FORMIA – Si presta a non poche interpretazioni la sentenza con cui il Giudice per l’udienza preliminari del Tribunale di Cassino, Domenico Di Croce, al termine di una lunghissima camera di consiglio (quattro ore, quasi un record in considerazione dei reati contestati) ha detto di no al processo chiesto il 21 aprile 2021 dall’attuale capo della Procura di Cassino Luciano D’Emmanuele per l’ex sindaco di Formia Paola Villa, il suo capo di gabinetto, l’ex segretario e direttore generale del comune Mario Taglialatela e per l’attuale dirigente dell’area finanziaria dell’ente Daniele Rossi.
Erano indagati a vario titolo per concorso ideologico per la nomina, avvenuta il 24 luglio 2020, da parte dell’allora sindaco di Formia dell’avvocato Mario Taglialatela nella mansione di capo di gabinetto dell’allora primo cittadino. Il proscioglimento dei tre, con la formula perché il fatto non sussiste, ha confermato l’inconsistenza della denuncia querela che formalizzò nell’agosto di tre anni presso gli uffici della Procura di Cassino una persona che non era un cittadino comune. Era ed è uno dei significativi penalisti della provincia di Latina, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo.
Dalla professoressa di scienze naturali era stato sconfitto al ballottaggio delle amministrative del 24 maggio 2018 e da quella domenica di San Giovanni i rapporti personali tra i due, oltre che politici, non furono più normali. A dire dell’avvocato Cardillo Cupo, ora presidente del consiglio comunale, consigliere provinciale e dirigente provinciale di punta di Fratelli d’Italia, l’avvocato Taglialatela non avrebbe potuto mai ricevere quell’incarico di capogabinetto al posto del dimissionario Armando Russo.
Andando in pensione, l’ex segretario generale era diventato incompatibile – da qui la doppia accusa di concorso e falso per Taglialatela – e poi perché l’alto dirigente mondragonese di nascita ma formiano d’adozione era stato inquadrato con un livello funzionale, economico e contrattuale, inferiore, rispetto alla norma. Prima della lunga camera di consiglio a chiedere di rilasciare al Gup Di Croce dichiarazioni spontanee è stata la sola professoressa Villa, la stessa che aveva ricevuto l’accusa di aver nominato Taglialatela – candidato a sindaco alle amministrative del 2018 alla testa di una sola lista civica – come una forma di riconoscimento per il presunto appoggio elettorale beneficiato nel ballottaggio del 24 giugno di cinque anni fa.
L’ex sindaco di Formia, smentendo questa “pura fantasia”, ha spiegato anche davanti il sostituto procuratore Alfredo Mattei come la sua scelta non scaturì né da un accordo politico ma da un rapporto di amicizia e di stima personale avendo conosciuto il dottor Taglialatela alle amministrative del 2018 quanto entrambi erano in lizza come candidato a sindaco. L’ex sindaco Villa ha rivelato che avrebbe potuto nominare un più costoso city manager ma “eravamo agli inizi dell’emergenza pandemica ma i veri problemi erano altri, compreso quello di dar concretezza ad un piano di rientro rispetto ai debiti ereditati dalle passate amministrazioni”.
A smontare la tesi dell’avvocato Cardillo Cupo, poi, sono stati i colleghi Vincenzo Macari e Matteo Macari (per Villa), Luca Scipione (per Taglialatela) e Fabio Padovani (per Daniele Rossi). A loro dire la nomina dell’alto stimato dirigente, oltre ad essere stata assolutamente legittima e conforme alla normativa vigente, ha fatto conseguire un importante risparmio alle casse comunali.
In questa storia tutta formiana, condita da veleni, gelosie e invidie, un ruolo importantissimo l’ha svolto il segretario generale nominato subito dopo la vittoria elettorale dal neo sindaco Villa, l’avvocato Alessandro Izzi. I rapporti tra i due sono stati ottimi sino al 24 luglio 2020: la nomina del segretario Taglialatela fu indigesta all’avvocato Izzi che prese le distanze sia nella fase di elaborazione del decreto che andando lui al Gruppo di Formia della Guardia di Finanza contribuendo ad aprire un’inchiesta per danno erariale. E i risultati della magistratura contabile ci sono stati rispetto a quelli di martedì di quella penale di Cassino.
La sezione giurisdizionale per il Lazio – presidente Tommaso Miele, consiglieri Anna Bombino e Giuseppe Di Benedetto – con la sentenza numero 84 dell’8 febbraio scorso (la camera di consiglio c’era stata il 13 ottobre 2022) aveva condannato due dei tre indagati: se il dirigente Rossi aveva scelto una sorta di rito abbreviato optando per una sanzione di poco meno di 300 euro, Mario Taglialatela e Paola Villa erano stati condannati al pagamento rispettivamente di 4240, 158 euro e di 2120,079 euro, comprensivi di rivalutazione monetaria e interessi legali, che non risultò altro che l’importo totale delle indennità che percepì Taglialatela dal 24 luglio al 28 dicembre 2021 giorno in cui la consiliatura di Paola Villa drammaticamente terminò per lo scoglio mai superato della mancata approvazione della salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Questa vicenda processuale conferma una plateale considerazione: l’argomento è stato lo stesso ma due magistrature, contabili e penali, hanno deciso in maniera diversa. Se per il Gup del Tribunale di Cassino il fatto non sussiste, i giudici contabili nella 38 pagine della loro sentenza hanno parlato “di macroscopica negligenza; di volontarietà della condotta colpevole; di falso nelle dichiarazioni”. Insomma di tutto e di più.
E ora? Gli ex indagati non hanno ancora parlato e di sicuro lo faranno nelle prossime ore. I loro difensori, dopo aver ribadito di nuovo la bontà dell’operato dell’ex amministratore comunale sulla nomina di Taglialatela, vogliono conoscere entro i prossimi 20 giorni (quando è previsto il deposito) il contenuto delle motivazioni di assoluzione del Gup Di Croce per decidere il da farsi.
“Una richiesta di risarcimento a favore dei nostri assistiti? – hanno dichiarato gli avvocati Luca Scipione e Vincenzo Macari- E’ presto per dirlo ma molte cose in questa vicenda non quadrano”. C’è stato un tentativo, non riuscito, approfittando della nomina di Mario Taglialatela, di tentare di espellere dalla politica formiana (e dal consiglio comunale?) la scomoda professoressa Villa con un’eventuale condanna secondo quanto prevede la legge Severino? La situazione, alla fine, è sfuggita di mano a chi e a coloro che avrebbero dovuto gestirla?
In questo processo la cautela questa volta ha premiato la Giunta di centro destra Forza Italia-Fdi guidata dal sindaco Gianluca Taddeo. La volontà di costituzione di parte civile sarebbe stata notevole ma nella maggioranza le colombe hanno prevalso sui falchi con un altro quesito: l’avvocatura comunale, che ora non esiste più, non avrebbe mai avallato una scelta che, a posteriori, il Gup Di Croce avrebbe definito quantomeno inopportuna e insensata.
E così è stato.