ARCE – La presenza o meno di Serena Mollicone nella caserma di Arce il giorno in cui è scomparsa ed è stata uccisa – il 1 giugno 2001 – continua ad essere un nodo irrisolto nell’ambito del processo d’appello per il delitto della 18enne studentessa. La conferma è arrivata, puntuale, dalla nuova udienza del dibattimento. Se venerdì scorso Sonia Da Fonseca aveva risposto affermativamente riferendo in aula il racconto della vicina di casa, Annarita Torriero, in base alle confidenze ricevute da Santino Tuzzi (con il quale aveva avuto una relazione sentimentale), quest’ultima nell’udienza di martedì ha smentito l’amica di Ceprano. “Non ho visto Serena in caserma il 1 giugno del 2001 ma l’ho vista altre volte entrare e uscire dal cancello grande sotto della caserma nuova insieme ad altri amici. Io nella caserma non ho mai vista Serena – ha spiegato la Torriero – quando io andavo in caserma non c’era nessuno e, se entrava qualcuno, noi lo vedevamo dalla telecamera, perché Tuzi era di piantone, e io andavo via”.
La deposizione della Torriero davanti i giudici della Corte d’assise d’appello è stata caratterizzata da diversi ‘non ricordo’ ma si è soffermata a lungo sul profilo di Serena – “La vedevo sul corso di Arce con altri ragazzi, e dicevo come fa una brava ragazza come quella a stare in quella compagnia con il figlio del maresciallo Mottola” – e su Santino Tuzi, il brigadiere di Sora morto suicida il 9 aprile 2008 prima di rendere alcune dichiarazioni in Procura sul presunto avvisamento di Serena in Caserma il giorno della sua scomparsa. Dopo la morte di Serena “Santino era strano quando – ha ricordato la Torriero – passava a Fonte Cupa (luogo in cui fu trovata cadavere Serena il 3 giugno di 23 anni fa) cambiava umore”.
Annarita Torriero ha anche ripercorso le drammatiche fasi del giorno del suicidio di Santino avvenuto l’11 aprile 2008: “Mi aveva lasciato davanti alla porta una stecca di sigarette e un mazzo di fiori con un biglietto. C’era scritto Queste rose appassiranno, l’amore che ho per te vivrà in eterno”. Torriero lo aveva chiamato invitandolo a salire a casa. “Io lo vidi troppo confuso, sudava, mi disse oggi mi porto la pistola, gli chiesi di posare la pistola ma lui non voleva. Mi sono messa paura – ha aggiunto – Mi voleva abbracciare e baciare ma io non volli. Poi appena uscito chiamai i carabinieri, dissi che non stava bene. Avevo capito che poteva commettere un gesto insano“.
“Rimasi al telefono con lui – ha concluso- porto ancora le conseguenze dello sparo, da questo orecchio non ci sento“. La versione della Torriero è stata confermata dal marito Massimiliano Gemma: “Annarita ogni tanto andava in caserma a portare un panino a Tuzi – ha dichiarato – ma non mi ha mai detto che c’era andata il 1 giugno. Mi disse che qualche volta aveva incrociato anche Serena ma ora non so dire se dentro o fuori dalla caserma”.
Davanti ai giudici d’appello è comparsa anche Sora Mirarchi, la donna che nel 2001 tre giorni la settimana – il lunedì, il mercoledì ed il venerdì – effettuava le pulizie presso la caserma dei Carabinieri di Arce. Era venerdì il giorno in cui Serena fece perdere le sue tracce e la donna è stata categorica: “Io Serena non l’ho vista mai lì – ha concluso – e tantomeno il 1 giugno 2001”.
L’altro racconto della signora Torriero, rispetto alle dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana dall’amica Sonia Da Fonseca, è stato commentato favorevolmente dal portavoce del pool difensivo di Franco, Marco e Annamaria Mottola, il criminologo Carmelo Lavorino: “La storia si ripete. I testimoni dell’accusa non avvalorano l’impianto accusatorio, già lo avevano ‘alleggerito’ in primo grado, maggiormente hanno fatto oggi. Obiettivo della pubblica accusa – a suo dire – è stato tentare di dimostrare che Annarita Torriero, l’amante del brigadiere Santino Tuzi, avesse dichiarato di avere visto in caserma Serena Mollicone proprio il giorno dell’omicidio, il primo giugno 2001. Invece la signora Torriero ha smentito categoricamente l’ipotesi, dichiarando che qualche volta aveva notato Serena nei pressi del cancello della caserma. Lo stesso avvocato Mauro Marsella ha precisato che ai lati della via della caserma dei Carabninieri di di Arce e oltre vivevano altre persone”.
Sulle fasi che precedettero il suicidio di Tuzi Lavorino ha preferito tracciare un’analisi in qualità di psicologo forense: “La signora Torriero lo ha descritto sudato, stressato, agitato, preoccupato. Inoltre la donna ha contestato e confutato duramente le dichiarazioni della signora Sonia Da Fonseca rilasciate sia alla precedente udienza sia al programma Mediaset Le Iene nel 2019 e ha dichiarato di non avere mai conosciuto il Maresciallo Mottola”.
In ordine alla testimonianza della Mirarchi il professor Lavorino ha sottolineato un particolare del suo racconto: “La teste ha individuato che l’unico giorno in cui pulì il bagno dell’appartamento, dove l’accusa ritiene sia avvenuto l’omicidio, è da collocare nella prima decade del mese di maggio, il giorno prima del compleanno della signora Mottola che cade esattamente il 4 maggio. Quindi nessun collegamento col mese di giugno. Sono emerse le superficialità, le imprecisioni e le suggestioni dell’inchiesta dopo la morte di Tuzi, un’inchiesta nata a senso unico contro i Mottola e che ha vissuto in tal senso”.
Si torna in aula il 9 aprile prossimo con l’audizione degli investigatori che inaugurarono la pista “Mottola”, il suo successore alla guida della Caserma di Arce Gaetano Evangelista, e l’appuntato Ernesto Ventincinque. La stessa Corte d’assise d’appello ha calendarizzato per il mese di maggio le udienze nei giorni 16, 23, 28 e 30 quando il processo dovrebbe aver ultimato la sua chilometrica fase dibattimentale.