BASSIANO – Nel fitto tessuto giudiziario italiano, si aprono nuovi capitoli di contenziosi che coinvolgono figure di spicco della gestione pubblica locale. È il caso dei due ex sindaci di Bassiano, Domenico Guidi e Vincenzo Avvisati, insieme all’architetto Giuseppe Bondì, attualmente imputati in un processo che si sta svolgendo nel Tribunale di Latina. Il nocciolo della vicenda? Una canna fumaria in eternit rimossa nel 2019, che ha acceso i riflettori su presunte inadempienze amministrative e una presunta negligenza nell’adottare le disposizioni del Tribunale Amministrativo Regionale.
Tra gli imputati figurano anche Roberta D’Annibale, ex responsabile dei lavori pubblici del Comune di Bassiano, e un tecnico esterno, anch’egli coinvolto nel procedimento legale. Insieme a loro, due cittadini proprietari di un’abitazione nel territorio comunale sono chiamati a rispondere delle presunte violazioni.
Secondo quanto emerso durante le fasi preliminari del processo, la canna fumaria in questione presentava lesioni che causavano il rilascio di fumo all’interno di un’abitazione adiacente. Questo fatto avrebbe innescato il procedimento legale che ora vede gli ex amministratori comunali sotto i riflettori della giustizia.
La base dell’accusa risiede nell’inesecuzione di una sentenza del Tar, che avrebbe ordinato la rimozione della canna fumaria già nel 2009. Gli imputati, stando alle ricostruzioni processuali, avrebbero omesso di adempiere a tale disposizione, nonostante il decreto penale di condanna e le successive azioni legali. L’ipotesi accusatoria si fonda sul presupposto che essi non avrebbero rispettato l’ordinanza giudiziaria di rimozione, mettendo così a rischio la sicurezza e la salute pubblica.
Nel corso delle udienze, è emersa la testimonianza dell’ex sindaco Guidi, il quale ha giustificato le azioni dell’amministrazione sostenendo che la decisione di non adottare un nuovo provvedimento era motivata dall’esistenza di un’ordinanza pregressa, emanata dall’ex sindaco Avvisati nel 2009. Tale ordinanza, sostiene Guidi, sarebbe stata ancora valida al momento in cui il Tar ha emesso la sentenza. Inoltre, ha ribadito che la questione era da considerarsi un affare tra privati, ridimensionando così l’entità delle responsabilità pubbliche.
Il quadro difensivo è delineato dalla presenza di un collegio di avvocati composto da Porcelli, Oropallo, Milani, Pescuma e Perotti, che si adoperano per tutelare gli interessi dei propri assistiti. Dall’altra parte, la parte civile è rappresentata dall’avvocato Lauretti, che agisce per conto dei soggetti danneggiati dalla presunta inerzia amministrativa.
Il processo, che ha catturato l’attenzione dei media locali per la sua complessità e rilevanza sociale, riprenderà il primo ottobre, quando verranno affrontate ulteriori fasi dell’istruttoria e ascoltate nuove testimonianze.