Formia / Successo per l’incontro con il giornalista Sigfrido Ranucci con la presentazione de “La scelta” [VIDEO]

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FORMIA – Rifarebbe tutto quello che ha passato anche con la triste certezza di vivere sotto scorta da anni. Sa di essere il giornalista più temuto in questo momento in Italia, il più querelato (“molte sono richieste di risarcimento danni che hanno avuto e stanno avendo l’obiettivo di fermarmi) ma anche quello che ha fatto sopravvivere – anzi ne ha rilanciato l’importanza e la diffusione – il giornalismo d’inchiesta di cui è diventato un prestigioso marchio di fabbrica. Non c’era un posto a sedere e tantomeno in piedi martedì presso la spaziosa sale Ulisse del centro commerciale Itaca di Formia nell’ambito della partecipata e riuscita presentazione dell’ultimo e fortunato libro, ormai diventato un best seller, “La scelta” (edito da Bompiani) di Sigfrido Ranucci.

L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione “Un’altra città” che, grazie all’ospitalità garantita dalla strutturale commerciale di Santa Croce (il direttore Nicola Luciano ha plaudito a questo evento che ha garantito “un arricchimento culturale grazie ad un scomodo ma prestigioso giornalista”), è stata la simbolica tappa di un interessante progetto sulla legalità avente una data d’inizio, il 23 maggio con la commemorazione della strage mafiosa di Capaci, ed una conclusiva, il 19 luglio prossimo in occasione del 32° anniversario di un altro eccidio di Cosa Nostra, quello di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta.

Sigfrido Ranucci, alla presenza di tantissimi cittadini ma anche di rappresentanti delle locali forze dell’ordine, ha ripetuto a più riprese come le due stragi mafiose siano state determinanti a creare un solco decisivo nella sua vita professionale che, ora nella conduzione della trasmissione di Rai tre “Report”, lo ha portato a svolgere diverse ed impegnative inchiesta sulla strage di Fallujah, sul nesso tra l’uso di armi all’uranio impoverito e i linfomi dei militari impegnati in Bosnia-Erzegovina, sui quadri di Calisto Tanzi e sull’incontro tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini lungo l’autostrada del sole. Quello che emerge da “La scelta” emerge un autoritratto puntuale e maiuscolo di Ranucci che racconta non solo le inchieste, con relativi retroscena e pericoli che ne sono derivati, ma anche aspetti della vita privata e le figure che hanno ispirato la carriera del giornalista, come il padre finanziere e Roberto Morrione, fondatore di Rai news 24. L’incontro è terminato con una rivelazione davvero sconcertante.

Il conduttore di Report ha raccontato di aver prestato soccorso ad un motociclista rimasto gravemente ferito in seguito ad un incidente stradale verificato all’esterno della sua abitazione a Roma: “Gli salvai la vita perché, essendo figlio di un appassionato di motociclismo, sapevo come fare. Venni poi a sapere che quell’uomo albanese, assoldato da un gruppo di narcotrafficanti, era arrivato sotto casa per uccidermi…”.

Ranucci è stato chiaro quando ha ricordato, dai tempi dell’entrata in Rai nel 1990, cosa hanno ispirato la sua coraggiosa e temutissima attività professionale: “Il giornalismo – ha dichiarato nell’intervista video allegata – mi ha insegnato a fare questo: a scegliere. A vagliare ogni cosa senza accontentarsi, guardare ogni immagine fin nei dettagli, ascoltare i silenzi dietro le parole e le parole nascoste nei silenzi, andare verso la luce anche quando quello che si vede fa paura”.

Ma la libertà di stampa in Italia è da anni in forte discussione: “L’articolo 21 della nostra costituzione non gode di buona salute – ha aggiunto – Ci sono 250 colleghi giornalisti che sono sotto tutela per il lavoro che fanno, addirittura 22 sono sotto scorta. Stanno per essere approvate delle leggi liberticide e poi abbiamo il record mondiale di politici che governano i giornalisti. Si potrà invertire la rotta solo quando il Parlamento approverà la legge contro le querele bavaglio, avrà il coraggio di respingere quelle proposte legislative che prevedono addirittura il carcere per i giornalisti che diffondono informazioni illecite, proibiscono di pubblicizzare i nomi delle persone arrestate”.

Se la partecipazione incredibile di Formia ha emozionato non poco l’ospite di “Un’altra città”, Sigfrido Ranucci ha parafrasato in toscano una frase di Indro Montanelli prima di lasciare la sala Ulisse in compagnia della sua scorta: “Se rifacessi tutto quello che ho fatto ? – si è interrogato il giornalista concludendo la sua breve intervista: “E’ certo che sì…anche perché questo è quello che so fa…”.

Ranucci è stato più volte interrotto dagli applausi, davvero sinceri, che gli ha tributato il folto pubblico presente alla doppia intervista curata dal coordinatore politico di “Un’Altra città”, l’avvocato Christian Lombardi, e dall’ex vice sindaco ed ex assessore alla cultura del comune di Formia, Carmina Trillino. Durante la presentazione è intervenuta anche l’ex sindaco Paola Villa. L’ha fatto per ricordare come il conduttore di “Report” abbia ricevuto una menzione speciale nel Premio Ilaria Alpi nel 2004. E la giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio nel 1994 che si era occupata del traffico internazionale di rifiuti che sarebbe partito addirittura dal porto commerciale di Gaeta: “Ilaria Alpi lo conosceva bene il nostro Golfo di Gaeta. Quanto ci manca la sua curiosità, il suo incedere nel fare le domande, le sue interviste esclusive, il suo inseguire le carte, i documenti, i luoghi, il suo non credere mai alle coincidenze. Quel novembre 1993 il Golfo di Gaeta le era piaciuto tanto, diceva ‘qui è estate pure in pieno inverno”.

“Lei aveva chiesto notizie – ha ricordato l’ex primo cittadino di Formia – sulla qualità biologica delle acque del Golfo, e qualcuno mi chiese, perché ero studentessa in scienze naturali e mi stavo occupando dello stato di inquinamento al Porto commerciale di Gaeta, se potevo darle delle informazioni. Ilaria conosceva bene tutte le banchine del porto commerciale, le conosceva meglio di me. Sapeva la spartizione dei traffici tra la mafia siciliana, la ‘ndrangheta, la camorra e la Sacro corona unita. Conosceva le rotte delle navi, il loro nome e tutti gli armatori. In poche ore aveva riempito il suo taccuino di appunti, di numeri, di schemi e disegni. Io e tutti quelli che parlammo con lei capimmo la portata della sua inchiesta. La capimmo dopo quel triste 20 marzo 1994, quando fu uccisa. Tutti sapevano che da giornalista vera, non si sarebbe mai fermata e chissà quante altre inchieste, quante altre domande avrebbe fatto”.

“L’hanno fermata loro con un vigliacco colpo alla nuca in una polverosa e anonima strada africana – ha ricordato la professoressa Villa – Ancora oggi, non sappiamo i veri nomi dei suoi assassini, ma sappiamo che le sue domande scomode, soprattutto quelle fatte tra l’estate 1993 e la primavera 1994, innervosirono molto la criminalità organizzata che interrava i rifiuti tossici illegalmente, gli imprenditori che smaltivano ‘a nero’ i loro rifiuti, pezzi dello stato, tra politici e servizi segreti, che furono complici di tale smaltimento, chiudendo occhi e orecchie. L’omicidio di Ilaria Alpi è un vero omicidio di Stato”.

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INTERVISTA Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore Report