Sperlonga / Hotel “Grotta di Tiberio”: abbattimento o acquisizione, il Consiglio di Stato conferma la decisione

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SPERLONGA – Il condizionale non è un optional: martedì – anche se l’ordinanza è stata resa nota con la pubblicazione 24 ore più tardi – potrebbe essere stato scritto l’ultimo capitolo della quarantennale querelle controversia tecnico-amministrativa e giudiziaria legata all’hotel “Grotta di Tiberio” di Sperlonga. Nonostante un ricorso presentato in Cassazione, la seconda sezione del Consiglio di Stato – come prospettato dal ricorrente, la “Chinappi Aldo Erasmo & C.” – non è tornata sui suoi passi e ha confermato l’efficacia esecutiva di una sentenza, la numero 1188/2024 notificata lo scorso 5 febbraio che, dichiarando per la gran parte abusiva la rinomata struttura ricettiva realizzata nel fazzoletto di terreno tra la strada Flacca ed il mare lungo il litorale di levante di Sperlonga, ha ordinato al comune di avviare ora le procedure per il suo abbattimento o acquisizione al patrimonio e per le revoca delle autorizzazioni commerciali nel frattempo rilasciate.

Lo ha deciso la seconda sezione di Palazzo Spada (presidente facente funzione Giovanni Sabbato, consiglieri Francesco Frigida, Francesco Guarracino, Maria Stella Boscarino e Valerio Valenti) che , al termine di un confronto tra gli legali delle parti in causa, ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla proprietà della struttura ricettiva. E, più precisamente, l’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio e Alfonso Celotto per la proprietà della struttura, Salvatore Canciello in rappresentanza del comune di Sperlonga e l’avvocato Francesco Di Ciollo in rappresentanza dei pugnaci confinanti dell’albergo, Carmine Tursi e Anna Miele.

La proprietà dell’hotel Grotta di Tiberio” aveva chiesto la sospensione della sentenza dello stesso Consiglio di Stato e due settimane fa con un’ordinanza monocratica lo stesso organo della magistratura amministrativa aveva illuso il ricorrente – il suocero dl sindaco di Sperlonga ed ex presidente della Provincia Armando Cusani – circa la possibilità di bloccare l’efficacia della sentenza, sia in considerazione dell’età della controversia che per i paventati problemi economici ed occupazionali che si verrebbero a creare in caso di chiusura dell’albergo. L’avvocato Zaza D’Aulisio, sul piano tecnico-giuridico, aveva di valutare soltanto il requisito del “periculum in mora” che deve essere “considerato, d’intensità maggiore rispetto a quello ordinario, recanti elementi di eccezionalità tanto in punto di gravità della potenziale lesione quanto in punto di urgenza della sua sterilizzazione”.

Il Consiglio di Stato, dopo una breve camera di consiglio, ha rigettato l’istanza della proprietà dell’albergo “rilevato che nel caso di specie non si riscontra una simile evenienza”. E i giudici amministrativi di secondo grado l’hanno a lungo motivato nelle cinque pagine dell’ordinanza firmata dal presidente Sabbato: “L’immobile in questione è stato precedentemente oggetto di sequestro preventivo per quasi sei anni, dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina del 4 giugno 2014 sino all’emissione della sentenza del Tribunale di Latina, sezione penale, n. 811 del 16 marzo 2020 / 1° aprile 2020. L’attività alberghiera è stata dunque interrotta dal sequestro e poi, senza soluzione di continuità è stata interdetta in parte dalle disposizioni emergenziali di contrasto alla pandemia da Covid-19 intervenute nel marzo 2020, con la conseguenza che l’attività economica è stata sospesa per quasi 6 anni e poi fortemente limitata”. Successivamente, in data 9 maggio 2022, è stata emanato l’ordine di demolizione dell’ex dirigente del settore urbanistico del comune di Sperlonga Pietro D’Orazio (ora in servizio al comune di Gaeta), “il che, in assenza di sospensioni dell’efficacia esecutiva del giudice amministrativo, avrebbe dovuto indurre l’interessato a cessare ogni attività e a ottemperare o quanto meno a predisporsi all’attuazione del provvedimento – esecutivo – dell’amministrazione e in ogni caso avrebbe dovuto prudenzialmente indurlo a non effettuare ulteriori investimenti e modifiche organizzative” – è il duro atto d’accusa del Consiglio di Stato.

