ARCE – “Franco, Marco ed Annamaria Mottola vanno condannati per l’omicidio di Serena Mottola perché, se avessero voluto, avrebbero potuto salvare il 1 giugno 2001 la 18enne studentessa di Arce”. Non ha tradito le aspettative la conclusione della requisitoria dei Sostituti procuratori generali Francesco Piantoni e Deborah Landolfi che martedì ha monopolizzato la prima parte della 21° udienza del processo di secondo grado per il delitto di Serena. I due rappresentanti della Procura generale hanno motivato la richiesta di condanna a 24 anni di carcere per l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola e a 22 anni per sua moglie Annamaria e per il figlio Marco.
Il primo è stato considerato “la persona che ha tenuto il comportamento più grave perché era il comandante della stazione dei carabinieri e avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che questa ragazza morisse” – hanno incalzato Piantoni e Landolfi. La moglie Annamaria ed il figlio Marco invece “non hanno mai ammesso le loro responsabilità e non hanno mai collaborato con le autorità inquirenti“.
Pe la procura generale il delitto di Arce, poi, ha molti tratti in comune con quello di Marco Vannini, ucciso a Roma nell’abitazione della sua fidanzata a causa colpo di arma da fuoco sparato dal padre della ragazza Antonio Ciontoli. “Serena, come Marco, è stata lasciata morire – ha tuonato la dottoressa Landolfi facendo riferimento all’obbligo di “garanzia e di protezione dei titolari dell’abitazione nei confronti di persone da loro ospitate che si trovino in pericolo di vita’ – senza che qualcuno sentisse l’esistenza di chiamare gli adeguati soccorsi“.
Durissima era l’invettiva dei sostituti procuratori generali Deborah Landolfi e Francesco Piantoni nella loro memoria conclusiva: “Marco ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l’obbligo di intervenire…Entrambi i genitori e lo stesso Marco avevano l’obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell’abitazione di cui solo essi avevano la disponibilità e ciò non lo hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo per evitare conseguenze penali ai danni del figlio. Ma, in questo caso, hanno anche deciso di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo ed ogni traccia’’.
L’udienza è entrata nel vivo quando è stata confermata la richiesta di assoluzione per il luogotenente Vincenzo Quatrale e, a sorpresa, è stata invocata la condanna a quattro anni per l’ex appuntato Francesco Suprano.
Per il primo “il fatto non costituisce reato”, per il secondo è stato ipotizzato dalla Procura generale il favoreggiamento dopo che l’ex militare, tra le rimostranze verbali dei suoi legali difensori, gli avvocati Cinzia Mancini ed Emiliano Germani, avevano anticipato la loro volontà a rinunciare all’avvenuta prescrizione dopo aver appreso dalla requisitoria della Procura anticipata e depositata il 21 giugno scorso. “E’ vero che Quatrale aveva una posizione di garanzia perché era presente in caserma e avrà sentito anche il rumore quando Serena è caduta a terra. La caserma non era insonorizzata – ha detto Landolfi – Quatrale si è reso conto che stava accadendo qualcosa di grave e se fosse andato a vedere avrebbe potuto denunciare il fatto. Se fosse successo questo anche lui dovrebbe rispondere di omicidio – ha spiegato – c’è però anche la possibilità che non sia andato a verificare perché non voleva confrontarsi con il comandante salvo poi modificare l’ordine di servizio quindi far risultare che lui e Tuzi non si trovavano in caserma”.
Un assaggio dell’arringa della famiglia Mottola c’è stato con l’intervento dell’avvocato Enrico Meta. Proseguirà nell’udienza monotematica di giovedì 4 luglio mentre il 12, dopo le repliche, ci sarà l’attesa sentenza.
Intanto non si è fatta attendere la replica del portavoce del pool difensivo della famiglia Mottola: “Prendiamo atto di un questo nuovo massacro ordito ai cinque imputati innocenti di questa brutta storia – ha commentato nell’intervista video allegata -. Ma siamo sereni e lo proveremo nei nostri interventi (giovedì interverranno gli avvocati Mauro Marsella, Francesco Germani e Piergiorgio Di Giuseppe) in programma nell’udienza di giovedì. Anche questo processo ha escluso che Serena sia entrata nella caserma dei Carabinieri di Arce nel giorno in cui è scomparsa, che la porta del bagno dell’alloggio sfitto non sia l’arma del delitto e sul nastro adesivo che avvolse le braccia e le gambe della vittima non sono state trovate tracce lignee della stessa porta ed impronte digitali di nessuno dei cinque imputati”
INTERVISTA video Carmelo Lavorino, portavoce pool difensivo famiglia Mottola.