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Formia / “Il muro che vorrei…” il momento di “heart-art” dell’ass.”Il piccolo principe” nel parco De Curtis

FORMIA – I muri nascono per delimitare e finiscono, di conseguenza, per escludere. Per qualcosa o qualcuno rimanere fuori è più di un rischio ed è difficile immaginare di scegliere proprio un muro per parlare o meglio, praticare, l’inclusione. Eppure è l’opportunità sfidante che ha colto l’associazione “Il piccole principe” tra le tante che hanno animato la terza edizione del “Formia Kids Festival” –  all’interno del Parco “Antonio De Curtis” nel quartiere di Gianola, a Formia.  Un muro da trasformare da parete “divisoria” a tela artistica, cercando di cambiare la prospettiva di significato di un muro. Infondo ciò che l’arte fa, sta principalmente in questo: esacerbare emozioni, esprimere nuovi punti di vista, tentare di trasformare il mondo che ci circonda rivoluzionando lo sguardo sulle cose. Ed ecco venire alla luce “Il muro che vorrei…”  ideato, promosso e realizzato dall’associazione “Il piccolo principe Aps”. 

Durante i  giorni del Festival,  terminato sabato 24 agosto, grandi e piccini hanno contribuito a dipingere il Golfo di Gaeta visto proprio da quel punto di osservazione immerso nel verde del “De Curtis”: il profilo della città di Formia, protetta dagli splendidi Monti Aurunci, con tanto di Cristo posizionato sulla cima del Monte Redentore agli inizi del Novecento. Difronte il mare azzurro dell’insenatura che bagna il litorale pontino e sul prato, in primo piano, ma di spalle, direttamente dalle pagine dei Antoine de Saint Euxpéry, ecco comparire il protagonista del romanzo che ispira anche lo stesso nome dell’associazione promotrice dell’iniziativa: il Piccolo Principe.

Con lui la sua rosa, ed ancora, raffigurati, bambini che giocano, monumenti ed elementi identificativi della città. Non a caso il sindaco Gianluca Taddeo è stato invitato a posizionare sul murales lo stemma del comune di Formia, proprio affianco alla chiesa di Santa Teresa, e l’assessora ai Servizi Sociali Rosita Nervino, arrampicandosi su una scala, ha incollato proprio la croce del Cristo sul Redentore. Ad incorniciare i 9×3 metri del “muro tela”, ancora, due grandi alberi di Jacaranda, tradizionalmente legati con le loro fioriture a favorire l’ecosistema attirando le api.

Non solo colori, quindi. Sulla parete, nel disegno, hanno trovato spazio diversi elementi  – fiori, animali, barchette, bambini e tanto altro – realizzati nei laboratori di ceramica promossi dalla medesima associazione che hanno finito per coinvolgere circa 140 persone tra adulti e bambini dai tre anni a salire. Così dal bianco di una delle pareti dell’edificio all’interno del Parco De Curtis sono esplosi i colori di questa idea artistica talmente coinvolgente che ha finito con l’essere anche più grande di quanto avessero previsto.

A confessarlo è la stessa presidente dell’associazione “Il piccolo principe”, Tiziana Scalena che ha spiegato: “i muri costruiscono le nostre case, gli edifici dei nostri luoghi di lavoro, di culto, di divertimento, costruiscono contenitori dove si accoglie e vive la vita, ma  un muro è anche un ostacolo nella relazione. Attraverso il nostro progetto ‘Il muro che vorrei’, abbiamo voluto ridonare al muro la sua funzione di contenitore e cura per la vita. I muri che vorremmo sono i  muri che accolgono, costruiscono e custodiscono la vita. Un ringraziamento a tutti i soci e volontari dell’associazione; in particolare a questo progetto hanno partecipato Maura Guglielmo ceramista e arte-terapeuta; i ceramisti Nicola Rossini e Giulia Teresa Gaveglia, nonché le volontarie, Chiara, Sara, Carlotta, Stefania, allieve ceramiste della nostra associazione ed il piccolo Marco provetto fumettista dallo spiccato talento. Chiaramente un grande ringraziamento va anche a tutti i bambini, i ragazzi, gli adulti e i genitori, che hanno partecipato. Grazie di cuore a tutti è stato un onore ed un privilegio lasciare il segno in questa bellissima manifestazione”.

Aprire la mente e non creare “muri” è certamente una scelta ideale, ma anche abbellire e trasformare le pareti esistenti, dal momento che ci sono, ha sicuramente il suo senso…fosse anche solo quello di fare della “street-art” un momento di “heart-art”…
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