Anche la gestione di un impianto di trattamento dei rifiuti di Cisterna, la Refecta, che esclude “categoricamente ogni suo coinvolgimento nell’inchiesta”, campeggia nella voluminosa ordinanza di custodia cautelare (161 pagine) che, chiesta dai Pm della direzione distrettuale antimafia di Roma, era culminata lunedì mattina con l’arresto ai domiciliari di nove persone ed il sequestro di quattro società e di due milioni e mezzo di euro. Agli indagati, che sono 41 persone fisiche e 9 persone giuridiche, erano state sequestrati due milioni e mezzo di euro nell’ambito di un’indagine su un traffico illecito di rifiuti su scala internazionale avviata cinque anni fa dopo l’incendio che il 23 giugno 2019 distrusse parte dello stabilimento “Mecoris” nella zona industriale di Frosinone.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Roma – che ha ereditato il procedimento penale numero 2956/19 della Procura della Repubblica di Frosinone- ipotizza nel provvedimento cautelare reati quali l’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, smaltimento illecito di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori. Gli accertamenti investigativi della Squadra Mobile e dei Carabinieri Forestali di Frosinone ipotizzarono subito dopo il rogo del 2019 che l’impianto distrutto dalle fiamme fosse gestito da amministratori occulti specializzati a ricevere rifiuti da società campane. Tutti si rapportavano ad un noto imprenditore frusinate, Marcello Perfili, di 70 anni di Castro del Volsci, che sin dal gennaio 2019 “ha sostanzialmente cambiato il core business” della società proprietaria del sito della Mecoris.
Come? Con degli artifici i rifiuti campani ma pugliesi e di altre ragioni del centro sud d’Italia, che non potevano raggiungere il Lazio, eludendo i controlli di legge cambiavano, di fatto, il loro codice identificativo (Eer). Era l’unico espediente grazie al quale i tradizionali rifiuti urbani venivano riclassificati come speciali potendo essere così smaltiti fuori dai confini regionali. E la Dda capitolina ha verificato come fosse duplice il guadagno prodotto: per chi smaltiva i rifiuti (e veniva pagato per lo smaltimento), che cambiavano solo il codice, e per chi li riceveva con il nuovo codice “Cer 19 12 12” che indica rifiuti molto difficili da gestire e costosi da smaltire. Gli inquirenti hanno monitorato per anni i viaggi di questi rifiuti urbani (che tali non erano) che, sprovvisti dalle analisi che accertassero la vera natura, arrivano alla Mecoris di Frosinone per essere sottoposti alle tradizionali operazioni di stoccaggio e senza trattamento.
L’ordinanza del Gip Roberto Saulino è inquietante nel momento in cui ha quantificato i rifiuti erroneamente classificati e successivamente smaltiti, 2550 tonnellate, e ha qualificato l’entità di questo sodalizio, capeggiata da Perfili e da Antonio Annunziata, di 42 anni. Sono considerati i promotori e gli organizzatori dell’associazione e, ora sono finiti ai domiciliari insieme a Maria Aliperti, di 43 anni di Ottaviano, Scilla Gaetani, di 45 anni di Aviano (Udine), a Andrea Papais, di 39 anni di San Vito al Tagliamento (Pordenone), a Riccardo Traversa, 51 anni originario di Terrracina ma residente ad Anzio, a Luana Troiano, di 39 anni di Sparanise, a Paolo Vannuccini, di 62 anni di Gradoli (Viterbo) e a Luigi Verrone, 51 anni di Cancello Arnone.
Secondo l’accusa Perfili ed Annunziata avrebbero utilizzato un capannone ad Aviano, in provincia di Pordenone, in Friuli, gestito da una società in liquidazione, per delocalizzare a centinaia e centinaia di chilometri di distanza le attività svolte fino a quel momento a Frosinone dove sarebbe state stoccate ingenti quantità di rifiuti provenienti da svariati impianti sul territorio nazionali e addirittura rifiuti ospedalieri oltre a quelli organici che venivano riclassificati “come plastica e gomma”.
Dell’inchiesta “Una goccia nel deserto” – così è stata definita dagli inquirenti – sono finiti tre indagati pontini, i più noti dei quali sono i fratelli imprenditori Raffaele e Pasquale Del Prete, di 49 e 52 anni che, residenti a Cisterna e Latina, sono rispettivamente i titolari della “Del Prete Servizi Ambientali srl” e della “Del Prete Waste Recycling srl”, entrambe aventi sede legale a Sermoneta. Il terzo è il 51enne Riccardo Traversa, titolare dell’impianto “Refecta” di Cisterna dove – secondo la Dda di Roma – venivano conferiti senza un corretto trattamento i rifiuti accolti senza i crismi di legga dalla Mecoris di Frosinone.
Il manager si trova ai domiciliari ma in una nota la sua società ha respinto le accuse piovute sull’impianto di cui è stato sinora direttore: “Desideriamo comunicare la nostra totale estraneità alle accuse che ci vengono rivolte – ha dichiarato Traversa – Ribadiamo con forza che la nostra azienda e l’amministratore unico, Riccardo Traversa, hanno sempre operato nel pieno rispetto delle regole e delle norme vigenti”.
Il Gip Saulino nell’ordinanza di arresto ipotizza non poche violazioni di legge: “Non comprendiamo i motivi del nostro coinvolgimento e confidiamo di poter chiarire il nostro operato al più presto, dimostrando la nostra lontananza dai fatti contestati. Da oltre 20 anni operiano nel settore della gestione dei rifiuti – si legge nella nota della Refecta – seguendo procedure e standard che ci hanno permesso di ottenere importanti certificazioni come la registrazione Emas e l’iscrizione nella “white list” della Prefettura di Latina. Perseguiamo obiettivi di sensibilizzazione sulle buone pratiche per il riciclo dei rifiuti e l’economia circolare, anche attraverso campagne informative nelle scuole”.
La Refecta impiega al momento oltre 100 operatori e “siamo costantemente ingaggiati in attività di ricerca e sviluppo in tutta Europa, generando investimenti per il recupero di materie prime seconde ed energia dai rifiuti”. E mentre i legali hanno comnciato a studiare l’ordinanza chiesta dalla Dda in attesa degli interrogatori di garanzia, l’avvocato Massimo Frisseti, legale della “Del Prete Waste Recycling S.r.l.” fa sapere se questa realtà societaria non ha nulla a che fare con la “Del Prete Servizi Ambientali S.r.l.”
“La società, infatti, attiva nel territorio pontino, con la stessa partita Iva, da oltre cinquant’anni ha adottato nel corso del tempo tutti i presidi necessari ad inibire la commissione di illeciti, stanziando ingenti somme per il rispetto della legalità all’interno dell’azienda ed adottando procedure finalizzate ad eliminare il rischio di commissione di reati”.