GAETA – Il caso non è chiuso. Era stato annunciato subito dopo la sentenza della prima sezione della Corte d’appello che, ribaltando il verdetto del 24 marzo 2023 del Tribunale di Cassino, aveva prosciolto da gravi e circostanziate accuse gli vertici dirigenziali della cooperativa edile “Mila” di Gaeta. Per un mero e beffardo gioco del calendario mercoledì è approdata – questa volta davanti la prima sezione del Tar del Lazio sezione di Latina – l’infinita e complicata querelle amministrativa e giudiziaria riguardante la gestione della coop edile di Gaeta. Il nuovo presidente del consiglio d’amministrazione Erasmo Valente, in rappresentanza dei quasi 30 soci della “Mila”, chiedeva, attraverso un ricorso presentato dall’avvocato Luca Scipione, l’annullamento del decreto del neo dirigente del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha deciso di commissariare, sostituendo di fatto lo stesso consiglio di amministrazione, la stessa cooperativa “Mila” di Gaeta, molto impegnata – come detto – nel settore dell’edilizia residenziale pubblica.
A sollecitare la proposta di nominare un commissario di governo erano state le ispettrici ministeriali Margherita Di Lorenzo e Maria Antonietta Conte al termine di una visita commissionata dopo la bufera giudiziaria che aveva investito la cooperativa edilizia gaetana La nomina commissariale c’è stata il 29 febbraio scorso per sostituirsi, attraverso il dottor Kris Pino Cherubini, al nuovo Consiglio di Amministrazione regolarmente in carica “per trovare risoluzioni di tipo transattivo”. Il presidente Valente ha impugnato sia la prima nomina di Cherubini che la successiva proroga disposta, dopo tre mesi, il 29 maggio scorso, dallo stesso direttore generale del Ministero del Made in Italy. Nel frattempo il Tar nell’udienza monocratica del 10 aprile scorso ha rigettato la richiesta di sospensiva presentata dall’avvocato Scipione rinviando la discussione nel merito nell’udienza del 10 luglio. Ma c’è stato l’immancabile colpo di scena.
Il presidente Riccardo Savoia, lo stesso magistrato che aveva negato ad aprile la concessione della sospensiva, ha rinviato la discussione del ricorso del Cda della “Mila” al 10 dicembre dopo che l’avvocato Scipione ha preannunciato la richiesta di voler presentare elementi aggiuntivi che – secondo quanto è trapelato – vertono su un caposaldo difensivo: il commissariamento del governo della cooperativa è illegittimo. Nella migliore delle ipotesi doveva terminare alla fine di maggio e non avrebbe dovuto beneficiare – come avvenuto – di una proroga di tre mesi che, sgravata dei termini feriali, terminerà la sua efficacia in autunno. Prima del pronunciamento del Tar il 10 dicembre 2024. Naturalmente davanti al Tar (il Ministero del Made in Italy non si è costituto attraverso l’avvocatura dello Stato) mercoledì c’è stata bagarre tra l’avvocato Scipione da una parte e i legali dei vecchi soci della “Mila” costituiti in giudizio a difesa del commissariamento governativo della cooperativa attraverso il professor Manlio Formica, Chiara Di Nitto, Alberto Barbaro, Deborah Sparagna e Angela Valente.
Questo ricorso davanti il Tar c’è stato – come detto – all’indomani della sentenza della Corte d’appello che ha ribaltato il contenuto della durissima sentenza del Tribunale di Cassino del 24 marzo 2023. Il collegio (presidente Assunta Tillo, a latere Marco Gioia e Maria Cristina Sangiovanni) condannarono l’ex presidente della coop Almerino Norcia ( imputato di false comunicazioni sociali) e la sua “vice” Claudia Guarnaccio rispettivamente a due e ad un anno di reclusione con l’accusa di essersi appropriati della somma di 408mila e 990 euro ai danni della cooperativa di cui erano i vertici. Il Tribunale di Cassino accolse la tesi accusatoria del sostituto procuratore Alfredo Mattei rimarcando la circostanza in base alla quale questa distrazione di fondi sarebbe stata compiuta – e l’avrebbe accertato il gruppo di Formia della Guardia di Finanza – per saldare debiti personali contratti nel quadriennio 2013-2017 e per affidare una consulenza ad una società compiacente. Lo stesso Tribunale di Cassino aveva sentenziato un risarcimento danni a favore della “Mila” con una provvisionale di 50mila euro e con il pagamento di tutte le spese legali e processuali. E il colpo di scena c’è stato – come detto – davanti la Corte d’Appello dove è stato discusso il ricorso dei due imputati. Gli avvocati Arcangelo Campilongo, Vincenzo e Matteo Macari in una lunga e dettagliata memoria avevano ricostruito la storia trentennale della cooperativa “Mila”, una realtà economico-imprenditoriale ed occupazionale capace di creare negli ultimi 15 anni ben 34 alloggi nei quartieri “Calegna” ed “Eucalipti” di Gaeta, tutti regolarmente terminato nei tempi e costi previsti e consegnati ed abitati dai rispettivi soci.
Se il Procuratore generale aveva accolto la tesi difensiva circa l’intempestività della querela sporta dal nuovo presidente della coop Erasmo Valente per conto di sei soci chiedendo la proporzionale riduzione di pena, la parte civile aveva insistito per la integrale conferma della sentenza di condanna espressa in primo grado quasi un anno e mezzo fa Di diverso avviso sono stati i legali dei due imputati, demolendo punto per punto l’originario castello accusatorio, articolato in più capi di accusa. Dopo una camera di consiglio durata anch’essa oltre due ore, la Corte d’Appello di Roma, recependo pressoché totalmente le richieste dei difensori, aveva emesso la propria sentenza, ribaltando integralmente quanto deciso dal Tribunale di Cassino, disponendo il proscioglimento di Norcia dalle accuse di cui era imputato oltre alla assoluzione a carico della ex vicepresidente della Cooperativa Guarnaccio.
Ora i soci dovranno restituire le somme, nel frattempo versate dalla Guarnaccio quale parte civile in quanto – come detto – le statuizioni civili sono state integralmente revocate a carico degli imputati. Ad offrire sui social una diversa interpretazione sull’esito del processo d’appello è stato il presidente “commissariato” della cooperativa Mila, Erasmo Valente: “Il signor Norcia ed la signora Guarnaccio non sono stati assolti per non aver commesso il fatto ma solo per l’avvenuta prescrizione e per un presunto vizio di procedibilità per la tardiva presentazione della querela. Tradotto – ha punzecchiato Valente – il reato è stato commesso ma non è punibile penalmente. Restano tutti i procedimenti civili che non si prescrivono. Quando saranno depositate le motivazioni della sentenza d’appello si valuteranno – ha concluso – tutte le eventuali azioni”.