ITRI – I dati e i numeri sono carenti per difetto: 53 dischi, 16 milioni di copie vendute, 100 fans club e 150 cover band esistenti in ogni angolo d’Italia. E poi 7500 concerti svolti e due milioni di chilometri percorsi. Con quale obiettivo: alimentare un verbo o un sostantivo che resta l’elemento comune denominatore delle loro vasta, infinita, datata e attuale produzione discografica: la speranza. Cresce, e a ragione, l’attesa per uno dei gli eventi musicali – completamente gratuito – dell’estate 2024 sul territorio del sud pontino: il concerto dei Nomadi, il gruppo più longevo al mondo dopo quello dei Rolling Stones, che il 22 luglio prossimo, alle ore 22, in piazza Gianni Rodari ad Itri costituirà il prestigioso epilogo della sempre ricca programmazione della festività in onore della Madonna della Civita, la patrona del centro urbano e dell’intera Arcidiocesi di Gaeta.
Si tratta di un evento religioso e devozionale nei confronti della Vergine Nera (secondo la leggenda furono due monaci basiliani a mettere in sicurezza quella immagine sacra arrivata su un’imbarcazione sulle coste del Golfo in fuga da Costantinopoli da una certa violenza iconoclasta) ma anche un momento di fortissima e genuina aggregazione che richiama da sempre ad Itri migliaia e miglia di fedeli e turisti anche dalle province e regioni limitrofe. L’esibizione gratuita dei Nomadi sarà il momento più bello del definitivo rilancio, dopo la fase emergenziale legata al Covid, di una festa della cui organizzazione si occupa un poliedrico comitato presieduto, a quattro mani, dal parroco di Itri, don Guerino Piccione, e dall’avvocato nonché ex sindaco aurunco Antonio Fargiorgio.
Il concerto di piazza Rodari del 22 luglio prossimo sarà un irripetibile e doveroso ringraziamento nei confronti di una band che, nata casualmente da un fortuito incontro nel lontanissimo 1963 in una balera di Novellara tra il magrissimo Augusto Daolio ed il paffuto Beppe Carletti (del gruppo iniziale fecero parte sino al 1969 anche il bassista Gianni Coron ed il chitarrista Franco Midili) deve al suo nome la sua stessa essenza: il destino avventuroso e mutevole del gruppo. Per la musica italiana i Nomadi rappresentano molto di più un punto di riferimento e di una colonna riuscendo – caso unico e raro – a rendere vincente l’incontro tra il pop, il rock, il folk e la musica d’autore. Il quid” si è rivelato essere la collaborazione iniziata nella seconda metà degli anni sessanta con un semisconosciuto Francesco Guccini. Dell’iniziale band è rimasto il solo Beppe Carletti alle tastiere, fisarmonica e cori – gli altri componenti sono Cico Falzone alle chitarre e cori, Domenico Inguaggiato alla batteria, Massimo Vecchi, Sergio Reggioli al violino e voce e Yuri Cilloni – e la peculiarità di questa formazione, capace di avere nei suoi 80 concerti tenuti all’anno in tutta Italia un “popolo nomade” formata da bambini, genitori e nonni, è stata quella di rendersi “open” anche a causa di un destino a volte non certamente benevolo.
E’ il caso dell’annus horribilis 1992 quando i Nomadi persero in pochi mesi a causa di un incidente stradale il bassista Dante Pergreffi (a lui venne intitolata la celeberrima “Una canzone per un’amica”) e per un male incurabile , a soli 45 anni, quel cameriere magrissimo incontrato nella balera di Novellara. La scomparsa di Augusto Daolio poteva rappresentare per una qualsiasi formazione musicale l’inizio …della fine e invece l’intramontabile Beppe Carletti ha deciso di rilanciare il gruppo attraverso le parole e i testi dei brani scritti ed incisi . Affrontano temi disparatissimi come la guerra, la povertà e l’inquinamento ma il bagaglio dei Nomadi è rimasto leggerissimo come una piuma avendo tre “mission” da portare avanti nel corso dei decenni: l’amore, l’amicizia (“quella vera” tiene sempre a sottolineare Carletti) e la speranza in un mondo migliore. E’ un concetto espresso in un brano scritto nel lontano 1965 dal quasi anarchico Francesco Guccini, Dio è morto.
Il testo su ispirato al poema di Allen Ginsberg “L’urlo” mentre il titolo al mito di Friedrich Nietzsche sulla “Morte di Dio”. La genialata del duo Daolio-Carletti – il testo fu inciso nel 1967 insieme a Caterina Caselli – fu quella di inserire a quel dirompente (e apparentemente blasfemo) 45 giri il sottotitolo “Se Dio muore, è poi per tre giorni risorge”. Non servì per i severissimi e democristiani dirigenti della Rai che decisero di mettere al rogo quel disco. Il vero rivoluzionario fu il papa dell’epoca, il bresciano Giovambattista Montini, che autorizzò Radio Vaticana a mandare in onda quel 45 giri per poi farsi immortalare nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo mentre gli emiliani Beppe Carletti ed il capellone Augusto Daoliio – già questo era sinonimo di un profetico anti conformismo – gli regalavano il 45 giri hit di quell’estate..appunto Dio è morto”.
A papa Paolo VI piacque l’ultima strofa e non è un caso che i Nomadi, allora come dopo oltre 60 anni, vengono invitati ad allietare le feste religiose di piazza, piccole e grandi che siano: “Ma penso che questa mia generazione è preparata ad un mondo nuovo e a una speranza appena nata ad un futuro che ha in mano a una rivolta senza armi/ perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge in ciò che noi crediamo dio è risorto/in ciò che noi vogliamo dio è risorto/ nel mondo che faremo dio è risorto”.
“Guai a perdere la speranza” è il monito che ha efficacemente sintetizzato don Guerrino Piccione nell’invito a partecipare ai festeggiamenti in onore della madonna della Civita che avranno due momenti di fortissima devozione venerdì 19 luglio alle 19.15 con l’apertura della nicchia, il trasporto ed la processione con il busto argenteo della Vergine sino alla chiesa di San Michele e (domenica 21 luglio, alle ore 9) la solenne processione lungo le vie e strade principali di Itri. “Pensiamo a quanta speranza i due monaci basiliani avevano in cuore – ha scritto il sacerdote – e con quanto amore trepidazione guardavano la Madonna bruna per essere confortati in quel difficilissimo momento. Penso che ange oggi per noi e tante parte di umanità avvena la stessa cosa: guerre sempre più minacciose, difficoltà economiche e sofferenze fisiche e morali rischiamo di togliere la speranza e di paralizzare”.
Manca l’ufficialità ma sul palco di piazza Rodari potrebbe esibirsi anche una giovane e promettente artista di Formia. Si tratta di Camilla Pandozzi che nella sua carriera musicale ha collaborato anche con il “talent scout” Beppe Carletti con il quale ha partecipato anche ad alcune trasmissioni televisive. Ma i riflettori del concerto di Itri serviranno anche per rinvigorire la memoria sull’opera e la figura di Augusto Daolio a 32 anni dalla sua morte. Il cameriere “come un grissino” di Novellara chiudeva i concerti con una celebre frase, “E’ stato veramente bellissimo”.
E lo sarà anche quello di Itri. Non potrà essere diversamente.