SUD PONTINO – La determina è stata presentata l’11 agosto per essere approvata cinque giorni più tardi con numero “G11211” dal responsabile della direzione regionale ambiente, il dottor Vito Consoli. Ora sarà allegata al Tar del Lazio-sezione di Latina in vista della discussione, il prossimo 13 settembre, del ricorso presentato dal Centro servizi ambientali di Castelforte nel ricorso promosso contro la “Futuro Rifiuti zero” che nei mesi scorsi ha deciso di trasferire i rifiuti indifferenziati prodotti dai comuni di Formia Ventotene dal Csa di Castelforte alla Saf di Colfelice.
Il neo amministratore unico della Frz, Raffaele Rizzo, aveva motivato questa “unilaterale” decisione osservando come l’impianto della famiglia Ambroselli Giuliano avesse la sola caratteristica di “Trattamento meccanico”. La determina dirigenziale numero “G11211” del dottor Consoli è andato oltre osservando probabilmente come il nuovo provvedimento industriale dell’amministratore Rizzo dovesse essere accompagnato, forse, da una maggiore cautela. Ora la Regione ha promosso l’impianto del Csa di via Viaro di Castelforte a “Tmb“, trattamento meccanico biologico, la stessa caratteristica di cui fa affidamento la Saf e la stessa attività imprenditoriale di Suio inseguiva, sul piano amministrativo, da anni.
Ora la Regione Lazio ha elevato anche il sito del Castelforte modificando “in meglio” l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale che, rilasciata nel luglio 2016, doveva essere perfezionata alla luce di sopraggiunte disposizioni normative. L’impianto del Csa di Castelforte ha potuto ottenere questo riconoscimento – si legge nella determina dirigenzione della direzione ambiente della Regione Lazio in “considerazione della sua importanza per la gestione e trattamento dei rifiuti differenziati come previsto nel vigente piano regionale dei rifiuti”.
Nello specifico – e c’è l’autorizzazione della regione Lazio – il Csa di Castelforte può accogliere i rifiuti indifferenziati dei comuni (Codice EER 200301) che i nuovi vertici della “Frz” hanno deciso di inviare altrove violando – secondo i legali del Csa- il principio normativo di prossimità per evitare la “transumanza della munnezza”.