ARCE – Come iniziarono e come si svolsero le nuove indagini, dal 2017 in poi, sul delitto di Serena Mollicone avvenuto il 1 giugno 2001. Lo hanno raccontato nella nuova udienza, la 14°, del processo d’appello per la morte della studentessa di Arce il nuovo comandante della Caserma dei Carabinieri di Arce, il maresciallo Gaetano Evangelista, lo stesso che nel 2004 prese il posto del comandante Franco Mottola, ora sotto processo insieme alla moglie Annamaria e al figlio Marco e agli ex colleghi Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Evangelista decise di indagare insieme all’appuntato Ernesto Venticinque dopo la triplice assoluzione del carrozziere Carmine Belli mentre il papà di Serena, Guglielmo, andava in tv e parlava di poteri forti e dello spaccio di droga ad Arce.
La nuova attività investigativa monitorò anche le amicizie di Serena e le frequentazione della sua comitiva presso la discoteca “Cuore Matto” e “poi man mano che andavamo avanti – ha aggiunto l’ex comandante Evangelista – sono usciti vari elementi come la porta del bagno dell’alloggio sfitto della Caserma”. Le indagini furono complicate con Venticinque impegnato ad acquisire più informazioni possibili e il maresciallo Evangelista intento a scrivere tutto. Ma tra i due Carabinieri la collaborazione – secondo la difesa della famiglia Mottola – non fu più ottimale. L’ha evidenziato lo stesso Venticinque che ha rivelato un’esternazione del magistrato che all’epoca coordinava le indagini promosse dalla Caserma di Arce, il sostituto procuratore di Cassino Maria Perna: “La dottoressa mi disse – ha aggiunto Venticinque – Da oggi in poi tutte le informazioni che acquisisci devi dirle direttamente a me perché tu acquisisci A e mi arriva Z”.
L’omicidio di Serena Mollicone dava, per certi versi, fastidio a qualcuno. Per Venticinque i colleghi Santino Tuzi e Francesco Suprano non erano interessati alle indagini sul delitto di Serena, “era come se non volessero farle. Inoltre mi ero accorto che loro – ha aggiunto – non volevano parlare di Serena Mollicone. Mi dicevano sei solo tu che parli di questa cosa”. Venticinque raccolse anche le confidenze dell’addetta alle pulizie della caserma dei Carabinieri di Arce, la signora Rosa Mirarchi ma – a dire della difesa della famiglia Mottola – non ha mai detto, come peraltro ha ribadito la stessa teste nell’udienza della scorsa settimana, di aver visto Serena nella caserma dell’Arma di Arce. La signora Mirarchi puliva i locali della caserma il lunedì, il mercoledì ed il venerdì ed il 1 giugno 2001 era proprio venerdì.
Se si torna in aula il 16 aprile con altri quattro testi indicati dalla Procura Generale, l’audizione del maresciallo Gaetano Evangelista è stata aspramente censurata dal portavoce del pool difensivo della famiglia Mottola, il criminologo Carmelo Lavorino
A suo dire Evangelista è stato l’autore della fallace teoria sulla pista Mottola, una pista -ha subito esordito Lavorino nell’Intervista video allegata- nata da un’infausta intuizione e prosperata su una serie di attività investigative che non arrivarono a nulla. Questa intuizione è bocciata dalla Corte d‘Assise di Cassino- ha aggiunto- Evangelista ha prodotto, illazioni, sospetti basati sul nulla e su pettegolezzi insignificanti, che non dovrebbero trovare posto in aule di giustizia. Sicuramente la pista Mottola è da definirsi – sempre secondo l’ analisi di Lavorino – la “madre di tutti gli errori e di tutte le illazioni del caso di Arce”.
Purtroppo la fallace teoria sin dall’inizio si fissò su Marco Mottola, costruì la errata congettura, cucì il vestitino addosso ed attorno ai Mottola, tentò di fare quadrare i tasselli del puzzle disponendoli a proprio piacimento ed adattando i fatti alla teoria e non la teoria ai fatti; ha commesso errori di petizione di principio, di logica investigativa e di metodologia investigativa. La sentenza di primo grado non ha dato alcun credito all’indagine, alle intuizioni ed ai sospetti dell’èquipe investigativa strettasi attorno a questa pista. Purtroppo l’ipotesi del Maresciallo Evangelista che nella Caserma di Arce agisse una “Spectre criminale” guidata dal suo predecessore, Franco Mottola che si avvaleva (senza un perché, senza un guadagno, senza alcun interesse…) del Maresciallo Quatrale, del brigadier Tuzi e dell’appuntato Suprano sembrava intrigante ed affascinante, e così in molti sono caduti nella trappola e nel suo innamoramento della errata congettura e del vuoto sospetto investigativo e mischiate col nulla criminalistico-criminologico- forense.”