PONZA – “Io non c’entro nulla con la violenza ai danni di quella ragazzina”. Il 30enne Manuel Dani Lovecchio è stato categorico nel corso dell’interrogatorio di garanzia celebrato il Gip del Tribunale di Cassino Domenico Di Croce per ribadire la sua estraneità alla grave accusa che gli muove il sostituto procuratore Chiara Fioranelli, quella di abusato sessualmente il 7 luglio scorso di un’adolescente di 16 anni di nazionalità romena giunta a Ponza per stare con i suoi genitori lavoratori stagionali nel settore della ristorazione.
Lovecchio, difeso dall’avvocato Valerio Fanelli, ha risposto a tutte le domande che gli ha posto il Gip Di Croce ma, nonostante un quadro probatorio cristallizzatosi dopo l’incidente probatorio chiesto dalla stessa Procura, ha negato ancora una volta di aver violentato “con inaudita violenza” la ragazzina ora ospite di un protetto centro di recupero dove ha avviato, con il sostegno di un pool di psicologici, un percorso di riabilitazione. L’interrogatorio di garanzia è stato abbastanza lungo ed articolato al termine del quale il Gip Di Croce ha confermato la misura cautelare ai domiciliari con il braccialetto elettronico per il 30enne, giunto a Ponza (aveva preso in affitto un’abitazione insieme a due giovani di Minturno) nel tentativo, subito naufragato, di trovare un lavoro come cameriere in un ristorante in località Santa Maria.
La difesa di Lovecchio al momento non ha presentato misure alternative e tantomeno la volontà di ricorrere al Riesame. Intende attendere la conclusione di ulteriori accertamenti che, disposti dalla stessa Procura di Cassino, sono attesi anche dalla parte civile della 16enne rappresentata dall’avvocato Alessandro Parisella, lo stesso che, dopo l’incidente probatorio, aveva chiesto alla Procura di adottare provvedimenti cautelari nei confronti del 30enne “inchiodato” non solo dalla testimonianza shock della vittima ma anche delle dichiarazioni dei coinquilini di Lovecchio che avevano offerto molti riscontri al racconto della 16enne.
La ragazza, dopo aver steso il bucato, era uscita di casa per gettare la spazzatura quando sarebbe stata bloccata e trascinata da Lovecchio nella sua abitazione dove l’avrebbe stuprata per venti lunghi e drammatici minuti. Se la violenza venne accertata il giorno dopo presso il reparto di ginecologia dell’’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, dove la 16enne in lacrime venne ricoverata per alcuni giorni, il 30enne, dopo essere stato immediatamente individuato e rintracciato, venne “soltanto” allontanato dall’isola con un foglio di via obbligatorio della durata di tre anni, richiesto dai carabinieri della Compagnia di Formia ed era tornato a Roma per farsi immortalare in un selfie 24 ore dopo lo stupro in una discoteca di Fiumicino.
Il mancato arresto del 30enne aveva sollevato molte polemiche ed il consigliere laico del Csm Ettore Carbone aveva chiesto l’intervento della prima commissione (quella che valuta l’operato dei magistrati) dello stesso palazzo “Bachelet” per verificare la correttezza dell’operato dell’autorità giudiziaria di Cassino. All’incidente probatorio seguì il provvedimento cautelare del Gip Di Croce che, avanzando l’accusa della violenza sessuale aggravata, ha creduto alla ricostruzione della 16enne “intrinsecamente attendibile poiché logica e dettagliata ma sovrapponibile alle dichiarazioni della vittima e degli altri testimoni” .