LATINA- Il processo, davanti il Tribunale di Latina, era iniziato il 6 ottobre ed è era stato subito rinviato. I cronisti più attenti rilevarono l’assenza di tutti gli imputati. Due di loro, Marie Therese Mukamatsindo e Liliane Murekatete, suocera e moglie del deputato Aboubakar Soumahoro e membri del Consiglio di Amministrazione della cooperativa sociale integrata “Karibu”, sono state arrestate e sono finite ai domiciliari in occasione dell’esecuzione da parte del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Latina di una circostanziata ordinanza emessa dal Gip nell’ambito dell’attività delle cooperative coinvolte nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati nella provincia pontina.
I finanzieri del Colonnello Angelo Andreozzi hanno eseguito anche un sequestro preventivo a fini di confisca, anche per equivalente, del profitto del reato, di 61milioni di euro, nei confronti dei membri del Cda della cooperativa ‘Karibu’ e di un altro soggetto legato a loro da vincoli di parentela, che attualmente si trova all’estero. Le indagini condotte dalla Procura di Latina, hanno consentito di accertare condotte, contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni, di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.
In particolare, le cooperative Karibu e Consorzio Agenzia per l’inclusione e i diritti d’Italia, oltre alla Jambo Africa (per il tramite della Karibu) avrebbero percepito ingenti fondi pubblici da diversi Enti (Prefettura, Regione, Enti locali ) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, fornendo tuttavia un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito.
Nel corso dell’indagine della Guardia di finanza sono state riscontrate numerose criticità nelle strutture gestite dalle cooperative e, in particolare: sovrannumero di ospiti; alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato; condizioni igieniche carenti; derattizzazione e deblattizzazione assenti; riscaldamento assente o comunque non adeguato; carenze nell’erogazione dell’acqua calda; carenze nella conservazione delle carni; insufficienza e scarsa qualità del cibo; presenza di umidità e muffa nelle strutture; carenze del servizio di pulizia dei locali e dei servizi igienici; insufficiente consegna di vestiario e prodotti per l’igiene.
Al riguardo sono “esemplificative” – ha spiegato il Procuratore capo di Latina Giuseppe De Falco – le vicende dei Cas di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi) gestiti dalla Karibu, e quelle dei Cas di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid. ‘’L’inosservanza delle condizioni pattuite, rilevate dagli ispettori della Prefettura oltre a quelli della Asl di Latina e ai Vigili del Fuoco, tali da far vivere gli ospiti in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne, aggravate dalla condizione di particolare vulnerabilità dei migranti richiedenti protezione internazionale, ha generato considerevoli risparmi di spesa/profitti, che sono stati utilizzati per spese varie (alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori, gioielli) e/o investimenti del tutto estranei alle finalità del servizio pubblico e assolutamente non inerenti con l’oggetto sociale delle cooperative e la loro natura di enti no profit’’.
Naturalmente queste distrazioni di denaro sono state oggetto di approfondimenti investigativi che hanno consentito di ipotizzare a carico degli indagati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa Karbu e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e/o richiedenti asilo.
L’inizio ed il rinvio dell’udienza preliminare del 6 ottobre scorso erano stata accompagnati – come si ricorderà – da un’annunciata manifestazione di protesta degli ex lavoratori proprio nei confronti dei vertici della cooperativa “Karibù” ed il consorzio “Aid” accusati, a fronte di 62 milioni stanziati per finanziare progetti destinati all’accoglienza degli immigrati, di organizzare – come detto – “un meccanismo fraudolento di fatturazione di operazioni inesistenti per giustificare poi le uscite di denaro che Karibu aveva l’obbligo di rendicontare nell’ambito dei progetti Sprar e Cas”.
C’era molta attesa per la partecipazione dei cinque indagati davanti il Gup del Tribunale Pierpaolo Bortone ma, alla fine, decisero di dare forfait proprio Marie Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, moglie e suocera del deputato Aboubakar Soumahoro, e anche Michel Rukundo e Richard Mutangana, cognati del parlamentare oltre che due collaboratrici della coop Ghislaine Ada Ndongo e Christine Ndyanabo Koburangiyra. Nei loro confronti i magistrati titolari delle indagini, i sostituti procuratori Andrea D’Angeli e Giuseppe Miliano, hanno chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare era stata rinviato alla seduta del 3 aprile quando il Gup Bortone dovrà pronunciarsi sulle istanze di costituzione di parte civile presentate da parte degli avvocati Giulio Mastrobattista e Atena Agresti per conto di circa ex trenta lavoratori e del sindacato Uiltucs; quella dei commissari liquidatori di Karibu, Francesco Cappello, e consorzio Aid, Jacopo Marzetti, nominati dal Ministero delle Imprese.
Le ex maestranze nel sit in organizzato dal segretario provinciale della Uiltucs Gianfranco Cartisano, armati di bandiere e striscioni, avevano lamentato di non aver percepito le indennità dovute nonostante l’inchiesta promossa dalla Procura di Latina. “Vogliamo chiarezza e dignità e soprattutto le nostre spettanze economiche – aveva dichiarato Gianfranco Cartisano – Abbiamo elencato al megafono le lunghe somme dei progetti incassati da Karibu’ e dal consorzio “Aid, si tratta di 62 milioni di fondi e denaro pubblico, tutti erogati ed incassati attraverso i progetti su accoglienza ed immigrazione, ai quali solo noi lavoratori eravamo gli unici professionalmente interessati ed impegnati per la buona accoglienza ed integrazione.
Le loro finalità erano solo finalizzate a distrarre denaro e non pagare i nostri stipendi, i nostri salari – aveva aggiunto Cartisano – Quella che stanno vivendo gli ex dipendenti è brutta pagina che deve necessariamente avere delle risposte”– E’ arrivata, puntuale, lunedì anche perché – ha commentato Cartisano – anche perché il danno occupazionale deve essere considerato comprese le spettanze non pagate”.
Gli indagati il 6 ottobre scorso non erano presenti in Tribunale tra la disapprovazione, rinnovata, del sindacato: “Li avremmo voluti vedere negli occhi per gridare. Stipendi e lavoro sono stati distratti e distrutti”.