FORMIA – Il 12 settembre dovrebbe essere una data scolpita nella memoria collettiva di una comunità, quella formiana, che purtroppo ha il difetto, genetico e sociale, di accentuare l’oblio della memoria. Il 12 settembre 1979 il nome di Formia e del suo centro di preparazione olimpica fu proiettato a livello planetario per il record del mondo dei 200 metri che stabilì alle Olimpiadi di Città del Messico un atleta, Pietro Paolo Mennea che dieci anni prima era arrivato in riva al Tirreno per lanciare una scommessa, poi vinta: anche il mezzogiorno d’Italia può essere vincente nello sport e non solo.
Sino a qualche tempo fa ogni anno , il 12 settembre, l’amministrazione comunale ricordava quell’evento sportivo organizzando il “Mennea Day” . Qualche giorno l’ha fatto il comune di Cassino sulla pista dello stadio “Salveti” laddove Pietro aveva stabilito un poco reclamizzato record del mondiale sulla distanza ibrida dei 150….metri. C’è sempre tempo per recuperare il tempo perduto ed il comune di Formia il suo “Mennea day 2023” lo organizzerà domenica 15 ottobre.
Anche la politica cittadina ha un 12 settembre da ricordare e soprattutto il centro sinistra l’ha accantonato, l’ha messo ai margini quasi con un senso di colpa, di vergogna. E invece quello che è avvenuto esattamente a Formia 30 anni fa, il 12 settembre 1993, è una data storica non tanto per la distratta politica cittadina quanto per quella nazionale. Sugli effetti del referendum indetto da Mariotto Segni, il Parlamento ormai terremotato da “Tangentopoli” riuscì ad approvare la legge numero 81 che, a distanza di tre decenni, nessuno vuole mandare in soffitta perchè semplicemente perfetta. Per la prima volta i cittadini eleggevano i propri sindaci.
Il comune di Formia 30 anni era un presidio permanente di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza per volere di un magistrato, il sostituto Pietro Allotta, che è passato a miglior vita. Nel palazzo assediato dalle inchieste giudiziarie c’era anche un commissario Prefettizio mentre all’esterno impazzava la campagna elettorale che tra il 21 novembre ed il 5 dicembre avrebbe permesso al comune di Formia di essere equiparato, insieme a quello di Latina, sulla stessa importanza di quelli più importanti di Roma, Napoli, Trieste e Palermo che per la prima volta eleggevano direttamente i neo sindaci nelle persone di Francesco Rutelli, Antonio Bassolino, Riccardo Illy e Leoluca Orlando. Ma il centro sinistra di Formia il 12 settembre 1993 anticipò, anche sul piano cronologico e politico, quello che il fronte progressista di questi futuri comuni metropolitani non era stato assolutamente capace di realizzare: scegliere il proprio candidato a sindaco attraverso le elezioni primarie.
Il panorama politico italiano sapeva cosa fossero le elezioni primarie ma il riferimento era soltanto alla scelta del candidato presidente da parte dei repubblicani e dei democratici americani. E invece quel rivoluzionario ed effervescente centro sinistra formiano – un perfetto mix della tradizione post comunista, riformista, ambientalista e cattolica- diventò un ideale laboratorio preso come punto di riferimento dal Partito Democratico della Sinistra , poi sconfitto, nella primavera successiva, in occasione delle elezioni politiche, da Silvio Berlusconi.
Il centro sinistra formiano era vincente e lo dimostrò, prima del voto ufficiale del 21 novembre e 5 dicembre, alle primarie del 12 settembre 1993 con l’affermazione del futuro sindaco Sandro Bartolomeo ai danni del collega di partito Francesco Carta e del candidato di Rifondazione comunista, il compianto Aldo Di Cuffa. Trent’anni fa Gianluca Giattino si era appena laureato in giurisprudenza e, insieme al compianto Lello Cicione e a Beniamino Gallinaro, rappresentava l’anima ambientalista della futura coalizione Bartolomeo prima di diventare un apprezzato dirigente della Margherita sul fronte cittadino, provinciale e regionale.
