VENTOTENE – “Il Comune deve intervenire con la costituzione di parte civile? E perché dovrebbe farlo. Mi sembra che la questione riguardi un contenzioso tra privati e poi, mi scusi, noi non abbiamo ricevuto nulla. Di Questa citazione diretta in giudizio l’abbiamo appresa dai voi giornalisti”.
Il sindaco di Ventotene Carmine Caputo, più volte segretario generali di diversi ed importanti comuni della provincia, ha sempre avuto l’orticaria con i cronisti che gli chiedevano il conto sulle sue vicissitudini giudiziarie e su quelle dei comuni di cui è stato il massimo dirigente. L’alto funzionario originario di Carinola ha esternato lo stesso analogo comportamento in cui gli è stato chiesto di commentare il decreto di citazione diretta in giudizio che, firmato dal capo della Procura di Cassino Luciano D’Emmanuele, è stato notificato agli ormai quattro neo imputati per la vicenda relativa alla compravendita e al frazionamento di una grotta tufacea poi trasformata in un villino a due piani con tanto di terrazza in una zona vincolata qual è la località Calanone, non molto lontano dalla più nota spiaggia di Calanave.
Per il sindaco Caputo “non ci sono i presupposti” perché il comune di Ventotene si costituisca parte civile il prossimo 22 maggio quando davanti il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Martina Di Fonzo inizierà il processo nei confronti dell’ex generale della Guardia di Finanza di Sora Giovanni Maria Macioce, il 76 anni neo commissariato di governo per la riqualificazione e recupero dell’ex carcere borbonico sull’isolotto di Santo Stefano a Ventotene – dell’ex vicesindaco dell’isola Modesto Sportiello, di 57 anni, e dei suoi due figli, Luigi ed Ercolino, di 31 e 28 anni. Il primo cittadino ed ex segretario generale Caputo ha motivato la decisione di non partecipare al processo già calendarizzato sulla scorta delle ipotesi di reato che, avanzate dalla procura, hanno – a suo dire – “un’attinenza privatistica”: false dichiarazioni in un atto pubblico e violazione dell’articolo 76 del Dpr 455/2000.
I fatti, contestati in un esposto inviato negli uffici della Procura da una cittadina di 69 anni di Ventotene, si sarebbero verificati il 9 novembre 2021 davanti al notaio (che è parte lesa) Matteo Baldassarra di Sora. Secondo le indagini compiute dallo stesso gruppo di Formia della Guardia di Finanza l’ex vice sindaco Sportiello avrebbe dichiarato che il bene, di 85 metri quadrati, che stava alienando era adibito ad uso “deposito”. E invece secondo il capo della Procura D’Emmanuele tutti e quattro gli indagati erano “già consapevoli che si trattava di tre distinti immobili aditi ad uso abitativo”, cedute attraverso altrettanto scritture private sottoscritte tra il 12 agosto 2010 ed il 26 giugno 2017 per complessivi 76mila euro. Il comune di Ventotene in questa vicenda c’entra eccome perché secondo gli inquirenti i tre acquirenti trasformarono poi questa grotta in un’unità immobiliare che, realizzata su un‘area a rischio “A” (gestita dalla Riserva marina di Ventotene e di Santo Stefano di cui il generale è stato il delegato del neo sindaco Carmine Caputo sino alle dimissioni di qualche giorno antecedenti la nomina a commissario di governo per la gestione dell’appalto per il carcere borbonico), è sottoposta a severi vincolo paesaggistici e idrogeologici.
In effetti la Procura nell’ originario avviso delle conclusioni indagini aveva contestato da una parte anche il reato abuso edilizio per poi avanzare la richiesta archiviazione per avvenuta prescrizione. Insomma l’ abuso c’è ma è prescritto. Una cittadina confinante le proprietà della famiglia Sportiello non si è mai persa d’animo. A seguito della richiesta di archiviazione da parte degli uffici della Procura di piazza Labriola a Cassino, tramite il suo legale, ha chiesto al comune di Ventotene di emettere un’ordinanza di demolizione. L’istanza non è stata mai accolta e concretizzata, da qui la decisione, decorso il termine di 30 giorni, di interessare ed informare la Regione Lazio e, più precisamente, l’ Area di vigilanza urbanistico – edilizia, alla quale è stato inviato l’intero carteggio tecnico amministrativo comprendente anche una perizia geologica del 2017 – fatta su commissione dell’ex vice sindaco Sportiello corredata di “foto esaustive dove sono riprodotte le abitazioni” – e la dichiarazione dell’allora responsabile dell’ufficio tecnico comunale che confermava la realizzazione di una serie di abusivi che la Procura ha ammesso l’esistenza pur applicando la prescrizione.
