SUD PONTINO – Una legnata sui denti. Non ammette interpretazioni il contenuto, durissimo e severo, della sentenza del Tar del Lazio – sezione di Latina (presidente Riccardo Savoia, consigliere Francesco Romano e giudice estensore Valerio Torano) che, bocciando il ricorso del Centro servizi ambientale di Castelforte, ha legittimato invece l’operato del neo amministratore unico della Futuro Rifiuti zero Raffaele Rizzo che la determina dirigenziale numero 87/2023 lo scorso maggio autorizzava il trasferimento dei rifiuti indifferenziati prodotti dai comuni di Formia e Ventotene dalla struttura di via Viaro alla Saf di Colfelice. Ed il Tar senza colpo ferire ha dato ragione all’attività gestionale di Rizzo nella misura in cui il Csa improvvisamente ha svolto il servizio di trattamento dei rifiuti “sulla base di un titolo giuridico inesistente con una seie di gravi critiche tecniche”.
I giudici amministrativi le menzionano a più riprese nelle 24 pagine della sentenza che, a sorpresa, chiede il convolgimento di legittimità della Procura penale di Cassino e di quella regione della Corte dei Conti “per gli eventuali seguiti di competenza”. Questo tipo di sentenza non lo sperava neppure il remunerato collegio difensivo della Frz che, coordinato dall’avvocato Vittoria Teofilatto, aveva basato la sua difesa su una circostanza chiara e sottolineata a più riprese: il nuovo management della municipalizzata dei comuni di Formia e Ventotene, dopo il semaforo verde dell’assemblea dei soci, aveva revocato l’incarico al Csa perché l’impianto non avrebbe proceduto al trattamento biologico dei rifiuto ma utilizzando soltanto quello di tipo meccanico.
E la società di Castelforte, che ha annunciato appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del presidente Savoia “ma dopo averla letta e riletta un’infinità di volte”- hanno dichiarato gli avvocati Gianluca Sasso e Luigi Imperato- ha dovuto far fronte la costituzione in giudizio, oltre della Frz, anche della Saf di Colfelice e della Regione Lazio.
La Frz ha difeso di trasferire i propri indifferenziati alla Saf per beneficiarne di un innegabile risparmio economico della società nonostante violasse il principio normativo della prossimimità in base al quale i rifiuti vanno trattati nello stesso Ato provinciale, dunque presso un centro autorizzato della provincia di Latina e non in Ciociaria. Ma il Tar è stato implacabile, attraverso la sua ricostruzione fattuale, quando giù prima data emanazione della determinazione dirigenziale n. G13002 del 26 ottobre 2021, dunque molto prima della proposizione del ricorso, l’impianto della famiglia Giuliano-Ambroselli non fosse idoneo a trattare i rifiuti indifferenziati urbani aventi una frazione umida superiore al 15%, quali sono indubbiamente quelli provenienti dai Comuni di Formia e Ventotene.
Quando Rizzo scelse la Saf, ma con destinazione futura la Rida Ambiente di Aprilia, lo mise per iscritto ed il Tar ora gli ha dato ragione. L’impianto del Csa “tecnicamente insufficiente ad un idoneo trattamento e alla chiusura del ciclo dei rifiuti prodotti dai comuni serviti […] trattandosi di impianto di trattamento meccanico (TM) e non di trattamento meccanico e biologico (TMB), che quindi non tratta la frazione organica presente all’interno dei rifiuti indifferenziati”. A ribadirlo fu il 24 aprile scorso l’assemblea dei soci che, autorizzando Rizzo nel suo mandato, “rilevava che l’impianto CSA evidenzia una seria emergenza riguardo al mancato trattamento della parte organica del rifiuto EER 200301 prodotto dai Comuni di Formia, trattandosi di un impianto TM”.
La materia è giurisprudenzialmente controversa. Riguarda il trattamento dei rifiuti indifferenziati che hanno una frazione organica ampiamente superiore al valore soglia del 15% posto dalla determinazione dirigenziale del 16 agosto 2023, come emerso dagli accertamenti merceologici disposti da FRZ s.r.l. il 29 maggio 2023 e 19 giugno 2023, che hanno restituito percentuali mai inferiori al 29,5%. Il Csa ha sempre sostenuto il contrario che ha contestato questi accertamenti producendo in giudizio analisi merceologiche che, “anziché riguardare il rifiuto cod. EER 200301 proveniente da Formia e da Ventotene, hanno riguardato quello avente codice EER 191212 in uscita dall’impianto di Castelforte e derivante dalla miscelazione dell’indifferenziato proveniente dai vari enti locali convenzionati con la medesima società”. Il Tar poi punzecchia il Csa di non aver efficacemente contestato l’attendibilità scientifica del metodo di analisi seguito da FRZ s.r.l. “che, quindi, resta valido ed efficace”.
Il collegio giudicante ha rimarcato la circostanza per cui, nel periodo tra il 20 giugno 2023 ed il 15 agosto 2023, essendo stata, come detto, annullata in giudizio la determinazione dirigenziale n. G13002 del 26 gennaio 2021, l’impianto di Castelforte non poteva trattare neppure rifiuti indifferenziati aventi una percentuale inferiore al 15%. Questa limitata possibilità di azione è stata ripristinata dalla determinazione dirigenziale del 16 agosto 2023, non consentendo in alcun modo il trattamento presso l’impianto di CSA s.r.l. dei rifiuti indifferenziati ad alto contenuto putrescibile provenienti da Formia e Ventotene.
Il Tar, infine, ha negato qualsiasi risarcimento danni all’immagine subita dal Csa. Anzi ha condannato la struttura di Castelforte al pagamento delle spese di giudizio (8000 euro) al Futuro Rifiuti zero e (4000 euro) a favore del comune di Formia. La partita ora si sposta a Cassino – sede della Procura della repubblica – dopo che Raffaele Rizzo ha messo a segno un punto a favore.
E’ orientato ora a convocare per venerdì i giornalisti, con l’auspicio che l’invito venga esteso a tutti, anche a quelli meno simpatici.