E’ stato ora l’avvocato Giattino – l’unico in assoluto – a ricordare cosa avvenne a Formia il 12 settembre di 30 anni fa: “Forse l’anniversario meritava almeno qualche menzione, visto che fu uno dei primissimi esperimenti di primarie, all’interno di un quadro politico omogeneo. Da quella primaria, nacque la lunga esperienza amministrativa del centrosinistra a Formia. A trent’anni di distanza, quindi con la giusta distanza storica, forse è il caso iniziare a fare qualche riflessione. Sono anni di luci ed ombre, entusiasmi e delusioni, insomma sono stati anni vissuti: pero’ a distanza di trent’anni, appunto, cosa è rimasto nella citta’ di quell’esperienza? Quello che mi interessa evidenziare in queste riflessioni, tralasciando il dato amministrativo, è il mero dato politico – ci ha dichiarato – Possiamo sicuramente dire che non siamo stati in grado di imporre un modello politico di riferimento. La vulgata facile ed autoassolutoria di “Formia citta’ di destra”, non convince! Formia nel 1993 ci affido’ entusiasticamente il suo futuro, noi avremmo dovuto in quella fase, dimostrare , vorrei dire, imporre un’altra visione politica della città. Forse partimmo anche bene (difatti le successive elezioni politiche ed amministrative del 1997, consegnarono un discreto apprezzamento numerico dello schieramento progressista), poi ci perdemmo!”.
L’avvocato Giattino a questo punto non sembra essere tenero nei confronti di Sandro Bartolomeo che ha avuto l’onere e l’onore di guardare la città per altri due mandati, nel 2003 e nel 2013: “ Ci perdemmo, credo, inseguendo una meschina contingenza numerica, fatta di accordicchi tendenti a mantenere maggioranze consiliari e liste di appoggio, politicamente e, spesso, socialmente, irriconoscibili rispetto i nostri valori. Si decise in buona sostanza di vincere le elezioni, non di governare Formia, imponendo un modello politico di progresso. Si giocò sugli equilibri intorno alle persone e si perse di vista un progetto politico collettivo”.
In parte una cosa analoga è stata fatta anche a livello nazionale, dove il Pd ha governato per 15 anni, senza riuscire a connotare politicamente la sua presenza al governo. “Anche qui, negli ultimi anni l’unica esperienza di governo visibilmente riformista e progressista è stata quella di Romano Prodi – ha aggiunto Giattino – Per il resto è prevalsa la “realpolitik”, che oggi ci relega ad un 20% senza identità, tallonati dal populismo post-ideologico dei 5 stelle”.
Giattino alle ultimi elezioni amministrative del 2021 ha deciso di far parte della coalizione del Pd che, candidando a sindaco Luca Magliozzi, ha sventolato la carta ‘identità in faccia a Sandro Bartolomeo dimenticando cosa ha rappresentato per il centro sinistra dal 1993 in poi. Questo omicidio politico è stato consumato sulla falsa ed errata considerazione generazionale e a due anni il Pd cittadino dalla vittoria della coalizione Forza Italia-Fratelli d’Italia quest’estate non è riuscito ad organizzare neppure la festa dell’Unità – come da tradizione – nella villa comunale. La candidatura di Magliozzi avrebbe dovuto servire per riaprire i cancelli e recuperare l’elettorato Dem che alle amministrative del 2018 fece le fortune della civica e futura grillina Paola Villa.
Giattino è il primo ad ammette come “la sfida delle nuove generazioni del partito (locale e nazionale), sia quella di ritrovare una identità politica, da poter presentare all’elettorato e da dover poi traslare in azioni e metodologie conformi. Su questo ci vuole coraggio e coerenza, forse, purtroppo, non c’è in giro un altro Romano Prodi, ma può crearsi un progetto collettivo, ispirato dai valori della nostra Costituzione (oggi messi in discussione dall’attuale governo), un progetto che ricordi quello dell’Ulivo: un Ulivo 2.0″.
Il Pd formiano, nonostante l’apporto dei sin troppi reclamizzati giovani, è alle prese con un’offerta politica discontinua e poco incidente nei confronti della maggioranza di centro destra. Gianluca Giattino è convinto della necessità di affidarsi “a questi ragazzi, che attualmente guidano il partito a Formia. Sono convinto possano riuscire dove noi abbiam fallito. Vincere è ancora possibile, cambiare è davvero necessario!”.
Come e con chi? La risposta, forse, tra 30 anni…