Il Comune di Ventotene in questa triste vicenda c’entra perché nel frattempo è diventato il destinatario di una richiesta per avere ufficialmente entro 30 giorni i documenti riguardanti la grotta oggetto di un atto di compravendita effettuata quasi due anni fa – il 9 novembre 2021 – presso uno studio notarile di Sora che in questa storia – va ripetuto – è parte lesa come la confinante (si tratta di un’apprezzata funzionaria del Ministero di Giustizia) firmataria della denuncia alla Procura tramite la Guardia di Finanza del gruppo di Formia.
Contrariamente alle rassicuranti affermazioni del sindaco originario di Carinola, il comune di Ventotene nella querelle della grotta, diventata un villino, c’entra perché se la Regione lo obbligasse (o essa stessa) sarebbe costretto ad avviare la procedura di ripristino dello status quo ante delle grotte ed interdirne la dimora in quanto mancante del certificato di abitabilità e di conformità a urbanistica. In questo modo il consigliere comunale e delegato Luigi Sportiello diventerebbe incompatibile e quindi la sua permanenza in aula, nonostante una valanga di voti di papà Modesto sarebbe messa fortemente in discussione.
Il comune di Ventotene c’entra in questa storia anche per un’altra ragione che riguarda il commissario straordinario di governo per il recupero del carcere borbonico di Santo Stefano, il generale Giovanni Macioce. Ex delegato del comune per questo faraonico progetto – la nomina gli era stata fatta dall’ex vice sindaco Modesto Sportiello per poi essere confermata nell’estate 2022 dal neo sindaco Caputo – l’alto ufficiale del comune di Sora non si è mai insediato alla guida del commissariato di governo. Ad indicarlo il 9 febbraio scorso al Consiglio dei Ministri in qualità di neo commissario straordinario (al posto dell’ex deputata e parlamentare europea del Pd Silvia Costa) era stato il neo Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Ma il giorno dopo questo portale diffuse la notizia della conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura e la nomina di Macioce finì per essere ibernata nel senso che, in attesa del via libera da parte della Corte dei Conti, il presidente della repubblica Sergio Mattarella si guardò bene dal controfirmare quel decreto che, dunque, non è stato più pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. E gli effetti, negativi, non tardarono ad affiorare nel senso che la sospensione della nomina di Macioce ha finito per bloccare la già delicata attività istituzionale ma anche operativa del commissariato di governo chiamato ad investire ben 70 milioni euro – stanziati dal Cipe su volere dell’ex premier Matteo Renzi – per il recupero del carcere in cui sono stati reclusi alcuni “padri” dell’Italia Repubblicana mentre uno degli autori del “Manifesto di Ventotene”, Altiero Spinelli, era confinato nella dirimpettaia Ventotene.
L’ex generale Macioce ci teneva tanto a contribuire al rilancio, sul piano turistico, accademico e culturale, del “Panopticon” sull’isolotto di Santo Stefano ma i suoi guai giudiziari hanno bloccato da mesi la cabina di regia che avrebbe dovuto presiedere. Il sindaco in carica di Ventotene ignora forse quanto Macioce, subito la conclusione delle indagini preliminari lo scorso febbraio, disse ai cronisti: “La mia nomina si base sulla fiducia che la presidenza del Consiglio dei Ministri ha riposto in me. Qualora la situazione in corso dovesse costituire il più piccolo imbarazzo – ammise Macioce che correttamente si definì commissario designato – per l’istituzione che mi ha nominato non esiterei un istante a rassegnare le mie dimissioni”. Per il sindaco Caputo queste sono situazioni “private”.