FORMIA – “Perché mi candido? Me lo chiede quella componente moderata di una città che, grazie a questa caratteristica, le ha permesso di diventare nel secondo dopo guerra una delle comunità più importanti ed influenti della provincia di Latina”. Coraggio ed audacia ma anche generosità e senso di responsabilità: sono stati questi alcuni dei prodotti di fabbrica dell’avvocato Francesco “Checco” Rubino , scomparso giovedì all’età di 95 anni dopo una lunga malattia. In queste ore è innanzitutto in lutto l’intera avvocatura della provincia di Latina e, in particolare, di quella del sud pontino. L’avvocato Rubino ha rappresentato – senza alcun dubbio – una delle colonne portanti della tradizione forense del Golfo unitamente agli avvocati formiani Alessandro De Meo e Filippo “Pippo” D’Urgolo, al Senatore di Gaeta Erasmo Magliozzi e agli scauresi Guido Gargiulio e Vittorio Signore.
Questo sestetto “borbonico” era molto temuto nel palazzo di giustizia di piazza Buozzi e, in particolare, l’avvocato Rubino, oltre alla sua infinita preparazione culturale e cultura romanista (non c’entra per niente il tifoso per la squadra di calcio), si è sempre fatto apprezzare per il suo comportamento e per il suo stile, decisamente “british”, che metteva in mostra quando indossava la toga o quando, in giro per Formia, si faceva chiamare bonariamente e amichevolmente “Checco”. L’avvocato Rubino amava tanto Formia. Il suo cognome, antico e popolare, lo ha portato anche ad intraprendere con la sua famiglia e con suo fratello a servirla anche sul piano imprenditoriali.
Un esempio su tutti? La gestione di due strutture cinematografiche, il Caposele ed il Miramare, che hanno rappresentato tantissimo in tema di crescita culturale, aggregativa e sociale nel secondo dopo guerra. L’avvocato Rubino avrebbe voluto servire la città anche sul piano politico ma sotto questo profilo è stato un tantino sfortunato. Agli albori della seconda repubblica l’esperienza, umana e politica, della Democrazia Cristiana stava conoscendo i suoi titoli di coda. Era il 1993 quando, dopo l’eco degli scandali giudiziari che avevano trasformato il palazzo municipale in un fortino militarizzato a fronte di una pioggia di inchieste che non avrebbero portato…a nulla, la Dc non sapeva quali pesci pigliare. Il centro sinistra che stava anticipando di tre anni la nascita a Formia dell’Ulivo un candidato l’aveva scelto attraverso le primarie di coalizione e la scelta cadde sul neuropsichiatra infantile Sandro Bartolomeo. Avrebbe vinto con il suo “Progetto per Formia” le prime amministrative del voto diretto dei sindaci ma non si fidava di questo avvocato tanto educato…Si racconta che a chiedere all’avvocato Rubino di “fare questo sacrificio” fu l’ex sindaco e futuro senatore Udc Michele Forte.
La risposta non fu accompagnata da alcun tentennamento: “In questa città – ci dichiarò in un’intervista di 31 anni fa l’avvocato Rubino – anche dopo un violento temporale esce sempre il sole”. Ma stava arrivando la rivoluzione delle urne e a mettere definitivamente all’angolo quell’esperienza politica iniziata nel 1948 fu il primo sindaco post comunista della storia, il dottor Sandro Bartolomeo. Il 21 novembre 1993, dopo un lunghissimo e drammatico commissariamento del comune, l’ex consigliere comunale eletto nel 1980 nelle file del Pci ottenne 9628 voti contro i 5359 dell’avvocato di Vindicio. Ci fu il ballottaggio quindici giorni più tardi ed il 5 dicembre di 31 anni fa Bartolomeo con il vento davvero in poppa maramaldeggiò con 14973 preferenze (pari al 75,20%). “Checco” Rubino fece peggio del primo turno – 4949 voti pari al 24,80% – ma con l’onore e l’educazione delle armi dichiarò che la città aveva deciso e aveva scelto in quel momento “il migliore”.
Furono dichiarazioni davvero vere e sincere e, nel giorno della morte dell’avvocato Rubino, a rendergli un altro onore è il candidato sindaco che lo sconfisse il 5 dicembre 1993, Sandro Bartolomeo: “L’avvocato Francesco Rubino , rappresentante di una storica famiglia cittadina, è stato mio competitore nelle elezioni amministrative del 1993 – ricorda il quattro volte sindaco di Formia – Fummo protagonisti di un confronto serio, civile nei modi e nei toni , nonostante lui rappresentasse un partito, la Dc, che attraversava una profonda crisi interna. Ho anche cercato, da Sindaco, di realizzare un sogno che tanti formiani auspicano: l’acquisizione al patrimonio pubblico della cosiddetta Villa di Cicerone. Acquisita la disponibilità economica della Regione Lazio e del presidente Marrazzo, ne discutemmo in un incontro nella sua bella casa sovrastante la Villa , e mostrò di essere favorevole a questa soluzione. Alcune difficoltà familiari hanno impedito che ciò avvenisse ma posso testimoniare che Checco avrebbe volentieri facilitato questa importante acquisizione. Personalmente ne ho un ottimo ricordo , come uomo e come professionista, e sono vicino a tutti i suoi familiari in questo momento doloroso”.
Parole di cordoglio sono arrivate da tanti avvocati del Golfo che lavorano presso i tribunali di Cassino e di Latina. A sintetizzarle magnificamente è l’attuale presidente dell’ordine forense del capuologo pontino, l’avvocato Giovanni Lauretti: “Per questioni anagrafiche non l’ho frequentato ma – ha commentato – sentendo diversi colleghi del sud pontino affermo che l’avvocato Rubino aveva effettuato un trapianto epidermico nel senso che la sua unica pelle è sempre stata la toga che ha sempre indossato con correttezza, professionalità e competenza”.
I funerali dell’avvocato Rubino si svolgeranno venerdì 26 luglio, alle ore 15.30, presso la chiesa parrocchiale della Madonna del Carmine in via Rubino a Formia. Alla sua famiglia giungano le più affettuose condoglianze della nostra redazione.
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