I dipendenti delle Autorità portuali italiane sono legati all’ente da un rapporto di lavoro di diritto privato, pertanto, possono essere automaticamente promossi a ruoli non dirigenziali per effetto di mansioni superiori svolte per almeno sei mesi, per la promozione a quadro, o per almeno tre mesi per altre qualifiche, senza necessità di passare da concorso pubblico.
Potrebbe interessare immediatamente l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centro settentrionale Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta quanto stabilito dalla Corte costituzionale decretando non la fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla corte di Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso dell’Autorità portuale del mare di Sardegna, condannata in appello al pagamento delle differenze retributive di un dipendente.
Motivo del contendere erano due commi della legge 84 del 1994 sul riordino della legislazione in materia portuale, che istituì le Autorità portuali come persone giuridiche di diritto pubblico dotate di autonomia amministrativa, di bilancio e finanziaria, in precedenza alla riforma introdotta dal Decreto legislativo 169 del 2016 sulla semplificazione della stessa legge, che riconosce le Autorità portuali come enti pubblici non economici. Secondo la Consulta, entrambe le disposizioni non sono, dunque, in contrasto con il quarto comma dell’articolo 97 della Costituzione, secondo cui “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso.
La necessità di concorso pubblico – ha sottolineato la Corte Costituzionale, “non è assoluta, essendo consentite deroghe legislativamente disposte per singoli casi. Questa regola non esclude, dunque, forme diverse di reclutamento, purché siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione, rispondano a criteri di ragionevolezza e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali”. E in questo modo vanno considerate le norme che “con indubbia specialità” disciplinano il rapporto di lavoro del personale delle Autorità portuali, decisione che – scrivono i giudici della Suprema Corte – “appare giustificata dal perseguimento del buon andamento e dell’efficienza dell’amministrazione delle Autorità portuali”.
Un concorso pubblico, in questo caso, “avrebbe avuto come conseguenza l’eccessivo irrigidimento nella gestione del personale e non avrebbe consentito risposte tempestive alle esigenze operative dei porti”.