Tempi duri per i gelosi “deboli di cuore”. I giudici della Corte di Cassazione hanno emesso una sentenza che costituisce un precedente importante ed una vera rivoluzione nel mondo di coppia e della privacy. Sottrarre il cellulare di un’altra persona, che sia amico o fidanzato, al fine di leggere gli sms personali è equiparato ad una vera e propria rapina e pertanto perseguibile dalla legge. E’ quello che è successo ad un giovane 24enne di Barletta, che si è visto condannato a due anni e due mesi di reclusione in base alla violazione dell’articolo 2 della Costituzione italiana.
Il geloso fidanzato aveva sottratto il cellulare della sua ragazza perché aveva il sentore che lo stesse tradendo e cercava la prova manifesta delle indigesta “corna” per poterlo dimostrare anche al padre di lei, che probabilmente non voleva credere di avere una figlia fedifraga. Tuttavia, in base al verdetto 11467 della Cassazione, i giudici hanno ritenuto che il gesto del giovane abbia violato il diritto alla riservatezza della sua fidanzata “incidendo sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane“. Pertanto, sbirciare il contenuto del cellulare di un’altra persona senza il suo permesso “integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto morale” perché tale atto “comprime la libertà di autodeterminazione della persona”.
Nel caso specifico la libertà di autodeterminazione significa che la relazione sentimentale tra due individui consenzienti implica la piena libertà di cominciare una relazione, ma allo stesso tempo di concluderla, senza che nessuno dei due possa avanzare delle pretese – men che meno con la forza – al fine di cercare prove inconfutabili di tradimenti. In sostanza, che si sia o meno traditi, non possiamo sottrarre il cellulare del nostro partner senza incorrere in un rischio penale di condanna effettiva in caso di denuncia.
Va anche detto che il geloso ragazzo aveva strattonato la ragazza e si era introdotto in casa sua prendendo il telefonino senza il suo beneplacito, ma la sostanza non cambia poiché, nonostante il Tribunale del riesame avesse escluso il reato di rapina in quanto insussistente il requisito di ingiusto profitto, la Cassazione ha ritenuto il gesto maldestro del ragazzo una rapina vera e propria, con relativa condanna, dato che l’ingiusto profitto resta valido anche se solo di natura morale.
Insomma, se da una parte la tecnologia ci semplifica notevolmente la vita, dall’altra può decisamente complicarcela. Solo qualche anno fa sempre la Cassazione aveva stabilito tramite un altro verdetto, l’inammissibilità di conversazioni scritte, status e dichiarazioni spontanee pubblicate su Facebook come prove da portare in tribunale in una causa di divorzio e aveva stabilito anche in tale sede che le conversazioni private via chat del coniuge fossero altrettanto inammissibili e addirittura perseguibili dalla legge poiché “colpevoli” di violazione della privacy.
A conti fatti, se i traditori sono considerati da sempre molto furbi (con le dovute eccezioni, sia chiaro), da oggi anche i traditi devono drizzare le antenne e muoversi nella maniera giusta per evitare di subire, oltre al danno, pure la beffa.
Gisella Calabrese