MINTURNO – Il fatto non sussiste. Con questa formula il Gup del Tribunale di Cassino Domenico Di Croce, al termine dell’udienza preliminare di oggi, ha prosciolto i quattro indagati che rischiavano il processo con l’accusa di turbata libertà degli incanti relativamente all’esito della gara d’appalto per l’ampliamento della videosorveglianza nel territorio del Comune di Minturno. Si tratta del sindaco aurunco e presidente della Provincia di Latina Gerardo Stefanelli, dell’ex comandante della Polizia locale dello stesso Comune Mario Vento, dell’imprenditore Marcello Arnone e dell’ingegnere Laura Mancini che realizzò il progetto denominato “Smart tecnology for Minturno’s Security” oggetto di richiesta di finanziamento alla Regione Lazio.
L’inchiesta nacque quasi per caso: prese lo spunto da un’intercettazione telefonica della Direzione Distrettuale antimafia di Roma che stava indagando sull’omicidio dell’avvocato e blogger Mario Piccolino. Le indagini stabilirono che Piccolino era stato ucciso per una vendetta legata alla sua attività professionale ma le intercettazioni avviate non rimasero su un binario morto. Gli inquirenti della Procura antimafia chiesero ai colleghi della cura ordinaria di Cassino di proseguire gli accertamenti avviati in precedenza quasi per caso. I quattro, difesi dagli avvocati Renato Archiacono, Luca Scipione, Mattia Aprea, Roberto Palermo e Ilaria Pelle – secondo il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo che ha chiesto per loro il processo – avrebbero pilotato l’esito di una gara d’appalto che aveva ottenuto due coperture economiche: la prima di 50mila euro della Regione,la seconda di circa 44mila euro del comune di Minturno.
Secondo la Procura ci sarebbero state “collusioni e preventivi accordi” tra i quattro per incaricare l’“A.M. Tecnologia e Sicurezza srl” attraverso il frazionamento in due del valore dei contratti. Il primo venne deciso da Vento con la determina numero 72 del 9 maggio 2018 per un importo di quasi 22 mila euro, il secondo – deciso sempre dal responsabile di servizio Vento – adottato 16 giorni più tardi con la determina numero 144 per un importo di 39.894mila euro che sfiorò la soglia di legge (40mila euro) entro la quale gli incarichi possano essere affidati direttamente. Determinante per l’esito dell’udienza preliminare l’arringa proprio del legale dell’ex comandante Vento. L’avvocato Luca Scipione, dimostrando come i due appalti “fossero distinti e separati, ha dimostrato, munito di una perizia calligrafica, come il suo assistito non ha potuto mai firmare la determina numero 144 semplicemente perchè non prestava più servizio presso il comunale di Minturno.
Le indagini della Procura di Cassino si sono sviluppate attraverso un superplus di undici intercettazioni telefoniche ed ambientali registrate sino al 14 settembre 2017. In una – quella del 14 settembre – il sindaco di Minturno parlava al telefono con Marcello Arnone, ufficialmente in servizio presso il gruppo di Formia della Guardia di Finanza ma “amministratore di fatto della società affidataria dell’appalto della videosorveglianza “di cui deteneva il 40% delle quote societarie”. La conclusione cui era arrivata la Procura è stata la seguente con la conclusione delle indagini preliminari notificate – ironia della sorte – dagli stessi finanzieri formiani: con la loro condotta Stefanelli, Vento (coinvolto in questa vicenda nel ruolo di responsabile del servizio nelle determine di affidamento diretto dei lavori di ampliamento della videosorveglianza), l’ingegnere Laura Mancini e, appunto, Arnone, con lo spacchettamento dei due incarichi “riguardanti però lavori omogenei” avrebbero impedito che l’intervento fosse deciso attraverso una regolare gara pubblica.
L’opera aveva ricevuto due finanziamenti di oltre 99mila euro ma doveva essere – aveva scritto nella conclusione delle indagini preliminari il sostituto procuratore Chiara D’Orefice – “programmabile in maniera unitaria sin dall’inizio”. Il comune di Minturno e la Regione in effetti hanno risparmiato alla di-stanza 40mila euro – le due determine di Vento avevano avuto un importo di quasi 62mila euro – ma per la Procura di Cassino sarebbe stata necessaria l’applicazione dei quanto prevede l’articolo 36 del decreto legislativo numero 50/2006 (Il Codice degli Appalti) in base al quale per affidamenti ed esecuzioni lavori di importi pari o superiori a 40mila ed inferiori a 150mila “l’affidamento deve avvenire tramite procedura negoziata e deve essere preceduto dalla previa valutazione di tre preventivi ove esistenti e quindi deve essere subordinato all’esplicazione di una procedura di gara anche se informale o atipica”. Quanto prevede la norma e scrisse il sostituto procuratore D’Orefice al comune di Minturno sino al 25 settembre 2018 non sarebbe avvenuto. E invece dopo una camera di consiglio il Gup Di Croce ha detto di no al rinvio a giudizio degli ormai ex indagati legittimando, di fatto, il loro operato.
Il primo ad esprimere la soddisfazione per il proscioglimento è stato il sindaco di Minturno e presidente della Provincia Gerardo Stefanelli: “E’ stato un momento di gioia che mi da ulteriore serenità per affrontare una settimana impegnativa. Un ringraziamento al mio avvocato Renato Archidiacono per l’impegno professionale e la vicinanza umana di questi mesi”.