MINTURNO – Nessuno “spacchettamento” dello stesso appalto in quanto i servizi previsti svolgevano funzioni diverse, benché mediante lo stesso strumento, quello delle telecamere: il primo era un sistema di controllo delle targhe di autovetture circolanti sul territorio comunale utile a verificare se le stesse fossero in regola sotto il profilo assicurativo e della revisione periodica, il secondo era un normale di sistema di videosorveglianza comunale.
A scriverlo è il Gip del Tribunale di Cassino Domenico Di Croce nelle motivazioni della sentenza con cui al termine dell’udienza preliminare celebrata lo scorso 18 luglio lo stesso magistrato, a margine di un procedimento che ora definisce controverso, aveva disposto il non luogo a procedere per il sindaco di Minturno e presidente della provincia di Latina Gerardo Stefanelli. Il primo cittadino era indagato per turbata libertà degli incanti insieme all’ex comandante della Polizia locale dello stesso Comune Mario Vento, all’imprenditore Marcello Arnone e dell’ingegnere Laura Mancini che realizzò il progetto che, denominato “Smart tecnology for Minturno’s Security”, era stato finanziato dalla Regione Lazio. L’inchiesta nacque quasi per caso: prese lo spunto da un’intercettazione telefonica della Direzione Investigativa antimafia che, registrata il 14 settembre 2017, chiese alla Procura ordinaria di Cassino di proseguire gli accertamenti.
Nelle motivazioni depositate in tempi da record il Gip Di Croce ammonisce platealmente l’operato della Procura di Cassino secondo la quale, invece, ci sarebbero state “collusioni e preventivi accordi” tra i quattro per incaricare l’“A.M. Tecnologia e Sicurezza srl” attraverso il frazionamento in due del valore dei contratti. Il giudice ha accolto in toto le richieste delle difese rappresentate dagli avvocati Renato Archidiacono per il sindaco Stefanelli, Roberto Palermo e Ilaria Pelle per Mario Vento, Luca Scipione per Laura Mancini e Mattia Aprea per Marcello Arnone, che hanno spiegato come «i servizi assegnati con tali atti alla “A.M. Tecnologia e Sicurezza Srls” avevano scopi e modalità di funzionamento tra loro differenti, sebbene entrambi espletati ricorrendo all’ausilio di telecamere, e non avrebbero pertanto potuto costituire oggetto di un unico appalto».
Infatti, con la prima determina, predisposta in data 9 maggio 2018 ed avente ad oggetto “Ampliamento videosorveglianza con sistema “Targa System”, veniva approvato a fronte di un impegno di spesa di 21.060 euro il preventivo riguardante l’upgrade del controllo di targhe con il sistema Targa System; la seconda determina, emessa il successivo 25 settembre, non è stata sottoscritta da Mario Vento, in quanto ha prestato servizio presso il Comune di Minturno fino al 15 settembre. «Non si comprende dunque come possa rimproverarsi al medesimo Vento un’indebita suddivisione di appalti operata ricorrendo all’adozione di due determine una delle quali a lui certamente non riconducibile», scrive il giudice.
Nel documento, il preventivo, per un ammontare di 99.894 euro, riguardava l’ampliamento dell’impianto di videosorveglianza comunale con upgrade della rete di trasporto dei dati e dello storage. Come spiegato da Arnone «i due servizi hanno funzioni diverse, sebbene vengano svolti mediante telecamere: il primo è infatti un sistema di controllo delle targhe delle autovetture circolanti sul territorio comunale utile a verificare se le stesse siano in regola sotto il profilo assicurativo e della revisione periodica; il secondo è viceversa un ordinario sistema di videosorveglianza comunale».
Nelle sue motivazioni, il Gip Di Croce – che definisce “controverso” l’impianto accusatorio – offre una diversa interpretazione sulla consistenza del reato di turbata libertà degli incanti alla luce di alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione. E lo ribadisce escludendo come le due determine abbiano comportato l’illegittimo frazionamento di un unico appalto o, comunque, di un appalto relativo a servizi e forniture tra loro analoghi. Per questo motivo ha disposto il non luogo a procedere.