SPERLONGA – Terminate nel tardo pomeriggio di lunedì le operazioni di sgombero dei 70 turisti presenti sulla scorta del sequestro preventivo chiesto dalla Procura di Latina e notificato venerdì scorso, la proprietà dell’hotel Grotta di Tiberio di Sperlonga ha deciso di giocarsi un’altra carta soprattutto dopo che il Consiglio di Stato in due sentenze camerali ha autorizzato il comune ad avviare la procedura di confisca e o di demolizione della struttura alberghiera definita abusiva. Martedì mattina i legali della “Chinappi Aldo Erasmo& C”, l’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio ed il professor Alfonso Celotto hanno impugnato al Tar del Lazio-sezione di Latina (chiedendo il rilascio di un decreto monocratico) tutti i provvedimenti assunti dal comune di Sperlonga all’indomani della prima sentenza emessa, il 5 febbraio scorso, dai giudici amministrativa di palazzo Spada.
Il primo è datato il 5 aprile quando la Polizia locale sottoscrisse e notificò il verbale di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione del 9 maggio 2022, successivo all’annullamento della concessione edilizia numero 5 del giugno 1992 e ai permessi a costruire – uno dei quali in variante – del 2004 e del settembre 2005. La proprietà dell’albergo chiuso lunedì dai Carabinieri ha sollecitato l’intervento del Tar per annullare l’ordinanza comunale del 15 aprile scorso che ha irrogato alla proprietà della struttura una sanzione pecuniaria a seguito del mancato rispetto dell’ordine di demolizione, la comunicazione del 30 aprile in cui veniva sintetizzato un sopralluogo all’interno e, infine, il verbale del 17 maggio scorso di accertamento delle opere edilizie abusive e di immissione in possesso… E cosa succederà ora?
Il sindaco Armando Cusani sarà costretto a difendersi dal nuovo ricorso presentato dalla società capitanata dal suocero, Erasmo Chinappi, che, a sua volta, naturalmente difende la legittimità dell’intero iter seguito per la realizzazione del complesso della via Flacca. “L’albergo (ubicato all’esterno del centro abitato) venne legittimamente edificato nel 1963, mentre gli ampliamenti apportati all’immobile originario vennero legittimati con la concessione edilizia in sanatoria numero 5/1992 rilasciata ex art. 31 della legge 47/1985, alla Tiberiade S.r.l. (all’epoca proprietaria del bene). Successivamente all’acquisto dell’albergo da parte dell’odierna ricorrente (anno 1994), la struttura è stata poi oggetto di interventi di ristrutturazione/riqualificazione assentiti dal Comune di Sperlonga con il Permesso di costruire numero 83 del 1 dicembre 2004, e con il Permesso di costruire (in variante) numero 52 del 23 settembre 2005.
“Questi titoli edilizi per la ristrutturazione/riqualificazione del complesso alberghiero – ricordano Zaza D’Aulisio e Celotto nel ricorso al Tar – vennero rilasciati previa acquisizione di tutti i pareri di legge espressi nel corso delle conferenze di servizi svoltesi rispettivamente il 15 dicembre 2004 (in relazione al primo permesso di costruire), e il 16 maggio 2005 (in relazione al permesso di costruire in variante)”. E invece il comune di Sperlonga, decorsi 30 anni dal rilascio della concessione edilizia in sanatoria numero 5/1992 e oltre 16 anni dall’avvenuta esecuzione dei lavori di ristrutturazione/riqualificazione assentiti con i permesso a costruire numeri 83 e 52, ha annullato in autotutela questi due titoli e ha ordinato la demolizione della struttura il 9 maggio 2022″.
Gli avvocati Zaza D’Aulisio e Celotto contestano la tesi del comune di Sperlonga secondo il quale gli interventi nel frattempo eseguiti “non potevano più essere qualificati di ristrutturazione/riqualificazione, bensì di nuova costruzione, la quale non era consentita dalla strumentazione urbanistica all’epoca vigente”. Secondo l’interpretazione della “Chinappi Aldo Erasmo & C snr” il comune di Sperlonga avrebbe violato l’articolo 38 del Dpr 380/2001:”..Non trattandosi di edificazione ab origine abusiva (in quanto realizzata in forza di titoli all’epoca validi ed efficaci), bensì di edificazione divenuta abusiva a seguito dell’annullamento in autotutela dei titoli edilizi” il comune avrebbe potuto eventualmente applicare una semplice sanzione amministrativa perché “in caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36”.
