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Formia / Inter Club, i festeggiamenti per lo scudetto nella centralissima piazza Vittoria

FORMIA – “Insieme si soffre meglio”, l’Inter Club di Formia è nato così, tra consapevolezza e incoscienza. E solo chi è interista può capire. Astenersi rappresenta una perdita di tempo. C’è una Formia neroazzurra che in questi giorni è in festa per la conquista, al termine di un’annata calcistica trionfante, del ventesimo scudetto e della seconda stella. Il club presieduto dall’instancabile Mimmo Iannucci l’altra sera si è riversato in strada dopo la vittoria nel derby contro il Milan. L’ha fatto, nella centralissima piazza Vittoria, “dopo essere saliti in cielo e aver preso la seconda stella. Siamo scesi in strada per farla brillare”. Queste belle parole, a nome dei tanti formiani (e non solo) interisti, le ha preannunciate un’interista che non ti aspetti, la collega giornalista Rai Valeria D’Onofrio.

C’era anche lei , ‘tappezzata” di nero azzurro naturalmente, dai capelli all’ultima unghia del piede, a festeggiare la conquista di uno scudetto che quest’anno aveva – come detto – un sapore speciale per il raggiungimento della seconda stella: “Essere interista è una condizione, anzi una contraddizione, esclusiva. Si tratta – ha subito esordito – di un coincidenza degli opposti che devi saper sostenere. Non è un caso che un interista, a sei partite dalla fine del campionato, con 14 punti di vantaggio, si avvicina alle sfide mancanti come se, per vincere lo scudetto, quei punti li dovesse recuperare e non perdere. È la storia che parla per noi”.

Ed elenca alcune date che un sostenitore dell’Internazionale deve, volendo o nolendo, aver scalfite nel cuore: il 5 maggio del 2002, il 7 giugno del ’64, il campionato 2021-22 con quel gol rocambolesco preso da Radu… “Qualcuno pensa che le squadre siano entità astratte, nomi che vanno e altri che vengono. Io, invece, sono convinta che le squadre e le relative società, abbiano un preciso Dna- ha aggiunto Valeria D’Onofrio – dal quale non si può sfuggire. Energie calcistiche e societarie che si tramandano in silenzio, da campionato a campionato, da rosa a rosa; credenze alle quali è impossibile sottrarsi e che, a volte, ti condannano, ancor prima di essere… condannati”. Con questi presupposti noi interisti sappiamo bene che l’afflato, l’abbraccio dei tuoi ‘fratelli’, è l’unica salvezza che hai e noi, da masochisti, sì, ma sempre lucidi, lo abbiamo capito e abbiamo fatto ‘squadra’.

L’Inter club di Formia è operativo da poco più di cinque, da 13 gennaio 2019, centrando non pochi obiettivi, comportamentali e naturalmente sportivi: “Come club siamo nati – ha aggiunto la collega giornalista – per combattere gli avversari, il fato avverso e la nostra stessa natura autolesionistica, senza aver mai chiaro quale tra tutti sia l’avversario più ostico da battere. Ma alla fine, se ci penso, ci è andata anche bene. Anche se poteva andare meglio”. In cinque anni di esistenza dell’Inter Club Formia “abbiamo goduto di 2 scudetti, di 2 Coppe Italia, di 3 Supercoppe italiane, lasciando per strada un altro titolo, regalato al Milan su un vassoio d’argento, un’Europa League e una Champions, che avremmo potuto portarci a casa, se solo ci avessimo creduto di più. In tutto questo groviglio di emozioni, difetti, epiche sciagure, attimi di splendore e inferi di miseria, noi, però, non ci perdiamo mai, perché abbiamo un dono che manca a tutte le tifoserie rivali: l’autoironia. Il tifoso interista è – tiene a sottolineare Valeria – autoironico, si prende in giro da solo, più e meglio degli avversari. Si fustiga, ride di se stesso. Si consola dei suoi disastri. Dev’essere per questo che, in fondo, è come se non perdesse mai. Le sconfitte sono i nostri trofei, al pari delle vittorie. Ci ragioniamo, ci piangiamo, un attimo prima di riderci su. Siamo gente allegra che Dio aiuta. Irriverenti verso noi stessi, perfino più che verso gli antagonisti. La nostra gioia non è mai contro qualcuno… semmai contro noi stessi. Lo sfottò è cauto, perché sappiamo che è un attimo e potremmo essere dall’altra parte”.

E l’altra sera i festeggiamenti nella centralissima via piazza Vittoria si sono svolti “in una caciara assoluta ma increduli e coscienti, felici ma prudenti. Eh, sì, prudenti, perché siamo talmente scaramantici che manco l’aritmetica ci tranquillizza. Mentre dalla sede del club di Via Divisione Julia scendevamo verso Piazza della Vittoria (avete capito, sì, che nome aveva la piazza?) sono sicura che qualcuno di noi, senza farsi vedere, ha aperto la calcolatrice del suo smartphone per rifare bene i conti, perché… non si sa mai! Magari ci siamo sbagliati e, con 17 punti di vantaggio e cinque partite da giocare ci potrebbero ancora raggiungere… Ecco, questi siamo noi. Questo nugolo di follia che – conclude Valeria D’Onofrio – ad ogni partita si riunisce, prega, impreca, gode, si macera, in una sala che esplode di sentimento, teorie calcistiche, divertimento, recriminazioni. Un luogo della nostra anima nerazzurra in cui ci abbracciamo metaforicamente e fisicamente. Perché ormai lo abbiamo capito tutti che “insieme si soffre meglio”. E ora? “Come dice Graziano Amato, il nostro padre ispiratore, abbiamo un imperativo da perseguire: “Andiamo a fare il 21!” Con garbo, eleganza e l’autoironia colorata di nero e azzurro…”.

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