Se la sentenza di quest’ultimo numero 1188/2024 “non ha mutato il predetto contesto – in quanto i provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado n. 445/2022 (tra cui l’ordine di demolizione del 9 maggio 2022) non sono mai stati sospesi- in seguito allo stesso provvedimento sono intervenuti, tra l’aprile e il maggio 2024, i provvedimenti di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, d’immissione nel possesso del bene da parte del Comune di Sperlonga, la sua acquisizione a titolo originario al patrimonio comunale dell’immobile e della relativa area di sedime, nonché l’inibizione dell’attività alberghiera e di somministrazione di alimenti e bevande”. Considerazioni pesantissime ed inequivocabili a causa delle quali “dal complessivo quadro fattuale e giuridico dell’intera vicenda emerge con chiarezza l’assenza di un’ipotesi di eccezionale gravità ed urgenza, in quanto il lamentato danno economico (la società ricorrente, infatti, ha dedotto e documentato di conseguire ricavi unicamente dall’affitto dell’immobile demolendo e dell’azienda alberghiera in favore della Meraki srl, sicché l’interruzione dell’attività economica causerebbe l’impossibilità di far fronte alle proprie esposizioni debitorie e di riflesso comporterebbe un danno occupazionale, dovendosi interrompere i rapporti di lavoro con i suoi 11 dipendenti) non è eccezionale, bensì preventivabile e derivante dalla condotta imprudente dell’istante.

A prescindere da ogni valutazione sulla fondatezza delle critiche rivolte ai provvedimenti del giudice amministrativo succedutisi nel tempo e a fronte di provvedimenti amministrativi repressivi mai sospesi, il ricorrente avrebbe dovuto adeguarsi spontaneamente a questi atti, provvedendo alla demolizione dell’opera edilizia (l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale è invero il necessario e automatico esito di un’accertata – e non specificamente contestata – inottemperanza agli obblighi derivanti dal provvedimento repressivo) e cessando – come ineludibile conseguenza della demolizione – la sua attività economica, peraltro già compromessa in precedenza a causa dei quasi 6 anni di sequestro preventivo”.

In sostanza “il soggetto imprenditoriale non può dolersi legittimamente dell’urgenza di contenimento di una situazione dannosa da egli volontariamente provocata attraverso la mancata attuazione di ordini amministrativi esecutivi per un lungo lasso temporale”. La difesa della “Chinappi Aldo Erasmo & C.” non si aspettava di leggere questo pesantissimo atto d’accusa nei confronti della proprietà dell’albergo e, per certi versi, dello stesso comune di Sperlonga, accusato, tra le righe, di non aver compiuto un’azione amministrativa impeccabile ed ortodossa.

Nel cuore della stagione turistica il consiglio di Stato ribadisce quanto aveva sentenziato lo scorso febbraio: l’Hotel “Grotta di Tiberio” deve chiudere i battenti ed il comune di Sperlonga, al quale è stato chiesto di notificare l’ordinanza del presidente Sabbato, deve esercitare i poteri competenti e di rispetto dello stesso provvedimento.

Proprio due giorni fa, alla vigilia della camera di Consiglio di Stato che c’era stata davanti la seconda sezione del Consiglio di Stato, il direttivo del Partito Democratico aveva chiesto, quasi con carattere profetico, ai Ministero degli Interni e alla Prefettura di Latina di sostituirsi al Comune di Sperlonga per esercitare il ruolo amministrativo che gli è proprio ma che lo stesso Consiglio di Stato, tra le righe, lamenta un insufficiente rispetto…