FORMIA – Sono state protagoniste – com’era prevedibile – le difese nella penultima udienza del processo derivante dall’inchiesta anti-droga “White Fruite” attraverso la quale Polizia e Guardia di Finanza ricostruirono un vasto e violento traffico di stupefacenti a Formia e nel resto del sud pontino smantellando un’organizzazione con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Roma Francesco Patrone su richiesta dell’allora sostituto procuratore della Dda Corrado Fasinelli il 24 maggio 2022.
Se la scorsa settimana il sostituto procuratore Francesco Gualtieri della Dda di Roma nel corso della sua requisitoria aveva chiesto 120 anni di carcere, davanti il tribunale collegiale di Cassino (presidente Marco Gioia, a latere Pio Cerase e Maria Cristina Sangiovanni) mercoledì i riflettori sono stati puntati sui legali dei principali imputati, in testa i coniugi Carmina Fustolo e Italo Ausiello, i gestori del minimarket nel quartiere formiano di Mola a Formia dal quale si riteneva partissero tutti gli ordini e lo smistamento.
Gli avvocati Vincenzo Macari, Pasquale Cardillo Cupo, Paola Samarelli ed il professor Alfonso Furgiuele hanno cercato, dopo cinque ore, di attaccare il castello accusatorio della Procura antimafia di Roma definendo “inattendibili e prive di riscontro” le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Basco. In più le difese hanno specificato come l’attività di spaccio praticata dal duo Fustolo-Ausiello fosse stata limitata rispetto alle più clamorose risultanze investigative di Polizia e Fiamme Gialle. Per queste ragioni gli avvocati Cardillo Cupo, Macari, Furgiele e Samarelli hanno chiesto il riconoscimento delle attenuanti secondo quanto prevede il sesto comma dell’articolo 74 del Dpr 309/1990 così come avevano sollecitato nella precedente udienza nelle prime arringhe difensive gli avvocati Walter Marrocco, Matteo Macari e Pasquale Di Gabriele. Al Tribunale di Cassino è stata avanzata la richiesta di derubricare il reato associativo per alcuni 12 degli imputati.
Lo hanno motivato soprattutto gli avvocati Macari e Cardillo Cupo allegando al collegio giudicante la sentenza del processo d’appello per Marco Massimiani e Alì Abbassi. Avevano deciso di farsi giudicare con il rito abbreviato a Cassino ma i giudici d’appello hanno notevolmente ridimensionato le condanne di primo grado escludendo l’aggravante del vincolo associativo previsto dal Dpr 309/1990. In sede di requisitoria i coniugi Carmina Fustolo e Italo Ausiello – come si ricorderà- erano risultati destinatari delle richieste più pesanti, 17 anni di carcere per la donna, 15 anni e mezzo per il marito, poi raggiunto da una misura di prevenzione da parte del Tribunale di Roma. Le altre richieste di condanna erano state 12 anni di carcere per Emanuele Tornincasa; 10 anni per Giuliano D’Urso, 11 anni per Gianfranco Simeone, 10 anni per Angelo Lombardi, 8 anni e sei mesi per Civita Lombardi, 11 anni per Roberto De Simone, 8 anni e 4 mesi per Enrico De Meo, 9 anni e 4 mesi per Laura Supino, 8 anni per Luca Centola, 9 anni per Ivan Calenzo.
La sentenza per il processo “White Fruit” è attesa per il prossimo 4 aprile.