SANTI COSMA E DAMIANO – Viaggio all’inferno e ritorno dopo un mese e mezzo. Una lettera di scuse di quella che era stata la sua presunta vittima ma anche serrate e meticolose indagini difensive hanno permesso ad un libero professionista di 38 anni di Santi Cosma e Damiano, Antonio Perna, di “guardare la vita con una diversa angolatura”. Era stato definito “un padre violento ed un marito aggressivo” soltanto il 29 febbraio quando “il mondo mi è caduto addosso improvvisamente”. L’uomo si è visto recapitare dai Carabinieri della Stazione di San Cosma e Damiano un’ordinanza del Gip del Tribunale di Cassi Claudio Marcopido che, su richiesta del sostituto Procuratore Chiara D’Orefice, lo obbligava, con tanto di braccialetto elettronico al piede, di allontanarsi dalla sua casa famigliare e di avvicinarsi alla moglie con la quale, dalla “fine dello scorso anno”, aveva avviato la procedura di separazione “perché quanto le incomprensioni cominciano a farsi largo non è giusto che a pagarne le conseguenze siano i figli”. E Antonio Perna la sua “unica vera ragione di vita” è una bambina di 7 anni, il cui nome è sempre stato un programma: Gioia Marina.
“Dall’arrivo dei Carabinieri la mia vita è stata stravolta, nel senso che sono stato definito ingiustamente l’orco cattivo del paese quando le cose non erano così”. Perna ha deciso di “metterci la faccia” e di incontrare i giornalisti – “che rispetto perché fanno un lavoro a volte non facile” – nel corso di una lunga e dettagliata conferenza stampa organizzata a stretto gomito con i tanti turisti che in questi giorni, complice il ponte del 25 aprile, hanno deciso di soggiornare presso il Bajamar sulla spiaggia di Santo Janni. Perna, carattere schivo tipico di “un lavoratore che ha fatto mille lavori per non farsi mancare mai nulla alla mia famiglia”, ha deciso di rendere nota una decisione che ha rappresentato l’epilogo di un incubo “che non auguro davvero a nessuno”.
E’ tornato un uomo libero dopo che un altro Gip, il dottor Salvatore Lo Mastro, gli ha revocato i severi provvedimenti assunti il 29 febbraio dal dottor Marcopido. A fargli pendere l’ago della bilancia è stata una lettera di scuse che la moglie, che tale è rimasta nonostante un avvio del procedimento di separazione ora “congelato”, gli ha fatto pervenire attraverso un parente. A fare il resto sono stati la Procura ed il Gip “nonostante inizialmente abbiamo dovuto vestire i panni del Don Chiosciotte contro i mulini al vento perché abbiamo dovuto gestire e tentare di superare non pochi muri di gomma”. A rilasciare queste dichiarazioni è stato l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo che ha cominciato a seguire Perna dal giorno in cui c’era stato l’interrogatorio di garanzia davanti il Gup Marcopido che aveva confermato i provvedimenti assunti su richiesta della Procura.
L’avvocato Cardillo Cupo ha voluto presenziare alla conferenza stampa del 38enne di San Cosma Damiano alla stessa stregua di quanto fatto dall’altro legale, l’avvocato Marco Ianniello, che stava assistendo l’uomo nella fasi iniziali della separazione. Cardillo Cupo aveva avuto sentore che qualcosa non filasse per il verso giusto in questa storia avviando – Codice di procedura alla mano – specifiche e mirate indagini difensive. Ha raccolto una serie di dichiarazioni testimoniali, “anche di rappresentanti delle forze dell’ordine, in servizio o in pensione”, le cui conclusioni sono state pressochè le stesse: “Antonio è sempre stato un padre ed un marito premuroso e attento e, facendo mille cose, aveva sempre l’obiettivo di non far mancare nulla alla moglie e figlia”. Queste dichiarazioni sono arrivate sulla scrivania della dottoressa D’Orefice quando a chiarire l’intera controversia è stato il contenuto della lettera di scuse scritta e fatta recapitare dalla moglie del 38enne libero professionista di San Cosma.
Inevitabile nei giorni scorsi del dottor Lo Mastro la decisione di recapitare a Perna il biglietto di tornare dall’inferno. “Non ho potuto vedere per 44 giorni mia figlia ed è stata la cosa che più mi ha rattristato e reso un uomo ancor più vuoto –ha dichiarato Perna cadenzando le parole nell’intervista video allegata – L’umiliazione più grave che ho dovuto subire ed affrontare c’è stata quando mi è stato permesso di vedere mia figlia per un’ora la settimana presso il comune di San Cosma alla presenza degli assistenti sociali e, sotto lo sguardo, delle stesse forze dell’ordine. La migliore risposta a questo stato di cose l’ho avuta da mia figlia. Non ero ancora arrivato quando Gioia Maria vedendomi in lontananza parcheggiare mi ha accolto con un fragoroso Papà…ti sto aspettando. Non ho mai pianto come in quella circostanza”.
Questo papà e una bambina di sette anni possono incontrarsi ora senza vincoli e limitazioni, consapevoli che solo il tempo darà un futuro al matrimonio dal quale è nata la bambina. Un fatto è certo. Perna da carnefice stava per diventare vittima e per questo cambiamento di ruoli “qualcuno che avrebbe potuto e dovuto indagare non ha fatto abbastanza” – ha tenuto a precisare l’avvocato Cardillo Cupo. La conferenza stampa ha offerto altri spunti che, se fossero veritieri, sarebbe davvero inquietanti. Perna ha raccontato di una donna del napoletano che sarebbe dovuta diventare a tavolino la sua amante per far credere alla moglie di una relazione extraconiugale . E poi quelle gocce di valium e veleno per topi che, rinvenute a casa sua, sarebbero dovute servire – a suo dire – per avvelenarlo e addirittura ucciderlo nottetempo.
“Mi avrebbe fatto piacere, non lo nascondo, che fosse stata avviata un’istruttoria per accertare la reale finalità di quelle sostanze – ha concluso Antonio Perna – che non ho portato io a casa mia. E invece sono stato definito, a torto, l’orco cattivo quando ho ricevuto pubbliche scuse”. Questa non è una favola che, come tale, avrebbe avuto una morale. Gli avvocati Cardillo Cupo e Ianniello si sono spinti oltre. Sperano che abbia un carattere pedagogico, quasi preventivo: “il Codice Rosso, se applicato correttamente, è un ottimo strumento per evitare problematiche e disagi alle figure socialmente più a rischio in questi casi di maltrattamenti. Basta poco che a pagarne le conseguenze siano i bambini – hanno concluso i due legali – quando basterebbe operare con dati certi piuttosto che su presupposti e convinzioni sbagliati”
INTERVISTE Pasquale Cardillo Cupo e Marco Ianniello, avvocati, e Antonio Perna
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