Sperlonga / Hotel Grotta di Tiberio, continua senza sosta la guerra legale dopo il Consiglio di Stato

Cronaca Sperlonga

SPERLONGA – La quarantennale querelle, tecnico-amministrativa e giudiziaria, legata alla realizzazione e funzionalità dell’hotel “Grotta di Tiberio” di Sperlonga non poteva terminare – come si paventava – nella giornata di martedì’. La seconda sezione del Consiglio di Stato, respingendo un ricorso del privato, ha confermato l’efficacia esecutiva di una sua sentenza del 5 febbraio allorquando ha ordinato al comune di avviare le procedure per il suo abbattimento della struttura o acquisizione al patrimonio immobiliare dell’ente. A promuovere un’azione di forcing nei confronti dell’amministrazione comunale è stato il legale dei due pugnaci confinanti l’albergo di via Flacca, l’avvocato Francesco Di Ciollo. Per conto dei signori Carmine Tursi e Anna Miele ha protocollato giovedì al comune di Sperlonga la sentenza emessa della camera di consiglio di palazzo Spada con l’intento di farla rispettare.

Che sia un atto una guerra giudiziaria e psicologica lo confermano altre iniziative promossa dalla proprietà dell’albergo. Temendo – come si è verificato – che il pronunciamento del Consiglio di Stato fosse negativo, gli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio e Alfonso Celotto hanno nel frattempo impugnato al Tar del Lazio tutti i provvedimenti amministrativi adottati dal comune dopo la sentenza del consiglio di Stato notificata lo scorso 5 febbraio. Si tratta non solo delle autorizzazioni commerciali rilasciate per la riapertura dell’albergo in vista dell’estate 2024 ma i verbali, del 5 aprile al 18 maggio con cui i vigili urbani, i funzionari dell’ufficio tecnico e soprattutto la dirigente della ripartizione omonima e dell’avvocatura comunale Vittoria Maggiarra verificarono lo stato dei luoghi, il rispetto dell’ordinanza di demolizione della struttura risalente al 9 maggio 2022, l’inottemperanza di quest’ultima e, in conseguenza, l’irrogazione di una pesante sanzione amministrativa pecuniaria.

Quando il 18 maggio arrivarono i vigili urbani per notificare il verbale di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione e allo stato di consistenza, Aldo Erasmo Chinappi, amministratore della società “Chinappi Aldo Erasmo & c Sas”, non sottoscrisse la sua notifica. Gli fu edotto del contenuto dell’atto ma dichiarò “di non sentire” e pertanto non ritirò “in consegna la notifica stesso”.  Ma non è finita. Gli stessi avvocati Zaza D’Aulisio e Celotto hanno presentato nella giornata di giovedì un’istanza di revocazione allo stesso Consiglio di Stato contro la sua sentenza chiedendo un provvedimento monocratico dello stesso presidente, atteso entro la giornata di venerdì.

Insomma si continua a duellare quando i giudici amministrativi l’altro ieri erano stati durissimi: “Dal complessivo quadro fattuale e giuridico dell’intera vicenda emerge con chiarezza l’assenza di un’ipotesi di eccezionale gravità ed urgenza, in quanto il lamentato danno economico (la società ricorrente, infatti, ha dedotto e documentato di conseguire ricavi unicamente dall’affitto dell’immobile demolendo e dell’azienda alberghiera in favore della Meraki srl, sicché l’interruzione dell’attività economica causerebbe l’impossibilità di far fronte alle proprie esposizioni debitorie e di riflesso comporterebbe un danno occupazionale, dovendosi interrompere i rapporti di lavoro con i suoi 11 dipendenti) non è eccezionale, bensì preventivabile e derivante dalla condotta imprudente dell’istante…Il ricorrente avrebbe dovuto adeguarsi spontaneamente a questi atti, provvedendo alla demolizione dell’opera edilizia (l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale è invero il necessario e automatico esito di un’accertata – e non specificamente contestata – inottemperanza agli obblighi derivanti dal provvedimento repressivo) e cessando – come ineludibile conseguenza della demolizione – la sua attività economica, peraltro già compromessa in precedenza a causa dei quasi 6 anni di sequestro preventivo”.

In sostanza il soggetto imprenditoriale “non può dolersi legittimamente dell’urgenza di contenimento di una situazione dannosa da egli volontariamente provocata attraverso la mancata attuazione di ordini amministrativi esecutivi per un lungo lasso temporale”.