FROSINONE – Sul nastro adesivo che immobilizzò il corpo di Serena Mollicone subito dopo il delitto avvenuto il 1 giugno 2021 sono state trovate tracce, seppur microscopiche, di legno e di vernice in base alle quali è ipotizzabile la presenza quel giorno della ragazza nella Caserma dei Carabinieri di Arce. L’hanno ribadito nel corso delle loro deposizioni – che hanno caratterizzato la terza udienza del processo d’appello per la morte della studentessa di Arce – i tre periti dei Ris dei Carabinieri che per conto della Procura di Cassino svolsero le analisi microscopiche e chimiche sui nastri adesivi che avvolsero alcune parti del corpo di Serena.
I luogotenenti Rosario Casamassima, Vittorio Della Guardia e Ferdinando Scatamacchia hanno dichiarato come gli elementi – legno, resina e colla – trovati sul nastro che avvolgeva il capo di Serena Mollicone sono riconducibili ad una porta dell’alloggio della caserma” contro la quale sarebbe stata mortalmente sbattuta Serena così come il frammento di vernice rinvenuto “ha le stesse formazioni presenti sullo sportello della caldaia acquisita nell’appartamento a trattativa privata all’interno della caserma”.
Con una conclusione polemica rispetto al contenuto della sentenza con cui furono assolti il 15 luglio 2022 Franco, Annamaria e Marco Mottola, Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale: “Non è vero che i nostri risultati siano incerti” – hanno detto i tre periti del Ris – così come non è vero nemmeno che siano inconcludenti”.
Per i tre ex specialisti del Ris la base di partenza della loro consulenza è stato il lavoro della Cattaneo che aveva rinvenuto un frammento ligneo nei capelli di Serena. Visto che l’ipotesi consisteva in un urto contro una porta noi – hanno aggiunto – abbiamo analizzato il nastro che avvolgeva il capo di Serena e quello che le stringeva sulla testa la busta dell’Eurospin. Questo perché i due nastri erano quelli che consentivano di analizzare i frammenti che erano sui capelli. Il nostro compito è stato poi quello di verificare che il materiale in legno rinvenuto sui nastri fosse compatibile con la porta”.
Rispondendo alle domande dei rappresentanti della Procura genetale, Casamassima nello specifico ha chiarito che “il legno in natura non ha colla nè resina”, elementi che invece sono stati trovati sia sulla porta che sul nastro adesivo che avvolgeva il capo di Serena. Inoltre la colla animale trovata sulla porta e trovata sui frammenti “non era la colla del nastro adesivo”, ha chiarito. Secondo Casamassima quindi c’era una “perfetta coerenza fra frammenti sul nastro adesivo e la porta” della caserma considerata dall’accusa l’arma del delitto.
Nel controinterrogatorio la linea della difesa – dei cinque imputati erano presenti in aula i soli Franco Mottola e Vincenzo Quatrale- è stata rappresentata dall’avvocato Mauro Marsella, secondo il quale le tracce di materiale non vengono dalla porta della caserma “perché ce ne sono altre 111 che non sono di legno. Anche a procura generale non ha saputo spiegare che tipo di collegamento ci sia con questi altri frammenti”.
“Inoltre il maresciallo Casamassima ha detto – ha aggiunto l’avvocato Marsella – che sia i frammenti di legno che gli altri elementi Serena poteva averli già indosso soprattutto perché parliamo di elementi di natura infinitesimale submillimetrica, quindi molto piccoli”.
Ancora un passaggio dell’intervento di Marsella: “Il maresciallo Casamassima ha estratto dai nastri che avvolgevano il capo di Serena 28 micro frammenti di legno e nel fare un test di comparazione invece che prendere la stessa lunghezza dei nastri ha preso solo una porzione. Sostanzialmente ha paragonato 40 centimetri ai 9 metri e venti di nastro che avvolgevano la testa di Serena e questo restituisce dati assolutamente incongruenti” Interessante per la difesa è stata la deposizione del quarto investigatore del Ris, il consulente Cesare Rapone che definì “misto” il profilo genetico dell’impronta dattiloscopica F 18 rinvenuta sul nastro adesivo che avvolse le gambe della vittima. Vi aveva rilevato una frazione di Dna maschile che sarebbe stata contaminata da un Dna di tipo esogeno. Con la sentenza di assoluzione del 15 luglio 2022 per la Corte d’assise di Cassino quel profilo genetico non è stato di nessuno dei cinque imputati ma “di un soggetto non identificato che avrebbe lasciato la traccia sul nastro al momento dell’omicidio”.
Rapone nell’udienza di giovedì è andato oltre. Ha chiarito di non aver trovato tracce di sangue, di capelli e di saliva né sulla porta ma neanche all’interno del foro provocato dal presunto urto della testa di Serena. Rapone ha inoltre rivelato di aver rinvenuto dna misto sulla maglietta e sui pantaloni che indossava Serena il giorno del suo omicidio. Sono tracce genetiche, anche queste, che non apparterrebbero a nessuno dei cinque imputati. Si torna in aula il prossimo 14 dicembre nella penultima udienza del 2023
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