SUD PONTINO – Sono volate parole grosse con il rispettivo orientamento a chiedere l’interessamento della Procura della Repubblica di Cassino (chissà se una delle due parti non l’ha fatto già?) durante la discussione del ricorso, davanti la sezione di Latina del Tar del Lazio, presentato dal Centro Servizi ambientrali di Castelforte contro la decisione del 22 maggio scorso dell’amministratore unico della “Futuro Rifiuti zero” Raffaele Rizzo di trasferire i rifiuti indifferenziati prodotti dai comuni di Formia e Ventotene dal centro di trattamento gestito dalla famiglia Giuliano-Ambroselli a quello della Saf di Colfelice.
Al termine di una mezzora di aspro e vibrante discussione i giudici amministrativi di Latina – presidente Roberto Savoia, si sono riservati la decisione di merito che non arriverà non prima di una settimana. Ma potrebbe anche slitttare di qualche settimana – il Tar ha tempo 30 giorni per pubblicare il suo provvedimento perché la materia del contendere è impegnativa (anche sul piano economico ed eventualmente risarcitorio) e controversa. Hanno duellato a lungo i legali del Csa (l’avvocato Gianluca Sasso) e della “Futuro Rifiuti zero” (l’avvocata Vittorina Teofilatto). Per il primo la società municipalizzata dei comuni di Formia e Ventotene ha messo un atto nullo per il conferimento dei propri rifiuti indifferenziati; avrebbe dovuto essere la Regione Lazio, ma utilizzando sempre e solo un centro autorizzato nell’ambito ottimale della provincia di Latina e non nella più lontana struttura della Saf che parte di un altro ambito provinciale.
L’avvocato Sasso è stato duro quanto basta per rimarcare come il provvedimento dell’amministratore Raffaele Rizzo abbia violato il principio di prossimità previsto dal Codice dell’ambiente – i comuni per lo smaltimento dei propri rifiuti devono utilizzare i centri geograficamente più vicini e quello del Csa, oltre ad essere autorizzato dalla Regione, lo è senza ombre di dubbio – aggiungendo dell’altro. Con questa decisione appellata al Tar gli impegni di spesa della Frz (e dunque dei comuni di Formia e Ventotene) sono stati di gran lunga superiori ai valori praticati dal mercato. Insomma la “Futuro Rifiuti Zero” lasciando il Csa per rivolgersi la Saf di Colfelice (quest’ultima si è costituita attraverso l’avvocato Francesco Scalia) sta spendendo di più rispetto a quanto avrebbe potuto se non avesse cambiato idea il 22 maggio dopo il nulla osta dei sindaci Gianluca Taddeo e Carmine Caputo al termine di una seduta dell’assemblea dei sindaci. Ma l’avvocato Sasso ha contestato complessivamente l’operato della Frz quando ha ricevuto lo scorso marzo un mandato dalla Giunta Municipale di Formia (semmai sarebbe dovuto essere un altro organo più titolato e competente come il consiglio comunale) a proseguire il servizio – scaduto dopo nove anni lo scorso 31 dicembre – con le stesse condizioni economiche.
“Ma così non è – ha commentato in aula l’avvocato Sasso – perché i costi praticati dall’ex ‘Formia Rifiuti Zero’ nel 2014 e negli anni a seguire (sei milioni e 640mila euro annui) non sono quelli di adesso che siamo nel 2023”. Scintille sono volate quando è stato il turno dell’avvocato Teofilatto.
Attraverso la sua difesa la municipalizzata dei comune di Formia e Ventotene ha rinnovato essenzialmente due capisaldi della sua decisione di inviare in Ciociaria i rifiuti indifferenziati dei due comuni, conferiti sino allo scorso maggio a meno di 20 chilometri di distanza. E cioè che il sito del Csa di via Viaro a Suio non avrebbe la necessità idoneità – aveva un sistema di solo trattamento meccanico a differenza di quello della Saf che è un Tmb – per ospitarli e poi perché la struttura della Saf garantirà sino al prossimo 31 dicembre (data di scadenza di affidamento dell’amministratore Rizzo) “un innegabile e cospicuo risparmio economico” rispetto ai costi praticati dal sito di Suio.
E’ una versione, quest’ultima, che ha aspramente contestato il legale del Csa facendo leva sulle autorizzazioni rilasciategli dalla direzione regionale del ciclo dei rifiuti (non ultima quella che lo eleva a sito dotato di un trattamento meccanico biologico come quello della Saf), sulla circostanza che tutti i comuni del circondario continuano ad utilizzarlo per lo smaltimento dei propri indifferenziati “a conferma della non veridicità dell’accusa circa l’applicazione di un aggravio dei costi che peraltro decide la Regione” e poi soprattutto “per quanto prevede il Codice dell’ambiente che obbliga i comuni e le società concessionarie, in base al principio normativo di prossimità, a smaltire i propri rifiuti nel sito autorizzato geograficamente più vicino”.
L’avvocato Sasso è stato un fiume in piena quando ha rinnovato altri quesiti riproposti nell’udienza, poi rinviata, del 13 settembre. Ha avanzato di nuovo una “preoccupante perplessità” sull’operato della stessa amministrazione comunale di Formia – socio di maggioranza della Frz – accusata di una “palese superficialità” che ora potrebbe mettere in discussione l’operato e l’attività industriale dell’ex Formia Rifiuti zero.
E, poi, fu corretto affidare il 22 maggio il servizio alla Saf ed il giorno dopo stipulare contratto? Secondo il Csa è stato violato l’articolo 32 del Codice degli appalti allora vigente. Nel senso che tra il conferimento di un incarico e la stipula del contratto devono intercorrere 30 giorni per presentare “a chiunque” di presentare eventuali osservazioni. Questo limite temporale non sarebbe stato rispettato perché la “Frz – a dire dell’avvocato del Csa – aveva fretta”.
E la fretta tradizionalmente fa partorire i gattini ciechi.
E i formiani e i ventotenesi sono a conoscenza di questa massima popolare.