LATINA – Ieri erano di nuovo in piazza della Libertà, a Latina, centinaia di manifestanti uniti nel nome di Satnam Singh, il bracciante agricolo 31enne di origini indiane morto a seguito di un incidente sul lavoro, nel quale ha subito l’amputazione del braccio, e abbandonato nei pressi della sua abitazione, invece di essere soccorso. L’iniziativa di ieri è quella organizzata dall’associazione Comunità Indiana del Lazio insieme con Cisl e Uil, che fa il paio con quella promossa già nella giornata di sabato da Flai Cgil, raccogliendo la partecipazione di istituzioni a vari livelli, nonché protagonisti della politica nazionale.
Al microfono del palcoscenico allestito per l’occasione hanno riflettuto ad alta voce rappresentati politici e sindacali. Tra tutti anche la
Una provincia di Latina che, in effetti questa settimana ha purtroppo tragicamente contato altre vittime sul lavoro, e il cui presidente, Gerardo Stefanelli – anche sindaco di Minturno – si è così espresso: “Sono centinaia i lavoratori migranti ed italiani che sostengono la produzione agroalimentare della nostra Provincia, che solo ora ci appare pervasa dalla piaga dello sfruttamento e dell’illegalità, mentre il caporalato esiste latente sotto gli occhi di tutti. Nel 2015 era stato denunciato da migliaia di braccianti indiani proprio qui, dove oggi oltre a loro, sono riunite anche le istituzioni in segno di cordoglio e di denuncia ferrea ad una realtà che non può più essere accettata. Indubbiamente, la morte di Satnam ha scatenato l’indignazione pubblica, portando anche oggi centinaia di persone in piazza che vogliono denunciare un trattamento così disumano”.
“L’escalation di violenza e brutalità dall’omissione di soccorso, dal sequestro dei telefoni fino all’orrore del braccio
Ed ancora ha aggiunto: “Da quel protocollo sperimentale contro il caporalato sono mancati strumenti a rafforzamento delle procedure di contrasto, l’intensificazione dei controlli e una rete di supporto per i flussi migranti, abbandonati a se stessi e penalizzati da una politica di odio che ci ha fatto perdere di vista la componente umana. È necessario dare un segnale chiaro verso una cultura diffusa che intende ancora il lavoro come sopraffazione e sfruttamento e non come strumento di rivendicazione della propria dignità. Servono politiche assistenziali ai migranti che arrivano nei nostri territori e una stretta decisa contro lo sfruttamento e il caporalato, fatta di controlli stringenti, pene certe e la scrittura di una nuova cultura del lavoro migrante, fatta di diritti, tutele e sicurezza.”