Cronaca

Formia / Omicidio Romeo Bondanese, al via il processo per rissa a carico di due giovani

FORMIA – Con l’ammissione delle prove è iniziato lunedì mattina davanti il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Marco Gioia il processo a carico di due giovani di Formia, ora 22enni, rinviati a giudizio con l’accusa di rissa. Sono accuse mosse nei loro riguardi dal commissariato di Polizia di Formia nell’ambito delle indagini effettuate, all’epoca dei fatti, nell’ambito dell’aggressione mortale in cui il 16 febbraio 2021 perse la vita il 17enne Romeo Bondanese e rimase gravemente ferito il cugino coetaneo Osvaldo Vellozzi. I due imputati, all’epoca 19enni, sono difesi dagli avvocati Pasquale Di Gabriele ed Erasmo Nasta e saranno chiamati a difendersi dalle accuse formulate nei loro riguardi nella prossima udienza fissata al 30 giugno 2025.

Il 22 novembre 2023 era stato assolto di nuovo Osvaldo Vellozzi, il giovane all’epoca dei fatti 17enne che, tentando di salvare da un’aggressione Romeo Bondanese la sera di Carnevale del febbraio 2021, rischiò la vita per poi essere indagato a piede libero per rissa. A distanza di due mesi dalla sentenza dell’assoluzione bis (la prima c’era stata il 18 maggio 2022 da parte del Gup del Tribunale dei Minorenni di Roma Efisia Gaviano) la Corte d’appello di Roma-sezioni Minorenni (presidente Anna Maria Pagliari, a latere Alberto Tilocca e relatrice Anna Maria Giammusso) aveva provato a far calare definitivamente il sipario, almeno sul piano processuale, su uno dei fatti di cronaca più tragici e tristi mai verificatisi sul territorio del sud pontino.

Nel tentativo di separare il cugino Romeo dal suo aggressore originario di Casapulla, in provincia di Caserta, Vellozzi era stato in fin di vita riportando ferite guaribili in 60 giorni. Di questo aspetto ne aveva fatto più volte cenno la Corte d’appello rigettando il ricorso del Procuratore generale che aveva definito “illogica e contradditoria” la motivazione con cui il Gup che, assolvendo Vellozzi, era stato accusato di “aver mal valutato gli elementi di prova raccolti nel corso dell’istruttoria. I giudici d’appello non avevano fatto altro che ribadire la bontà dell’impianto difensivo illustrato dagli avvocati Vincenzo e Matteo Macari e, cioè, “dalle immagini delle videocamere esistenti sui luoghi nonché dalle numerose dichiarazioni dei testi e dei partecipanti alla rissa ascoltati nel corso delle indagini era emerso che Vellozzi era stato il primo ad accorgersi che C.B. e Romeo Bondanese erano venuti alle mani ed era stato il primo a intervenire in appoggio al cugino. L’intervento di Vellozzi era avvenuto subito dopo che C.B. aveva colpito Bondanese per dividerli e farli allontanare”.

Sulla dinamica omicidiara di Bondanese nelle loro motivazioni i giudici d’appello avevano anche condiviso la ricostruzione di Vellozzi che, interrogato anche nel corso del processo primo grado, aveva riferito di aver “braccato C. per portarlo via, circostanza che risulta avvalorata proprio dal suo ferimento considerato che la profonda lesione dal medesimo subita alla coscia destra appare conseguenza del gesto compiuto da C. che, per liberarsi di Vellozzi, ha affondato il coltello di cui era in possesso nella coscia del suo avversario”.

Questa ricostruzione, in effetti, era stata avvalorata dal consulente medico legale della Procura dei Minorenni secondo il quale la “ferita riportata da Vellozzi aveva…margini “incisi di netto con andamento lineare e regolare nel suo decorso” e di profondità “che variava da 45 centimetri nella zona infero — mediale per superficializzarsi lievemente nella zona superiore”. Insomma Osvaldo Vellozzi era stato attinto da “uno strumento ad azione speciale mono-tagliente, utilizzato con meccanismo da punta e taglio a livello dell’estremità distale della ferita, ove apparso prevalente il dato della profondità, ed impiegato con meccanismo da taglio nella fase di estrazione del tagliente, per cui si è determinato il prolungamento della ferita in direzione del gluteo, recidendo i tessuti muscolari con profondità via via decrescente, fino a fuoriuscire dalla cute lasciando un’estremità – quella prossimale.

Vellozzi perse molto sangue a causa di “un taglio obliquo, non sanguinate estesa, con esposizione del grasso sottocutaneo e lesione in profondità del muscolo del tricipite femorale e sospensione dell’aponeurosi muscolare”. Le motivazioni della sentenza d’assoluzione avevano raccolto un altro particolare e, cioè, che Vellozzi “ha negato che nell’occasione vi fosse stata una rissa tra più persone, concentrato esclusivamente a dirimere la lite tra il cugino Romeo ed il suo omicida. Non ha partecipato e tantomeno non ha voluto prendere ad alcuna rissa perché il suo unico pensiero era essenzialmente quello di bloccare la contesa tra C.B. e Romeo”.

La Corte d’appello, infine, aveva difeso a denti stretti la prima assoluzione del Gup del Tribunale dei Minorenni di Roma: “Nessuna contraddittorietà o illogicità nella sentenza numero 305/22. Ha correttamente apprezzato tutte le risultanze probatorie raccolte nel corso delle indagini nonché nel primo grado del giudizio”.

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