FORMIA – Capire chi è Michele Rossi, il presunto autore dell’omicidio dell’avvocato Mario Piccolino è come riavvolgere la pellicola di un vecchio film. Fotogrammi degli anni settanta ottanta e novanta, vissuti in via Vitruvio o piazza Vittoria. Dove destra e sinistra si fronteggiavano abitualmente in un confronto politico serrato.
Di Mario Piccolino si è già tratteggiata la figura in un precedente articolo, spogliata di tanti improbabili fronzoli. Se l’avvocato era un anarchico convinto, il suo antagonista militava tra le file dell’estrema destra. Era membro della sezione del movimento sociale italiano insieme a Melisurgo, Carta, Buffolino, Carpinelli ed altri. Alla dissoluzione del partito non confluì poi in alleanza nazionale, preferendo la fiamma tricolore. E a quegli ideali è rimasto sempre fedele, tanto che la polizia ha ritrovato nel suo studio un busto di Mussolini.
Nato il 24 marzo 1956 a Cellole (Caserta) dove il padre (fratello dell’ex sindaco di Santi Cosma e Damiano e consigliere provinciale Michele Rossi) esercitava la professione medica, ha trascorso la sua giovinezza sui “tubi” di piazza Vittoria, frequentando il liceo classico Vitruvio Pollione. Si presentò alle elezioni sia tra le fila della coalizione a sostegno del sindaco Miele che del sindaco Michele Forte. In nessuno dei due casi fu eletto ma, durante la prima esperienza, ottenne la delega al turismo, caccia e pesca. Passioni familiari che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Da delegato propose anche l’apertura alla caccia nel parco dei Monti Aurunci. Agli inizi degli anni duemila contrasse matrimonio civile con una ragazza di Ventotene. A celebrarlo presso il comune di Formia fu l’amico camerata e presidente del consiglio Gianni Carpinelli. Dall’unione nacquero due figlie.
Imprenditore agricolo, il 59enne aveva dato vita ad un’azienda di olivicultura nel comune di Santi Cosma e Damiano, dove si era trasferito in una villetta ristrutturata con una grande vigna. In paese, si vedeva poco ma a memoria d’uomo non aveva mai avuto screzi con nessuno. Ogni giorno accompagnava una figlia a scuola ma, per il resto, conduceva una vita molto riservata.
Ultimamente la malattia lo aveva però fatto cadere in depressione.Gli amici lo ricordano con una mano malferma che usava sempre nascondere in una tasca. Meditava il suicidio, come risulterebbe da una lettera ritrovata nella sua abitazione. Uno stato di prostrazione di cui si è reso conto anche il magistrato che, insieme al trasferimento nel tribunale di Cassino ha disposto alcune cautele per evitare gesti di autolesionismo.
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