Non avrà la durata del dibattimento conclusosi il 15 luglio 2022 davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino con cinque assoluzione ma neanche si esaurirà in alcune udienze. Ha preso il via con questo elemento caratterizzante il processo di secondo grado per la scomparsa e l’omicidio, avvenuti il 1 giugno 2001, di Serena Mollicone, la studentessa 18enne di Arce che – secondo la ricostruzione accusatoria della Procura di Cassino – sarebbe stata aggredita ed uccisa all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce per poi essere ritrovata due giorni più tardi nel boschetto di Fonte Cupa.
Cinque sono gli imputati contro la cui assoluzione hanno prodotto l’appello la Procura di Cassino e le sette parti civili: Franco, Annamaria e Marco Mottola e i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, l’unico, quest’ultimo, presente giovedì in aula. Nelle motivazioni della sentenza d’assoluzione di primo grado la Corte d’Assise di Tribunale aveva chiesto di allargare il perimetro delle indagini e questo monito è stato raccolto dal Procuratore generale Andrea Piantoni che, rappresentando la pubblica accusa insieme al magistrato che ha promosso nuovi indagini nel 2016, il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, ha chiesto la riapertura della fase dibattimentale consegnando alla prima sezione penale della Corte d’assise d’appello di Roma un elenco di 44 tra testimoni e consulenti da sentire.
Alcuni sono nuovi, molti altri sono noti come il luogotenente Gabriele Tersigni. Comandava la stazione dei carabinieri di Fontana Liri quando nella primavera 2008 raccolse le confidenze di Santino Tuzi, il brigadiere di Sora che, in servizio la mattina del 1 giugno 2001 nella caserma di Arce, gli avrebbe riferito di aver visto Serena Mollicone entrare nello stabile dove appunto sarebbe stata uccisa da lì a poco. Santino Tuzi il 9 aprile di 15 anni fa, prima di confermare questa circostanza nel terzo interrogatorio in programma davanti i giudici della Procura di Cassino, si tolse la vita con la pistola d’ordinanza. Nel giallo di Arce ha sempre rappresentato un ruolo fondamentale la porta del bagno dell’alloggio sfitto della Caserma contro la quale Serena stata sbattuta trovando poi la morte.
Il procuratore Piantoni ha chiesto di avvalersi della nuove tecnologie, disponendo una perizia di ingegneria robotica, per verificare la compatibilità del pugno del Comandante Franco Mottola con l’impronta isolata sulla porta contro la quale sarebbe stata sbattuta Serena. “Sono inammissibili e inaccettabili le richieste di rinnovazione dell’istruttoria dopo le 52 udienza che hanno costellato il processo di primo grado”. Lo hanno detto nei loro interventi i tre legali della famiglia Mottola, gli avvocati Mauro Marsella, Piergiorgio Di Giuseppe e Franco Germani.
“Anche il processo d’appello continua ad avere un carattere indiziario – hanno sostenuto – L’unica certezza probatoria sono le impronte lasciate dall’assassino lungo il nastro adesivo con cui furono immobilizzati i piedi e le mani di Serena, quelle impronte – hanno sottolineato – non appartengono a nessuno dei cinque imputati”.
Nelle fasi iniziali è intervenuto l’avvocato Dario De Santis che, insieme a Sandro Salera e Tony Iafrate, assiste lo zio di Serena Mollicone, Antonio. Durissimo il suo commento contro i tre principali imputati: “I Mottola? Per me non esistono, non li voglio vedere. a 22 anni noi cerchiamo i responsabili di questo misfatto, l‘omicidio di una bambina inerme, aspettiamo la verità. Un mio amico diceva: la verità si può dire, paradossalmente perché la verità non solo qualcuno non la dice sembra quasi non si possa dire. Io invito invece chi vuole dire la verità a dirla, fino in fondo – ha continuato – Oggi è un giorno particolare perché il 26 ottobre di tanti anni fa scomparve la madre di Serena”.
“Sono in parte fiduciosa e spero che si cominci a sentire questa giustizia” hanno dichiarato la sorelle di Serena, Armida e Consuelo, prima di entrare in aula per rinnovare la loro costituzione di parte civile attraverso gli avvocati Salera e Iafrate. Era affiancata da Maria Tuzi, la figlia del brigadiere suicida Santino che, assistita dall’avvocato Elisa Castellucci, si è costituita anche lei parte civile insieme al fratello Fabio: ”Non nascondo che c’è un po’ di ansia che cresce sempre di più, siamo ottimisti e siamo sicuri che questa volta andrà tutto per il meglio” – ha concluso.
L’elenco delle costituzioni di parte civili è stato completato dal comune di Arce e dall’Arma dei Carabinieri. Il processo d’appello è stato aggiornato all’udienza del 20 novembre quando saranno ascoltati tutti i testimoni e i consulenti citati dalla Procura generale unitamente a quelli di fiducia della difesa dei cinque imputati. L’avvocato Marsella ha contestato l’accoglimento dell’istanza del Pg perché l’apertura di una fase dibattimentale sarebbe dovuto essere richiesta in occasione della presentazione dell’appello e non nelle fasi iniziali del processo di secondo grado.