GAETA – Tre “luoghi importanti” di una scuola che già sette anni prima (1854) dell’unità d’Italia è diventata un’eccellenza di Gaeta in tutto il mondo. Manca la formalità da parte dell’ente proprietario del plesso, l’amministrazione Provinciale di Latina, ma tra tre spazi dell’istituto nautico “Giovanni Caboto” avranno una specifica e meritoria intitolazione. L’ha proposto lunedì mattina la Giunta municipale che, approvando una bella e generosa proposta del neo assessore alla Pubblica istruzione del comune Gianna Conte, ha deciso di personalizzare tre ambienti del prestigioso istituto di piazza Trieste. Saranno intitolati a tre figure che, simbolicamente, rappresentano l’intera comunità del “Caboto”: un indimenticato dirigente scolastico, un apprezzato docente ed un generoso studente.
Sono scomparsi – creando un vuoto difficilmente colmabile – da meno di dieci anni ma la Prefettura di Latina, in deroga alla legge numero 118 del 23 giugno 1927, ha dato concretezza ad una proposta che il collegio dei docenti ha fatto sua due volte il 2 settembre 2021 ed il 20 settembre 2022 prima di inviarla al Comune di Gaeta e alla Provincia. E così che l’austera quanto semplice aula magna sarà intitolata all’indimenticato preside (per 27 anni) sancosimese di nascita e formiano d’adozione Antonio Troisi, il simulatore di navigazione al professore Francesco Trapani mentre l’aula magna – il luogo prediletto di qualsiasi studente che si rispetti – ricorderà uno di loro, Romeo Bondanese ucciso la sera di Carnevale del 16 febbraio 2021 al termine di una tragedia che ha segnato per sempre due città, Formia (in cui abitava) e Gaeta (dove studiava per diventare presto grande).
Ma andiamo per ordine. La Giunta municipale di Gaeta, su proposta dell’assessore-insegnante Gianna Conte, ha voluto motivare efficacemente queste tre richieste di intitolazione. La prima non poteva non riguardare l’ex preside del Nautico, il professor Trosi, che “nei suoi 50 anni di apprezzata dirigenza – hanno spiegato il sindaco di Gaeta Cristian Leccese e l’assessore Conte – ha dotato la scuola di un planetario per lo studio dell’astronomia, ha avviato i primi corsi extracurriculari per il conseguimento della patente nautica, ha progettato per la prima volta in Italia – hanno sottolineato Leccese e Conte – il “biennio Post Diploma” e ha varato con efficacia per quanto risulta il conseguimento dei loro risultati altri innumerevoli progetti che gli ha permesso di ottenere l’encomio del Ministro della Pubblica Istruzione per il lavoro svolto quale membro del gruppo del progetto “Nautilus” e la medaglia d’argento di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte”.
Non da meno è stato il contributo per la crescita, didattica e culturale, dell’istituto nautico “Giovanni Caboto” del professore Francesco Trapani. Il laboratorio che ospita il simulatore di navigazione porterà ora il suo nome non solo per la progettazione e nascita di questo innovativo ed unico laboratorio ma anche per la creazione del corso di studi per diventare ufficiale della navigazione da diporto.
E poi c’è Romeo Bondanese. Sul suo conto poche ma profonde righe: “E’ deceduto nell’atto di fare da schermo ad un amico (il cugino, Osvaldo Vellozzi) destinatario di una coltellata”. Se il nautico di Gaeta è entrato a far parte (e stabilmente) dei più importanti istituti italiani del settore il merito, indiscutibilmente, è della sua attuale dirigente scolastica, la professoressa Maria Rosa Valente. Da un anno e mezzo attendeva dal comune di Gaeta questo importante sostegno alla lodevole iniziativa promossa dalla sua istituzione scolastica per ricordare “due docenti che sono stati determinanti per lo sviluppo della scuola e hanno significativamente inciso sulla sua storia. Intitolando l’aula magna a Romeo vogliano ricordare in futuro – il messaggio è naturalmente rivolto ai futuri studenti che frequenteranno il Caboto – un allievo che si è distinto per generosità ed affetto per i suoi amici al punto da perdere la vita per proteggere uno di loro”.
La delibera numero 8 della Giunta di Gaeta che propone le tre intitolazioni è arricchita da una significativa relazione della preside Valente che sintetizza appieno cosa rappresenti per la città, il comprensorio e la provincia il “Giovanni Caboto”. “La storia di Gaeta è in gran parte la storia del suo rapporto con il mare. Per circa due millenni la vita, l’economia, la cultura ed il ‘potere’ di questa città, la sua stessa ragione di esistere e di svilupparsi sono state strettamente intrecciate alle capacità e alle possibilità di andare per mare. I gaetani: un popolo di naviganti, da sempre. È evidente che la conoscenza dell’arte del navigare, tramandata nel corso dei secoli attraverso la pratica dell’apprendistato, di solito all’interno di gruppi familiari, è coincisa molto spesso con l’arte del vivere. A mano a mano che la tecnica dell’andare per mare si sviluppava e progrediva, sì da diventare scienza, sempre più il popolo gaetano avvertiva l’esigenza di avere una specifica scuola”.
