GAETA – Il comune di Gaeta spieghi meglio cosa significhi “Acquacoltura”. Le acque del mare del Golfo “non hanno confini fisici, ma solo amministrativi, talché il loro uso non può prescindere da una concertazione tra i comuni rivieraschi”. La silenziosa pubblicazione nei giorni scorsi sull’albo pretorio on line del Comune di Gaeta degli avvisi di richiesta di rinnovo di alcune concessioni demaniali – le numero 6364, 6365, 6366, 6367 e 6368, tutte attive dal 30 luglio 2009- per svolgere attività di acquacoltura nello specchio di mare di competenza del comune di Gaeta non è passata inosservata all’associazione “Incontro & Confronti” di Formia e a quella della Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine che ha avviato un’azione di pressing nei confronti dell’amministrazione gaetana tra l’imbarazzante ed incomprensibile silenzio di diversi imprenditori turistico balneari del litorale di Vindicio , alcuni impegnati in prima persona con ruoli amministrativi nella Giunta di centro destra al comune di Formia.
“Incontri & Confronti” e la “Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine” ricordano innanzitutto come le cinque concessioni in attesa di essere rinnovate dalla Giunta Leccese “risultano tutte scadute il 31 dicembre scorso. Lo specchio acqueo interessato dai rinnovi, cumulativamente valutato, è esteso per circa 280mila metri quadrati e le richieste di rinnovo, tutte presentate lo scorso 19 febbraio, sono per anni quattro, fino al 31 dicembre 2027”. Le richieste oggetto di osservazioni riguardano “impianti di acquacoltura” ma “si ha ragione di credere che si tratti di impianti di mitilicoltura”.
La differenza non è da poco, giacché la permanenza di questi ultimi (e solo loro) davanti alla spiaggia di Vindicio, ha trovato recente legittimazione nella delibera regionale numero 718 del 14 novembre 2023 che, modificando quella più severa del 2010 riguardante l’istituzione dell’Area Sensibile del Golfo di Gaeta, confermando la presenza degli impianti di mitilicoltura (cozze), prevede la delocalizzazione all’esterno di Punta Stendardo di quelli per gli allevamenti dei pesci, spigole e orate in testa. “Incontri & Confronti” e “Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine” parlano di un “tempismo sospetto” tra la scadenza delle concessioni a favore degli impianti di acquacoltura e la delibera di Giunta regionale del novembre scorso che, proposta dall’assessore regionale all’ambiente di Fratelli d’Italia, l’itrana Elena Palazzo, operava per la prima volta una differenziazione tra gli impianti degli allevamenti delle cozze (che, secondo il Tar, possono rimanere ai loro posti perché non inquinano) e quelli dei pesci.
Le due associazioni hanno sono del parere che se il comune di Gaeta dovesse rinnovare “in maniera generica” le concessioni di 15 anni fa “senza specificare maggiormente le attività da svolgere e senza introdurre condizioni stringenti sulla loro conduzione ambientale commetterebbe un errore”. Ciò essenzialmente per due motivi: le acque del Golfo non hanno confini fisici, ma solo amministrativi e poi perché Il temine acquacoltura, come riporta l’enciclopedia Treccani, comprende la piscicoltura, l’ostreicoltura, la mitilicoltura, etc. …, “per cui potrebbe accadere che, senza variazione di destinazione, si possa passare dall’allevamento di cozze a quello di pesci”.
“Non sarebbe affatto male se Formia, Gaeta e Minturno concertassero le iniziative prima dell’eventuale rinnovo. Come sarebbe utile e trasparente – terminano le associazioni “Incontri & Confronti” e la “Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine” – conoscere in anticipo come intende operare il comune di Gaeta, nelle cui acque ricadono le scadute concessioni“.