ARCE – Santino Tuzi non aveva dubbi che la ragazza, entrata e mai più uscita dalla caserma dei Carabinieri di Arce, fosse Serena Mollicone. A dichiararlo giovedì nel corso della 18° udienza del processo d’appello per l’omicidio della studentessa è stato uno dei migliori amici, Marco Malnati, del brigadiere di Sora morto suicida l’11 aprile 2008 prima di ribadire in Procura a Cassino quanto avrebbe visto il giorno, il 1 giugno 2001, del delitto di Serena. Malnati avrebbe ricevuto da Tuzi queste confidenze in un bar che frequentavano poco prima che il Carabiniere rivelasse questo stesso segreto ai Pm della Procura. Santino, che di Malnati era compare, motivò anche la decisione di fare questa confessione sette anni dopo il delitto di Serena: “Avevo paura, ma adesso le figlie sono grandi…Prima non avevo parlato per paura, ma adesso se mi devono ammazzare lo facessero pure…”.
Su invito del procuratore generale e dei legali, Malnati ha prima chiarito perché in passato, davanti agli inquirenti, avesse negato di aver saputo da Tuzi qualcosa rispetto al caso di Serena. L’ha fatto con una velenosa affermazione: “Non ho più fiducia nella giustizia ed anche se non posso dire di aver ricevuto minacce non mi fido più di nessuno”. Giuseppe D’Ammassa si è soffermato in aula su un presunto litigio Tra Serena e del suo presunto omicida, Marco Mottola, in occasione della festa del patrono Sant’Eleuterio, che si tenne alla fine di maggio 2001.
Il teste ha rimarcato come nel processo di primo grado gli fosse stata mostrata una diapositiva di cui non si ricordava un granché: “Ho l’immagine di Marco e Serena che discutono sotto a un arco del paese, ma non riesco – ha puntualizzato – a collocarla con precisione”.
Gli altri due testi dell’udienza, Luigi Germani e Danilo Tomaselli, hanno invece confermato l’esistenza di un giro di spaccio di droghe leggere ma anche di cocaina nei giardinetti di Arce all’epoca dei fatti. Con l’udienza di giovedì potrebbe essere termina l’istruttoria del processo d’appello.
A plaudire alle dichiarazioni di Malnati è stato, al termine dell’udienza, Antonio Mollicone, lo zio di Serena: “E’ stata una persona leale e coraggiosa. Siamo soddisfatti che finalmente qualcuno cominci a dire la verità”.
Di tutt’altro avviso il portavoce del pool difensivo dei tre principali imputati, Franco, Marco e Annamaria Mottola: “Il brigadiere Santino Tuzi, dopo sette anni, ricorda e decide di ricordare di aver visto entrare Serena Mollicone in caserma il fatidico 1 giugno 2001. Però era un segreto – ha dichiarato con un pizzico di ironia il professore Carmelo Lavorino -. non lo aveva detto a nessuno per sette lunghi anni, nemmeno ai familiari di Serena che la sera erano andati a denunciarne la scomparsa in caserma. Non lo disse nemmeno ai colleghi, nemmeno alla moglie, ai figli, al fratello, al prete, all’avvocato…però lo confidava all’amante, al compare, a chissà chi… poi. In modo contraddittorio e incerto il 29 marzo 2008 lo confessò ai Carabinieri e ai Pm però producendo contraddizioni e inverosimiglianze, incertezze e stranezze, poi ritrattò, subito dopo ritrattò la ritrattazione… per suicidarsi tre giorni dopo“.
Giovedì 30 maggio è in programma la requisitoria del Procuratore generale con l’intervento dei legali di parte civile.