CASTELFORTE – Nei primi giorni della settimana la Corte d’appello di Roma farà sapere come, quando e con chi riprenderà, davanti il Tribunale di Cassino, il processo nei riguardi di Giuseppe Molinaro, il 56enne ex Carabiniere accusato di aver ucciso il 7 marzo 2023 con tre colpi di pistola – quattro all’addome ed uno alla mascella destra – il direttore dell’hotel “Nuova Suio”, il 66enne di San Giorgio a Liri Giovanni Fidaleo e di aver ferito gravemente la trentenne di Castelforte Miriam Mìgnano, la donna con il militare aveva concluso una relazione sentimentale.
Lo hanno confermato i legali dell’ex Carabiniere, gli avvocati Giampiero Guardiello e Massimo Tamburrino, dopo che lo stesso Molinaro, imputato con le accuse di omicidio volontario, tentato omicidio, stalking e furto, ha presentato una richiesta con cui ha ricusato il magistrato che lo sta processando con il rito abbreviato, il dottor Salvatore Lo Mastro. Restano top secret le motivazioni alla base dell’istanza di ricusazione di Lo Mastro – sulla quale appunto dovrà pronunciarsi la Corte d’Appello di Roma – ma Molinaro ha denunciato una serie di conflittualità con il magistrato giudicante che, a suo dire – non avrebbe più la necessaria serenità per portare avanti un processo già di per sì delicato a margine di una tragedia che hanno funestato l’esistenza dei componenti di tre nuclei familiari.
La difesa ha fatto sapere come Molinaro non abbia un grado clinico ideale per affrontare e difendersi nel processo. Lo comproverebbero la stessa terapia farmaceutica diagnosticata dal personale medico del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere in cui il 56enne ex Carabiniere si trova recluso ed altre patologie sopraggiunte, alla prostrata e al varicocele. E poi la diagnosi su cui punta la difesa: la depressione. Ne soffriva – a dire dei legali dell’ex Carabiniere – subito la scomparsa della madre avvenuta nel 2020, a causa della quale venne sottoposto ad un visita medico legale che, disposta dall’Arma, avrebbe avuto un esito positivo. Ma ora i legali di Molinaro hanno chiesto il rito abbreviato condizionato allo svolgimento di una perizia psichiatrica anche per quanto avvenne – a loro dire – diversi anni.
Tra il 1999 ed il 2000 Molinaro effettuò ben 530 giorni di malattia per il suo quadro psichico che non era più dei migliori. Un fatto è certo: l’ex Carabiniere avrebbe dovuto rispondere alle domande del magistrato titolare del fascicolo, il sostituto procuratore Chiara D’Orefice ma poi ci ripensò sino a ricusare il giudice giudicante. Questa legittima iniziativa difensiva era stata accompagnata da “stupore e meraviglia” dai legali dei familiari di Fidaleo e di Miriam Mignano, costituitisi parte civile attraverso gli avvocati Raffaele Panaccione, Costanza De Vio e Giuliana De Angelis.