SPERLONGA – La sua figura, di imprenditore senza scrupoli nel settore delle “ecomafie”, fu interpretata da un raffinato Peppe Servillo nel primo Gomorra diretto da Matteo Garrone. Roberto Saviano ha sempre detto di pensare all’avvocato Cipriano Chianese quando il suo best seller diventò la sceneggiatura del film pluripremiato di Garrone. Ora è diventata ufficialmente dello Stato la villa di Sperlonga che, ufficialmente detenuta al 40%, è riconducibile all’avvocato 73enne di Parete, in provincia di Caserta, ritenuto da alcune sentenze passate in giudicato la “longa manus” del clan dei Casalesi per quanto riguarda l’illegale gestione dei rifiuti nella terra dei Fuochi.
La Corte di Cassazione ha confermato il provvedimento di confisca emesso il 23 maggio 2023 dai giudici di appello di Roma a margine del sequestro operato nel lontano 2011 dagli agenti della Dia. Il pronunciamento della Cassazione, nonostante le obiezioni dei legali di Chianese, gli avvocati Emilio Martino e Giuseppe Stellato, scaturisce da un’altra sentenza passata in giudicato nel 2021 quando Chianese, condannato in via definitiva a 18 anni per associazione mafiosa, venne definito parte integrante del clan dei Casalesi. I legali di Cipriano hanno tenuto a sottolineare come la bella villa sequestrata in via Campo delle Monache, nella parte alta di Sperlonga, non molto lontano dall’attuale sede del Comando di Polizia Locale, fosse di fatto di proprietà della moglie dell’avvocato di Parente, la coetanea Filomena Menale, che – a loro dire – l’avrebbe acquistata con i suoi risparmi in contanti 42 anni fa, nel lontano 1982.
E gli avvocati Martino e Stellato hanno anche ribadito la posizione reddittuale della donna, originaria di Teverola, in grado nel corso del tempo di migliorare e riqualificare la blindata e supersorvegliata (un tempo) villa di Sperlonga. Ma la Cassazione, dopo il pronunciamento dello scorso febbraio, non ha creduto a questa tesi. E’ la seconda volta che un bene riconducile all’avvocato di Parete sia finito nella patrimonio immobiliare dello Stato. Il primo ha riguardato l’ex discoteca e ristorante “Marina di Castellone”, in via Tommaso Costa, una traversa secondaria di via Vitruvio nella zona sottostante la strada Litoranea in cui un tempo c’era la sede di Formia del commissariato di Polizia.
L’immobile, un volta confiscato, è stato assegnato dopo una lunga a travagliata procedura al comune di Formia ma versa da anni in un completo e colpevole stato di abbandono.
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