ARCE – Arrestato, processato e assolto in tre gradi di giudizio per essere stato considerato erroneamente il presunto omicida, Carmine Belli è stato l’assoluto protagonista della nuova udienza del processo d’appello per il delitto, avvenuto il 1 giugno 2001, di Serena Mollicone. Il carrozziere di Arce il giorno della scomparsa della studentessa ha dichiarato di aver visto, nei pressi della fermata del pullman davanti il bar Chioppetelle, una ragazza con un ragazzo: “Credo fosse Serena. I due erano rivolti verso la strada, di fianco a me, lui la teneva per un braccio come se lei volesse attraversare la strada ma lui la stesse bloccando”. Per Belli quei due ragazzi avevano la stessa altezza e ha rivelato ai giudici d’appello, che stanno processando Franco, Marco e Annamaria Mottola oltre che Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale, di essere tornato sul luogo del presunto avvistamento “se per caso ci fosse stato un dislivello sulla strada. Si diceva in giro che il ragazzo, dai capelli biondi a spazzola, fosse più alto di lei”.
“La ragazza portava una maglietta rossa e pantaloni neri a pinocchietto” e una borsetta – ha aggiunto Belli. “Serena – ha proseguito- la conoscevo di vista, il papà aveva una cartolibreria dove compravo i blocchetti che usavo per le fatture in carrozzeria”. A non ripetere la versione di Belli è stato, invece, un suo collega di lavoro. Pierpaolo Tomaselli era con lui in auto mentre transitavano davanti il bar ma – secondo il suo racconto – l’avvistamento si sarebbe stato 24 ore prima, il 31 maggio di 23 anni fa. Quel giorno i due artigiani stavano tornando da Isola Liri dove avevano acquistato della vernice. Tomaselli ha evidenziato in aula quanto gli avrebbe detto Belli ‘guarda come piange sta ragazza’ Nel corso degli anni le dichiarazioni rese da Tommaselli sono state diverse: “Ogni interrogatorio per me era una tragedia – ha spiegato – aggiungevo o toglievo qualcosa per farmi credere e per paura di essere indagato”.
Nelle fasi finali del processo di primo grado, che assolse il 15 luglio 2022 i cinque imputati, la Procura di Cassino provò ad ascoltare inutilmente Ramon Iommi, il barbiere di Arce di Marco Mottola. L’uomo è stato citato tra i nuovi testi nel ricorso della stessa Procura contro la sentenza d assoluzione della Corte di assise di Cassino. Ha dichiarato di aver fatto le mèche al figlio del comandante della stazione dei Carabinieri ma non specificando quando, “tra aprile e maggio”.
“Sono certo perché gli misi la carta stagnola in testa e poi andai a fare la barba a un’altra persona” – ha specificato il barbiere. Dopo il ritrovamento del corpo di Serena e, comunque prima dei funerali della ragazza, Marco “venne a casa mia – ha raccontato Iommi – mi chiese se gli potevo tagliare i capelli”. ‘Ma già te li tagli?’ gli chiese il barbiere di Arce e Marco – secondo il suo racconto – gli avrebbe risposto affermativamente perché a “casa non volevano le mèche”. Iommi ha concluso la sua attesa audizione ricordando, inoltre, di aver visto Serena la mattina del 1 giugno del 2001. “Aveva uno stivaletto nero, un fuseaux nero e una magliettina a sfondo rosso. Mi trovavo alla fermata dell’autobus e Serena scendeva verso il bar Calderoni” dove avrebbe preso il pullman per andare a Sora a fare l’orto-panoramica.
La Corte d’Assise d’Appello di Roma ha respinto la richiesta della procura generale di acquisire le sit di Simonetta Bianchi, la barista di Chioppetelle, teste al processo di secondo grado per l’omicidio di Serena. La testimone, affetta da una patologia, ha dichiarato di avere ricordi molto confusi. “I miei ricordi sono confusi, lavoravo al bar Chioppetelle, sono venuti i carabinieri a cercare una ragazza, non erano di Fontana Liri – ha detto Bianchi in udienza – Se ben ricordo c’era anche il maresciallo Mottola, che io conoscevo perché esattamente un anno prima mio padre fece un incidente. Ero al bancone, mi chiesero se avevo visto una ragazza”.
La difesa della famiglia Mottola, attraverso il suo portavoce Carmelo Lavorino, si è dichiarata “soddisfatta dei contenuti e degli esiti dell’udienza di giovedì – ha detto nell’intervista video allegata – Tutto conferma l’innocenza dei nostri assistiti e il fatto che l’impianto accusatorio, già demolito in primo grado e riproposto in appello dalla Procura di Cassino, non regge sotto ogni punto di vista”. Nello specifico Carmine Belli è “stato anche questa volta impreciso, contraddittorio e poco significativo: ammette di avere visto un ragazzo biondo mechato alto circa 160 centimetri che strattonava una ragazza nei pressi del bar Chioppetelle, non riconosce in lui Marco Mottola, insiste nel dire – senza dimostrarlo – che l’avvistamento è dell’1 giugno 2001 e non nel del 31 maggio, anche se per anni (sino al 2018) ha dichiarato che fosse del 31 maggio”.
Il socio Pierpaolo Tommaselli “lo ha smentito dichiarando che l’avvistamento è con totale certezza del 31 maggio”. “La barista Simonetta Bianche ha confermato di non avere visto quel giorno Marco Mottola al bar Chioppetelle. Il barbiere Ramon Iomni ha dichiarato – ha aggiunto il professor Lavorino – che ricorda che in quei giorni ha curato i capelli di Marco Mottola, forse prima del funerale, forse dopo il funerale. In quel periodo molti ragazzi usavano farsi le meches in quanto era di moda e poi togliersele, così come tutti i ragazzi della comitiva che erano presenti al funerale di Serena Mollicone attorno alla bara avevano la maglietta bianca e la stessa capigliatura. Quindi – a dire di Lavorino – l’udienza di giovedì è stata un’ulteriore udienza favorevole alla difesa degli imputati. Il processo non era da celebrare in primo grado, e l’appello non si doveva fare: stiamo sprecando tempo, risorse, attenzioni e piste”.
INTERVISTA video Carmelo Lavorino, portavoce pool difensivo famiglia Mottola