“Nel 1854, dopo infinite suppliche, come si diceva allora, i cittadini di Gaeta ottennero dal Re di Napoli l’istituzione di una Scuola Nautica – ricorda la professoressa Valente – facendosi peraltro carico di una cospicua spesa. Le successive vicende collegate all’unità nazionale si ripercossero solo molto parzialmente sulla scuola che, nel 1878, venne trasformata in Regio Istituto Nautico del neonato Regno d’Italia. Le vicende della scuola si sono da allora strettamente intrecciate con quelle della città e del territorio circostante, essendo essa rimasta, per un cinquantennio, l’unica istituzione scolastica superiore del circondario. Come giustamente hanno ritenuto di affermare i cittadini gaetani, in occasione del primo centenario, il Nautico, o come dicono i più anziani ‘L’Istituto’, ha determinato la vita e l’economia di Gaeta e non solo. Parte considerevole dei gruppi dirigenti e professionali del comprensorio hanno frequentato le aule di questo Istituto. Ancora oggi, pur disponendo di una diffusa ed articolata presenza di scuole di secondo grado, tanti ragazzi di ben 56 Comuni distribuiti su 7 province e tre regioni, ogni mattina – sottoponendosi a non pochi disagi, a causa di mezzi di trasporto non sempre coordinati – varcano il cancello della scuola- agli inizi degli anni Sessanta, la rinascita economica della città, dovuta tra le altre cose anche all’apertura della litoranea Flacca, indusse i gaetani a riscoprire l’orgoglio di appartenere ad una antica e gloriosa città. Sull’onda anche di un ritrovato entusiasmo per gli studi della storia locale, si affermò il desiderio di valorizzare il patrimonio di personaggi e di avvenimenti del passato”.
“In tale contesto culturale la scuola cambiò nome e passò da ‘Flavio Gioia’, amalfitano, a ‘Giovanni Caboto’, cittadino gaetano. La riscoperta e la valorizzazione della propria storia e delle proprie tradizioni hanno trovato nelle città molti cultori, sia come persone sia come associazioni ed Enti. Questa scuola, che è considerata e si considera una delle Istituzioni simbolo di Gaeta, si inserisce a ragione in questo contesto di valorizzazione della memoria storica della città. Il Collegio dei Docenti ed il Consiglio di Istituto hanno ritenuto, e conseguentemente deliberato, di intitolare due ‘ambienti’ ad altrettante persone che sono state determinanti per lo sviluppo di questa scuola ed hanno significativamente inciso sulla sua storia, ed un terzo ambiente ad un allievo che si è distinto per generosità e affetto per i suoi amici al punto di perdere la vita per proteggere uno di loro”.
Nella relazione inviata al comune di Gaeta lo scorso agosto la professoressa Valente aveva tracciato un profilo biografico e professionale sui professori Troisi e Trapani ma si sofferma su cosa ha rappresentato e rappresenti tuttora Romeo Bondanese: “La sua storia è ben diversa da quella del Preside Troisi e da quella del Professor Trapani. Romeo è un giovane studente che si era appena affacciato alla vita, conoscendo la bellezza dell’amicizia e la crudeltà della violenza nell’arco di un solo respiro. Il senso della vita di Romeo e dell’intitolazione a lui della Palestra, luogo dove i ragazzi dell’Istituto vivono tutta l’energia e le dinamiche della loro adolescenza, e dove possono riflettere sul valore dell’amicizia e della illogicità della violenza, la ritroviamo nei passaggi di due lettere, una dei compagni di classe, l’altra della Pastorale Giovanile di Gaeta: Caro Romeo, mi fa molto strano scriverti una lettera; eppure, sono qui a farlo. Sono passati quasi tre giorni dalla tua perdita ma ancora non riesco a crederci… sento come se fossi in un sogno … Ma purtroppo non lo è e non riesco ad accettarlo. In questi due anni … il Coronavirus … ci ha tenuti distanti. Ma per quel che ti ho conosciuto, sono certa nel dire che eri una gran bella persona; eri sempre gentile, educato, simpatico, giocherellone, scherzoso. Avevi un sorriso contagioso e quella risata particolare e simpatica che nessuno dimenticherà… i tuoi parenti e amici stanno facendo per te, ma non solo loro, anche le persone che non ti conoscevano sono presenti perché … hanno percepito il meraviglioso ragazzo che eri. Ci vorrà tempo per far passare questo doloroso periodo e per abituarci a non vederti più in classe, a non sentirti più ridere e scherzare, … è la vita, così meravigliosa ma allo stesso tempo complicata, dolorosa e ingiusta. Non te lo meritavi, eri una persona così buona, pura e innocente che aveva il diritto di realizzare tutti i sogni… mi piace pensare che è stato il destino, che tutto questo sia successo e che quindi c’è uno scopo se il tuo percorso ha avuto fine così presto… Sono felice di aver avuto l’opportunità di averti conosciuto… Ora sei il nostro angelo e ci accompagnerai per il resto della vita … Sei e sarai per sempre con noi”.
“Un ragazzo è morto! Davanti a questo tutto è futile. Domani mattina il sole sorgerà su vite già segnate da un solco profondo. Non azzardate teorie su quello che avrebbe dovuto essere, perché il presente sarà già duro di suo per coloro che Romeo lo hanno conosciuto e amato e le nostre spiegazioni non richieste non aggiungeranno che sale su ferite aperte. Se proprio desiderate guardate a quel che potrete essere, in prima persona, perché il sole di domani mattina illuminerà una città che si scopre fragile. Ma non date ricette, perché non ce ne sono e non cambieranno il passato…E nessuno si senta distante, perché Formia è tutte le nostre città… domani sogniamo di esserci senza resa, con dolore ma senza rassegnazione. Dio ci sarà, cammina con noi e sta, ostinato, dalla parte di chi non cede, di chi cerca una strada nel deserto… in direzione ostinata e contraria.”