FORMIA – L’ex sindaco di Formia, il compianto Michele Forte, inizialmente aveva avuto – forse a causa di una superficiale e ingenua conoscenza della materia e delle sue innegabili prospettive a favore del turismo – un rapporto contrastante con quelle che (sempre in totale buona fede!) aveva definito “pietre nere”. Nel suo colorito ma simpatico glossario erano i reperti archeologici. Li aveva definiti così quando il Comune fu posto davanti ad un dilemma: se sostenere con gli organi competenti superiori (Soprintendenza, Regione ed il Ministero) la scelta di avviare una campagna di scavi per portare alla luce che è l’anfiteatro romano in via Lavanga a Formia. L’ex sindaco, che sapeva anche chiedere scusa quando eccedeva (sempre in buonafede), cambiò idea e, sotto i suoi mandati, amministrativi e parlamentari, decise di dare un senso, anche sul piano funzionale ed economico, a quelle che aveva definito “pietre nere”.
E alcune di queste furono parti integranti dell’attuale area archeologica Caposele, il cui recupero iniziò con
Se il compianto sindaco Forte fosse stato sabato nelle pertinenze dell’area archeologica si sarebbe arrabbiato e…a ragione. Quanto avrebbe visto è ora materia di una petizione popolare di molti frequentatori della stessa area archeologica. Il contenuto dell’iniziativa è di poche righe ma a destare clamore e perplessità è il book fotografico allegato che ha un destinatario ben preciso: la Soprintendenza archeologica alla quale l’amministrazione comunale di Formia ben presto dovrà fornire non poche spiegazioni alla luce di un paradosso che è comico e tragico allo stesso tempo. Mentre i carroattrezzi convenzionati facevano la spola per rimuovere prima dello spettacolo quotidiano auto in presunto divieto di sosta (quando esiste una prescrizione dello stesso Comando di Polizia Locale che destina questi stalli ai carrelli che trasportano barche ma solo in occasione di regate veliche), diverse auto magnificamente sostavano all’interno dell’area archeologica, la stessa che diverse istituzioni pubbliche, grazie al danaro dei contribuenti, avevano portato alla luce per una pubblica fruibilità.
La petizione dei cittadini ora chiede di sapere se la Soprintendenza sia o meno a conoscenza di quanto avvenuto – ma le foto sono purtroppo reali – e quale tipo di raccomandazione abbia o meno fornito al comune di Formia è il solo ed esclusivo custode. La leggerezza (o superficialità) è stata compiuta ai danni di quel selciato romano a favore del quale la stessa Soprintendenza aveva chiesto di calpestarlo con calzature appropriate.
E invece sabato sera si è verificato il contrario che sicuramente diventerà l’ennesimo gioco, tipicamente formiano, dello scaricabarile. Ma con una particolarità che la dice lunga su come la gestione della cosa pubblica in città sia preoccupantemente cambiata in peggio. Se il compianto sindaco Forte ebbe il coraggio, il buon senso e la responsabilità di chiedere scusa per avere dileggiato quelle che aveva definito “pietre nere”, i vertici dell’amministrazione Taddeo avranno il coraggio, il buon senso e la responsabilità di fare altrettanto?
E’ più facile che la schiena di un cammello passi nella cruna di un ago. Purtroppo.