Operavano tra casertano e basso Lazio, dove a partire dal 2021 hanno messo a segno e tentato una cinquantina di truffe. Oggi, i carabinieri della Compagnia di Caserta, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di dieci persone. Per due di loro si sono aperte le porte del carcere, mentre otto sono ai domiciliari.
Si tratta di soggetti tutti residenti a Napoli. Le accuse per loro sono quelle di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe in danno di anziani. Le indagini, che sono durate circa due anni, hanno permesso di acquisire informazioni, anche grazie al raccordo con i vari comandi coinvolti, ma soprattutto di scongiurare che alcune truffe fossero portate a termine, come avvenuto in provincia di Frosinone, dove vennero messi a segno quattro arresti.
I fatti in Ciociaria avvennero nel 2021: un episodio a giugno, l’altro ad agosto. Nel primo caso, ad essere raggirata, una donna allora 83enne, a cui due persone si fecero consegnare monili in oro. I due vennero arrestati ed i gioielli restituiti alla signora. Ben più ingente fu il bottino raccolto circa due mesi dopo a San Giovanni Incarico. In quell’occasione una donna di 68 anni consegnò, dopo essere stata raggirata da due persone, buoni postali per un valore totale di 25 mila euro. Anche in quel caso i due vennero arrestati ed il maltolto restituito alla vittima. E queste sono state le occasioni in cui i malviventi vennero fermati, molte altre quelle in cui le truffe sono andate a segno, anche in provincia di Frosinone.
La banda, secondo i carabinieri, aveva un modus operandi consolidato: alcuni si occupavano di individuare le zone, selezionare le vittime e mettere a disposizione il necessario per commettere le truffe. Altri le eseguivano: chi le telefonate presentandosi come finti parenti in difficoltà; chi entrava in azione per prelevare soldi e gioielli per risolvere la difficoltà. I proventi, centomila euro circa per i carabinieri, venivano consegnati ai presunti capi dell’organizzazione, appartenenti – secondo l’accusa – ad un unico nucleo familiare.