Sperlonga / Hotel Grotta di Tiberio: oggi convalida del sequestro e sgombero, intervista a Nicola Reale

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SPERLONGA – Oggi la querelle urbanistica e giudiziaria riguardante l’hotel Grotta di Tiberio ha in agenda subito importanti scadenze, l’una collegata all’altra. Il Gip del Tribunale di Latina sarà chiamato a convalidare o meno il sequestro della struttura alberghiera notificata l’altra mattina dai Carabinieri del Nipaf per la mancata inottemperanza di due sentenze camerali della seconda sezione del Consiglio di Stato che il 5 febbraio avevano ordinato al comune di Sperlonga di avviare la procedura per l’abbattimento o per l’acquisizione al patrimonio immobiliare dell’ente l’albergo di proprietà di Aldo Erasmo Chinappi, il suocero del sindaco ed ex presidente della provincia di Latina Armando Cusani.

Inoltre, su ordine del sostituto procuratore Giuseppe Miliano, il magistrato che ha disposto il sequestro preventivo dei militari del Nipaf, deve essere ultimata la procedura di sgombero dell’albergo. Venerdì erano presenti al momento dell’arrivo dei Carabinieri 66 persone, tra turisti e dipendenti, che – secondo le prescrizioni della Procura – devono lasciare “entro il 1 luglio 2024” la struttura che, nonostante i sigilli apposti, nel fine settimana ha continuato ad operare come se nulla fosse accaduto.

Nel frattempo con due ordinanze monocratiche il presidente della seconda sezione di Palazzo Spada ha rigettato l’istanza degli avvocati Alfonso Celotto e Alfredo Zaza D’Aulisio di sospendere l’efficacia delle due sentenze del 5 febbraio e del 24 giugno per preservare la situazione economico-imprenditoriale dell’hotel e, con essa, gli attuali livelli occupazionali. Il Consiglio di Stato ha rimandato le parti alla sentenza in camera di consiglio fissata al 23 luglio quando dovrà stabilire in via definitiva il prosieguo dell’attività alberghiera- nel frattempo interrotta per volere della Procura di Latina – o procedere – come detto – alla sua confisca e l’annessione al patrimonio immobiliare del comune di Sperlonga.

Ha fatto molto rumore il contenuto di un post della figlia di Aldo Erasmo Chinappi e moglie del sindaco di Sperlonga Cusani, Roberta, che ha evocato addirittura la presenza del demonio dietro le azioni giudiziarie degli ultimi tempi: “Sapete tutti quello che stiamo passando, ormai da venti anni o poco più, non entro in merito alle questioni, chi ci conosce veramente sa – ha scritto la signora Chinappi – L’unica spiegazione logica a tutto questo è la presenza del demonio e di una combriccola di suoi adepti, spinti da gelosie e invidie, privi sicuramente di amore e quindi senza dio. Possiamo solo pregare e chiedo alla mia comunità, a chi ci vuole bene, a chi crede e non, di pregare insieme”.

Il post ha suscitato una valanga di commenti, alcuni dei quali anche ironici. Come quello dell’ex capogruppo consiliare di minoranza del comune di Sperlonga, Nicola Reale, che sempre sui social ha proposto attraverso un referendum popolare di cambiare lo stemma del comune saraceno: “ Oggi dobbiamo prendere atto, come ha avuto il coraggio di rilevare un’insigne cittadina di Sperlonga, che il paese è infestato dalla presenza del Demonio, che sembra abbia anche un nutrito numero di adepti, gente ‘priva di amore e senza Dio’, che semina odio, sofferenze e divisioni. La scioccante rivelazione di questa nuova e tremenda realtà, che permea e condiziona negativamente la vita di Sperlonga, è oggi certamente il principale elemento distintivo del paese. Contro questa presenza luciferina che mette a rischio la serenità, i patrimoni e la stessa vita degli abitanti, la coraggiosa suddetta insigne cittadina ha chiamato a raccolta gli Sperlongani, senza distinzioni di credo politico o religioso”

Dottor Reale lei ha abbandonato la politica attiva da anni, ma in molte sentenze della magistratura sull’hotel Grotta di Tiberio, viene citato il suo nome. Come mai?

“Perché fui il primo a elencare e denunciare le irregolarità dell’hotel. Già dal 2004, alla mia prima esperienza di consigliere di minoranza. Presentai al Sindaco un’interrogazione a risposta scritta per sapere se fosse a conoscenza di quelle che a me sembravano gravi irregolarità compiute sia nel corso del procedimento autorizzativo, sia nel corso dell’edificazione del manufatto. Forse con una certa dose d’ingenuità, pensavo fosse dovere di un consigliere comunale richiamare l’attenzione del sindaco e del Consiglio comunale su una serie di illegalità che danneggiavano l’ambiente e il territorio e che, per di più, sotto il profilo penale, rischiavano di danneggiare lo stesso sindaco. Con lettera protocollata (che ancora conservo) il sindaco mi rispose che a lui non risultava alcuna irregolarità e che se ero a conoscenza di eventuali reati avrei potuto rivolgermi all’autorità giudiziaria. Naturalmente il tono della risposta fu sprezzante, arrogante e sottilmente intimidatorio. Così mi misi a studiare ogni dettaglio del progetto e delle procedure amministrative, trovando conferma a tutti i miei dubbi e, sei mesi dopo, seguendo il consiglio datomi dal sindaco presentai una denuncia alla Procura della Repubblica. Peraltro firmata solo da me perché gli altri consiglieri di opposizione dell’epoca preferirono non essere coinvolti”.