Insomma la proprietà dell’albergo Cusani torna a rilanciare una sua vecchia tesi: semmai ci fosse stato un inadempimento tecnico urbanistico, avrebbe potuto cavarsela con una multa che potrebbe ancora valutare l’agenzia del demanio… e non la procedura di demolizione. Il comune, a dire del suocero del Sindaco, è stato “del tutto omissivo nella fase esecutiva a qualsivoglia ‘motivata valutazione’. La condotta della Giunta Cusani – è la conclusione finale del ricorso al Tar del professor Celotto e dell’avvocato Zaza D’Aulisio – “lede irreparabilmente gli interessi della Chinappi. Privare un bene al possesso dello stesso proprietario, rappresenta il classico “caso di scuola” di danno grave e irreparabile. Ciò, a maggior ragione, se in detto bene viene svolta (come nella specie) una attività d’impresa che non può essere proseguita in mancanza della sospensione degli effetti del relativo provvedimento. Si consideri, infatti che, per effetto dei provvedimenti comunali, viene a determinarsi l’impossibilità di prosecuzione dell’attività ricettiva e di ristorazione svolta presso l’immobile in questione, con conseguente danno sofferto a causa della perdita/dispersione del patrimonio aziendale di persone e mezzi, nonché dell’avviamento”.
Il ricorso poi sottolinea come sia cambiata la gestione dell’albergo: è stata esternalizzata con un contratto di affitto d’azienda alla Meraki srl: “Infatti, la gestione dell’ ‘azienda Chinappi’ da parte della Meraki srl costituisce uno dei tipici modi consentiti dall’ordinamento per l’esercizio dell’attività, e l’impossibilità di detto esercizio si ripercuote direttamente sulla ricorrente sia in termini di depauperamento del proprio bene aziendale (concesso in affitto), sia in termini di conseguente impossibilità di ricevere il canone di locazione, necessario per poter adempiere agli onerosi mutui contratti per l’attività comportanti un debito ammontante ad oggi ad euro 1.644.937,79 per capitale residuo. Si aggiunta inoltre il danno riflesso che dalla mancata sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati deriverebbe al personale impiegato presso la struttura alberghiera. Laddove dovessero cristallizzarsi gli effetti degli atti comunali, essendo impossibile lo svolgimento dell’attività alberghiera, sarebbe interrotto il rapporto di lavoro con i dipendenti, con danni occupazionali gravi e irreparabili per i lavoratori (sono 11) e i relativi nuclei familiari, i quali si ritroverebbero privi nel sostentamento necessario a far fronte alle proprie esigenze di vita”.
E nel ricorso al Tar, infine, vengono prese il prestito le parole utilizzate dal Presidente della seconda sezione del Consiglio di Stato che con il decreto cautelare numero 1191/2024, “si è in presenza di attività provvedimentale capace di arrecare una “irreversibile incisione sull’equilibrio economico-finanziario della stessa società, nonché sugli asset occupazionali e tenuto conto altresì dei prospettati danni derivanti dalla irreversibile interversione dell’assetto dominicale connesso ai provvedimenti di acquisizione gratuita dei cespiti al patrimonio comunale”.
Insomma la controversia a colpi i carte bolle prosegue ..nel “cuore” della stazione turistica con il comune nella fase in cui è “impedita ogni attività alberghiera …ed il turismo del litorale sperlongano, così come quello dei limitrofi comuni costieri, è prevalentemente balneare). Si tratta di un’attività imprenditoriale connessa ad una complessa organizzazione aziendale di maestranze e mezzi, – concludono Zaza D’Aulisio e Celotto motivando la richiesta del giudizio monocratico “l’udienza collegiale (salvo errore) non può essere fissata prima della metà del mese di settembre p.v., a stagione turistica pressoché terminata” – pèerchè sembra ricorrere l’ipotesi tipica di un danno di “estrema gravità ed urgenza” che non consente di attendere l’udienza cautelare”