione semplice, quella prevista dall’articolo 416 del codice penale, previste in caso di “ipotesi lieve” relativamente allo spaccio di sostanze stupefacenti.
E così Antinozzi, De Martino e Di Franco si sono visti scendere le condanne, scontate, a 8, 5 e 4 anni di reclusione. A questo verdetto della Corte d’appello si è giunti dopo che era stato definito inammissibile il ricorso dello stesso Pm della Direzione Distrettuale antimafia di Roma. In attesa che vengano pubblicate entro i prossimi 90 giorni le motivazioni della sentenza d’appello che la difesa ha preannunciato che impugnerà in Cassazione, negli ultimi giorni sono stati presentati i ricorsi davanti la Corte d’Appello contro la sentenza del Tribunale di Cassino che il 25 ottobre scorso aveva condannato a 124 anni e mezzo di carcere (la requisitoria del Pm Fasanelli era stata leggermente più lieve) gli imputati di “Anni 2000” che avevano chiesto di essere processati con il rito ordinario.
La pena più pesante era stata inferta al presunto vertice di questo organizzazione, Decoroso Antinozzi, condannato a 16 anni e 4 anni di carcere. Le altre condanne per le quali era stato comunque escluso il vincolo mafioso: Maurizio ed Ettore Mendico a 14 anni e dieci mesi e a 13 anni e 9 mesi; Adolfo Pandolfo ad 8 anni e 9 mesi; Eduardo Parente ad 8 anni e 4 mesi; Ciro Bonifacio ad 8 anni ed un mese; Antonio Reale a 8 anni; Francesco Parente e Pierluigi Mendico a 7 anni e quattro mesi; Fabio Buonamano a 7 anni e Maria Carmina Messore a 6 anni e 9 mesi di reclusione.
Più lievi – si fa per dire – le altre condanne: Armando Puoti (4 anni), Alessandra Forcina e Sergio Cozzolino (tre anni e mezzo), Giuseppe Sola (2 anni e 4 mesi), Luigi Parente e Carla Tomao (un anno e quattro mesi di carcere a testa).
Il Tribunale di Cassino per alcuni capi d’imputazione aveva assolto per non aver commesso il fatto Salvatore Di Franco, Marco Di Viccaro, Eduardo Parente e Pierluigi Mendico mentre, sempre per alcune ipotesi di reato, aveva deciso di non doversi procedere per l’avvenuta prescrizione nei confronti di Antinozzi, Forcina e Cozzolino.