Che senso ha avuto per lei la lunga vicenda giudiziaria relativa all’Hotel Grotta di Tiberio?

“Il senso che chiunque può dare il proprio impegno per una causa che ritiene giusta. Se una persona, grazie al fatto di essere Sindaco e Presidente della provincia, costruisce un mega hotel laddove un qualunque altro cittadino non avrebbe potuto realizzare neanche un ricovero per galline, si pone un problema di giustizia e di difesa del bene comune e della dignità dei cittadini”.

Con quali conseguenze?

“Lasciar passare una cosa del genere vuol dire minare alla radice la fiducia dei cittadini verso la legge, la giustizia, le istituzioni e la politica. So bene che tanti cittadini questo non l’hanno capito, ma una battaglia si fa se la si ritiene giusta, non per conquistare il consenso. Bisogna offrire alla gente esempi di buona politica e di impegno disinteressato, anche se non vengono apprezzati. Le mie possono sembrare posizioni puramente idealistiche, ma poi non lamentiamoci della scomparsa dell’etica nella politica”.

Le chiedo, allora, che significato ha avuto la vicenda dell’hotel per gli sperlongani?

“Gli sperlongani hanno identificato l’hotel Grotta di Tiberio con il Sindaco che lo ha costruito. Non a caso viene normalmente chiamato hotel Cusani. L’albergo è stato visto come il simbolo e la metafora del suo potere personale. Ancora oggi che il Consiglio di Stato ha definitivamente decretato che il complesso è totalmente abusivo e che va abbattuto, ancora oggi che l’hotel è stato sequestrato dalla magistratura e che di fatto è già diventato proprietà del Comune, la gente continua a pensare che i proprietari riusciranno a rientrarne in possesso. Questo sta ad indicare come nella psicologia degli sperlongani sia scolpita l’immagine di un Sindaco più forte della legge. E ciò spiega il totale stato di soggezione in cui il popolo è vissuto per tanti anni. L’albergo è stato un po’ come le statue dei dittatori nei Paesi assolutisti: l’immagine del potere e della forza. E il popolo le abbatte solo quando ha la certezza che quel potere è definitivamente finito”.

Qualcuno, in questi giorni, ha invitato il popolo a pregare contro il demonio e i suoi adepti che hanno diffuso cattiveria, visioni e odio nel paese. Lei si unisce a questa preghiera o ha avuto da obiettare sino a chiedere provocatoriamente la modifica dello stemma del comune di Sperlonga?

“Credo che in questi ultimi 25-30 anni Sperlonga sia molto cambiata in peggio. E’ andato distrutto il senso di essere una piccola ‘comunità’ che condivide non solo lo stesso luogo, ma la stessa storia, la stessa cultura, gli stessi valori fondamentali. Si è perso il senso della solidarietà e dell’amicizia, indispensabile alla coesione di un popolo. Governare un paese non vuol dire cementificarlo, fornirlo di parcheggi o ingabbiarlo in una ragnatela di piste ciclabili che penalizzano la mobilità dei cittadini. Governare un popolo significa favorire i luoghi e le occasioni di socializzazione, sviluppare iniziative culturali, qualificare il turismo e la qualità dei servizi e soprattutto incoraggiare e favorire la partecipazione democratica dei cittadini alle scelte amministrative che riguardano la qualità della loro vita. E’ esattamente quello che non è stato fatto a Sperlonga e questo è fare il male del paese e di chi nel paese vive e lavora. Ma la responsabilità non è del diavolo bensì di uomini in carne e ossa”. 

Dottor Reale, mi perdoni però: lei non è nato e non vive a Sperlonga. Cosa la lega tanto a questo paese e alla sua gente?

Mia madre, nel 1946 aprì la prima farmacia a Sperlonga e io ho vissuto continuativamente a Sperlonga dal terzo giorno di vita fino a quando andai via per intraprendere gli studi universitari. A Sperlonga ho dedicato molte energie alla fine degli anni Novanta, dando vita prima ad un’associazione culturale e poi ad un’associazione di difesa ambientale. Poi nel 2001 fui eletto consigliere comunale e nel 2006 candidato a sindaco e quindi ancora consigliere fino al 2011, quando lasciai la politica attiva. A Sperlonga mi legano soprattutto gli anni della mia infanzia e dell’adolescenza, quando vedevo con quanta dedizione mia madre si dedicava a risolvere il problema di ciascuno”.

E poi?

“Erano tempi in cui quando per strada salutavo le donne anziane che mi rispondevano in dialetto Buona giornata, figlio mio. E io mi sentivo accolto con affetto da ciascuna di loro. Era questo il senso della comunità che oggi non c’è più e di cui sento nostalgia”.