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Sperlonga / Al via la mostra collettiva su progetto di Paolo Giorgi: “Il labirinto”

Rinnovando la forte adesione della cittadina laziale con il mito, dopo l’esperienza dell’anno passato, il 2023, Sperlonga, il suo Sindaco Armando Cusani, hanno sposato un altro progetto di Paolo Giorgi che, nella doppia veste di autore e curatore, ha ordinato una mostra collettiva con opere di un formato unico, cm. 50×50, su uno dei temi più arcani e suggestivi del mitologema: Il Labirinto appunto.

Il più antico al mondo è quello che, a corredo della propria piramide, come tempio funerario, fece erigere il Faraone Ammenemes III (1842-1797 a.C.) e che già sotto quel nome enigmatico sarebbe stato ammirato nel tempo, da greci e romani. Sorgeva nei pressi del Lago Meride nel Fayyum, e a detta di Erodoto che lo visitò “Io l’ho visto ed è superiore ad ogni descrizione. Se uno mettesse insieme le mura e le opere che i greci hanno compiuto, esse, per lavoro e per spese apparirebbero inferiori a questo labirinto……il quale supera anche le piramidi” così che secondo Plinio, altro testimone dell’immane costruzione, era stato questo di Meride, l’idea e il modello per Dedalo “ma solo per la sua centesima parte”, Dedalo, il costruttore di quello eretto forse come reggia minoica a Creta, presso Cnosso. E qui entriamo nel mito, l’esigenza insita nell’uomo di ordinare la moltitudine di forze e fenomeni che lo circondano, la spiegazione di un rito carico sovente di orrore, come quella che da secoli intangibile, domina per esempio, su questo misterioso complesso, il Labirinto appunto.

Intanto il suo nome: deriverebbe da Labrys, ascia bipenne, e into come luogo? Ipotesi scartata dagli studiosi: a Creta quell’utensile si chiamava wao. Perché i greci micenei, avrebbero dovuto prendere un termine dell’Asia Minore, per un oggetto che un nome suo proprio già lo aveva? Il Labirinto fu in origine anche il palazzo di Pasifae e suo marito Minosse? I genitori di quella Arianna poi divinizzata e mitica istigatrice dell’uccisone del fratellastro il Minos Taurus, il Toro di Minosse? Ma c’era un vasto spazio di fronte al Palazzo, occupato invece da una pista di danza, sorta prima o dopo quella pista, fu anche lei stimolo e modello del Labirinto? Sovente infatti questo è legato alla danza, lui stesso, forse un lastricato di marmo piazzato al suolo con linee del labirinto incise per consentire le evoluzioni guidate di danzatori che si tenevano per mano, addentrandosi nelle spirali di quei segni a terra che vanno verso l’interno come verso l’esterno, tortuosa forma muta e senza tempo, a riprova citiamo Omero. ” ……un recinto per la danza Dedalo a Cnosso costruì un tempo per Arianna chioma bella”.

Il mito invece, reclude nell’inestricabile ridda delle sue stanze e corridoi, l’esecrabile frutto di un amplesso bestiale, Minos Taurus, (Asterione il suo nome proprio), metà uomo con testa taurina. La madre Pasifae lussuriosa, invaghita di un meraviglioso toro bianco, ne vuole essere presa sessualmente e sarà sempre l’esule ateniese Dedalo, l’incarnazione di tutti gli artisti, a costruire stavolta per lei, una sagoma lignea di vacca, nella quale lei possa posizionarsi per essere posseduta dal magnifico toro. L’orrore del figlio che ne nascerà, sarà rinchiuso appunto nel Labirinto, un luogo dove è assai facile entrare, ma difficilissimo sortire. A sanare la tensione dell’incalzare degli eventi, ecco che il mito manda provvidenziale l’Eroe, quel Teseo giovane bellissimo, tributo insieme ad altri coetanei, che Atene deve a Cnosso che l’ha sconfitta, come vittime per il sostentamento del Minotauro.

L’Eroe innamora Arianna che decide di usarlo per uccidere il fratellastro e porre fine a quei massacri gratuiti ed inutili. Sarà sempre Dedalo, per tornare ad uscire dalla sua micidiale costruzione, a consigliare alla coppia, un grosso gomitolo da dipanarsi via via che Teseo procederà nel Labirinto, fino a giungere al cospetto della bestia da sopprimere. Gli amanti in fuga benchè innamorati, si divideranno poi, per altre sorti e destini. L’immagine archetipica del Labirinto, esprime fondamentalmente il cammino della vita? Quella vissuta in modo autentico, quella delle scelte continue che ci sono richieste, tra le diverse indicazioni di percorso e che comporta inevitabilmente errori e deviazioni? Eppure è bastato un filo a sciogliere l’inganno! Ecco che ci sono tutti gli ingredienti per coinvolgere la pittura di figurazione in questo formidabile stimolatore di fantasie e immagini. E così Paolo Giorgi ha “ordinato” questa mostra collettiva nella quale, insieme ad altri colleghi ed ottime pittrici, nella clausola di una misura unica, (una tela di cm. 50×50), indagano, riflettono gli esiti nella nostra contemporaneità, da parte di questo simbolo che graficamente è già seduzione. Non a caso ha parlato di contemporaneità Vittorio Sgarbi che ha titolato un suo prezioso saggio “L’arte è contemporanea”: la pittura non è operazione residuale ma di rara e preziosa, colta manualità, soverchiata oggi dal gran caravanserraglio mediatico dello stupore ad ogni costo.

E allora, oltre a Paolo Giorgi, Salvo Russo, Gioxe De Micheli, Raniero Botti, Luca Morelli, Mario Fani, Aurelio Bulzatti, Sergio Ceccotti, Perini, Mauro Reggio, Simone Piccioni, ecco Alessandra Giovannoni, Daniela Marchetti, Licinia Mirabelli, a noi ho voluto aggiungere l’opera di una giovane disegnatrice di gioielli Beatrice Ferraldeschi, chiedendole di ispirarsi ai pochi straordinari reperti di monete, monili, anelli rinvenuti negli scavi di Creta. La pittura onorerà questo meraviglioso apologo, evocandolo in lavori densi di suggestione che riporteranno alla memoria un argomento di rara potenza e suggestione e da esporre a Sperlonga, cittadina carica di passato, (qui Tiberio aveva una villa che a lungo frequentò), nei suoi prati potevano dimorare quelle Sirene che Circe, nel congedarsi da Ulisse, (ammesso che la sua reggia fosse sul promontorio del Circeo), gli annuncia vicinissime maliose e terribili, appollaiate, perché no, nei prati tra Fondi e Sperlonga appunto, è che è stato lo spunto per la collettiva che vi ho ordinato del 2023. Jorge Luis Borges, accreditato come grande indagatore di labirinti, al termine di un suo raccontino, regala questa sua struggente ipotesi di una lotta che si suppone cruenta “Pensa Arianna, il Minotauro, non si è neppure difeso”.

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