FORMIA – La decisione dell’amministrazione comunale di Formia – nonostante si affermi per comodità politica il contrario – di aver smantellato la propria avvocatura interna continua a provocare effetti negativi e, per certi versi, imbarazzanti. La riprova, l’ultima in ordine cronologico, è arrivata della sentenza del Tar del Lazio (seconda sezione di Latina) che il 18 dicembre scorso (la discussione del ricorso c’era stata nell’udienza del 29 novembre scorso) ha dato ragione a tre semplici cittadini – Maria Ferrò, Emiliana Vernile e Cinzia Caragnani – che hanno impugnato con successo l’ordinanza dell’ex dirigente del settore urbanistica dell’ente, Bonaventura Pianese, fianlizzata al ripristino, rimozione, demolizione entro il termine di novanta giorni di una sbarra meccanica carrabile insistente sul terreno censito nel catasto fabbricati del Comune di Formia al foglio 12/FOR particella 281. Si tratta di un complesso immobiliare che, insistendo lungo la strada privata via Giorgio La Pira, ha due accessi, il primo sulla strada regionale Flacca, il secondo in via Vindico.
I giudici amministrativi di Latina – presidente Davide Soricelli, consigliere Roberto Maria Bucchi ed estensore Benedetta Bazuro – hanno accolto il ricorso delle tre private quantunque nella sua ordinanza il Comune avesse previsto, oltre alla rimozione e demolizione della sbarra carrabile “fuorilegge”, l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime e, in caso di mancata demolizione della struttura, l’ applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di 2000 ad un massimo di 20mila euro.
Ma cosa è successo? Il Comune contestava alle ricorrenti la circostanza di aver installato questa sbarra nel parco privato “Tirreno sud” senza alcun titolo abilitativo. Ci sono stati diversi sopralluoghi da parte della Polizia Locale a cui le tre private, difese dall’avvocato Luca Scipione, hanno sempre replicato come la contestata sbarra fosse esistente loco “da 40 anni” e, dunque, “l’esecuzione di una mera manutenzione non necessitasse di alcun titolo abilitativo”. Il Tar è stato categorico contro la difesa del comune che continuava a chiedere un permesso a costruire. E invece le private, contestando la violazione della legge 142/1990 (violazione del principio del giusto procedimento e del principio di collaborazione tra Amministrazione e cittadino), hanno fatto rilevare con successo davanti il Tar come il Comune con l’ordinanza numero 135 del 4 maggio scorso abbia commesso esso stesso una violazione.
Riguarda l’articolo 6 del Dpr 380/2001 “in quanto l’apposizione di una sbarra mobile, integrativa delle funzioni di un cancello e dalle caratteristiche estetiche non invasive, ha costituito un intervento rientrante nella fattispecie di edilizia libera….non richiedente il preventivo rilascio del permesso di costruire”. E l’avvocato Scipione ha messo all’angolo la difesa esterna del comune di Formia precisando le previsioni del Dpr 380 e, più precisamente, gli interventi per i quali non è necessario ottenere un titolo abilitativo venendo in rilievo un’attività edilizia libera (articolo 6); gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (articolo 6-bis) e gli interventi subordinati al rilascio di un permesso di costruire (articolo 10 e gli interventi subordinati a denuncia di inizio attività (articolo 22).
Il Tar ha accolto il ricorso delle tre cittadine che hanno chiesto ed ottenuto il rispetto del contenuto dell’articolo 6 del Dpr 380 specificando come l’installazione di quella sbarra meccanica in metallo “per entità e tipologia debba ricondursi a quelli di ‘manutenzione ordinaria’ per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo”. Lo ha sottolineato il Consiglio di Stato con le sentenze numero 5513/2013 e 3898/2015). Insomma per il Tar di Latina l’ordinanza di demolizione del comune di Formia del maggio scorso è “illegittima per essere stata adottata sul presupposto – erroneo – che fosse necessario per la realizzazione della sbarra in questione il previo rilascio del permesso di costruire di cui all’arti colo 10 D.P.R. 380/2001. Semmai il Comune avesse voluto tutelare l’uso pubblico della strada sulla quale insiste tale sbarra potrebbe ben ricorrere a strumenti di tutela diversi da quelli sanzionatori in materia edilizia”.
L’ex dirigente Bonaventura intimato – come detto – le tre private che se non avessero provveduto a rimuovere questa contestatissima sbarra avrebbero potuto incorrere in una sanzione pecuniaria salata. E invece il Tar ha reso pan per focaccia al Comune, ora condannato alla refusione delle spese di lite in favore delle ricorrenti che si liquidano in euro 2.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge”.
Capita…ma qualche mese sta avvenendo troppo spesso. Purtroppo.