CISTERNA – Ha provocato le immancabili polemiche la decisione assunta nella serata di venerdì dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione di far svolgere un processo d’appello per l’omicidio di Desiree Mariottini, la giovane di 16 anni originaria di Cisterna deceduta esattamente il 19 ottobre del 2018, a causa di un mix di droghe, dopo essere stata abusata in un immobile abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo a Roma.
La famiglia della vittima, pur esprimendo dispiacere per quanto deciso dalla Suprema Corte, ha fatto sapere di voler leggere le motivazioni che hanno portato i giudici ad annullare in parte le condanne (due delle quali all’ergastolo) emesse al termine del processo di secondo grado celebrato nel novembre 2022 per i quattro imputati e, più precisamente, per Gara Mamadou, Yousef Salia, Brian Minthe e Alinno Chima, tutti accusati, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio
Più duro – e c’era da attenderselo – il commento reso dalla madre di Desiree, Barbara Mariottini, all’indomani della sentenza della Suprema Corte: “Mi vergogno di essere italiana ,chiedo giustizia non solo per me che sono con dannata al dolore ma soprat tutto per mia figlia”. Le ha fatto eco il legale di parte civile Claudia Sorrenti: “Si tratta un dispositivo complesso, andranno lette le motivazioni relativamente ai giudizi di rinvio. Quello che ha sconvolto la famiglia di Desiree è stata la non conferma dell’accusa di violenza sessuale per uno degli imputati anche se resta la condanna all’ergastolo. E’ una sentenza che farà discutere anche se l’accusa di omicidio ha retto per tre dei quattro imputati.
Oltre ad importanti dichiarazioni testimoniali agli atti del processo c’è l’esito dell’autopsia secondo il quale Desiree è entrata in un bar del quartiere romano di San Lorenzo barcollando, la ragazza è stata deflorata, riportando emorragie interne e segni di violenza al corpo. E’ stata rivestita, portata in quattro in un’altra stanza, è rimasta sempre incosciente, con la faccia blu, trovando la morte a causa di problemi respiratori e dopo un’agonia durata diverse ore”.
Prima del pronunciamento della Cassazione c’era stata la dura requisitoria del sostituto procuratore generale Simone Perelli. Aveva chiesto la conferma dell’esito del primo processo di secondo grado quando erano state confermate le condanne di primo grado a due ergastoli per Mamadou Gara e Yousef Salia e a 27 e 24 anni e mezzo per Brian Minthe e Alinno Chima, con accuse, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio.