Cronaca

Formia / Scoperto il bunker di Antonio Bardellino che riscriverebbe la storia

FORMIA – Prima di scomparire in Brasile – dove sarebbe stato ucciso nel 1988 per mano di Mario Iovine, poi freddato tre anni più tardi a Cascais in Portogallo – il fondatore dei Casalesi Antonio Bardellino si è rifugiato in un bunker realizzato nel piano interrato di un’anonima e mal tenuta villetta, in via dei Pini 7, all’interno del parco “Villaggio del Sole”, in località Acquatraversa a Formia.

E’ quanto ipotizzano gli agenti della Squadra Mobile di Latina e del commissariato di Formia, i Carabinieri del nucleo investigativo del Comando Provinciale di Latina e della Compagnia di Formia e gli investigatori della Direzione Investigativa antimafia dopo il ritrovamento di un piccolo vano sotterraneo che, alto 170 centimetri, sarebbe stato in luogo in cui si è nascosto uno dei capi e fondatori storici del clan dei Casalesi. La scoperta è stata fatta mercoledì scorso nell’ambito delle 15 perquisizioni domiciliari che, coordinate dalla Direzione Distrettuale antimafia di Roma e dalla Procura ordinaria di Cassino, erano finalizzate ad individuare elementi nuovi nell’ambito delle rilanciate indagini per il ferimento, avvenuto il 15 febbraio 2022, del nipote di Antonio Bardellino, Gustavo all’interno dell’autosalone “Autobuonerba”, sull’Appia a Gianola.

Gli inquirenti sono arrivati quasi per caso a questo rifugio bunker occultato sotto un normale pavimento. Vi si accedeva mediante una botola situata su binari scorrevoli ed una scaletta. Al suo interno hanno trovato una panca e una lampadina in uno spazio decisamente molto angusto, poco più di un metro quadrato. Gli accertamenti si sono arricchiti con il prelevamento di tracce biologiche per equipararle a quelle dei familiari di Antonio Bardellino, gli stessi che nel 2018 chiesero la dichiarazione della sua presunta morte in seguito all’omicidio avvenuto 30 anni prima in Brasile, dov’era latitante.

Un fatto è certo: da quell’evento la geografia criminale dei Casalesi è cambiata con l’avvento ai suoi vertici di Francesco “Sandokan” Schiavone e Michele Zagaria poi. Ma come si è arrivati alla villetta di via dei Pini 7? Sulle perquisizioni domiciliari compiute tra Scauri, Formia e Gaeta gli inquirenti mantengono un fortissimo riserbo. Gli investigatori sapevano che questa villetta nei primi anni ottanta era stata nella disponibilità di un personaggio, Aldo Ferrucci, che rievoca una delle più inquietanti ed oscure pagine della storia di Formia di sempre, tra scandali, collusioni con la politica e l’attentato all’ex discoteca Seven Up di cui il manager di Sessa Aurunca era sulla carta il proprietario.

La villetta ora è di proprietà di un uomo, che vi abita con la moglie, ma in precedenza era nella disponibilità del fratello, scomparso in un incidente stradale, e ancor prima di Aldo Ferrucci. Perché è interessante questo ritrovamento? Polizia, Carabinieri e Dia non trascurano un’altra ipotesi: e se Antonio Bardellino non fosse mai morto nel 1988 su una spiaggia vicino a Belo Horizonte e fosse tornato a Formia almeno sino al 2018, cioè quando la famiglia ha chiesto la dichiarazione la morte presunta.

Gli inquirenti hanno lavorato su un foto sequestrata ad un altro nipote di Antonio Bardellino in occasione di un suo arresto operato dalla Squadra Mobile il 24 novembre 2011: ritraeva un uomo a mezzo busto. Fu paragonata alla quella segnaletica del boss e l’esito avrebbe certificato una “compatibilità totale” tra le due immagini, quella che ritrae l’ignoto e quella ufficiale di Antonio Bardellino. Quest’ultimo, quindi, se vivo nel 2011, non sarebbe stato quindi assassinato nel 1988 come certificato dalla sentenza Spartacus nel 2005.

A parlare di Antonio sarebbe stato il 4 agosto 2015 il 70enne Giuseppe Favoccia, che raccontò agli agenti della Digos di aver incontrato Antonio Bardellino “presso lo scalo aeroportuale di New York”, dove aveva accompagnato la figlia di Ernesto Bardellino. Poi, nel 2017, Favoccia, sempre agli agenti della Mobile, avrebbe raccontato che Bardellino senior si era spostato tra il Paraguay e l’Uruguay, per interessi nel settore ittico. Un racconto credibile visto che Favoccia aveva fatto un viaggio nella Grande Mela proprio nel 2010.

Share