Cronaca

Cisterna / Caporalato e morte Satnam Singh, audizione Procuratore De Falco in Commissione parlamentare d’inchiesta

CISTERNA – “Non è vero che Antonello Lovato (il titolare dell’azienda agricola in cui lavorava il bracciante indiano Satnam Singh, ndr) è indagato da 5 anni, non è mai stato indagato per caporalato. Il procedimento pendente da 5 anni non riguarda lui ma il padre, Renzo, altre aziende ed altre persone, tra cui due caporali indiani. Tra il titolare e l’azienda in cui è avvenuto l’infortunio e poi l’omicidio e gli altri titolati non vi è alcun legame se non di parentela. Si tratta di un procedimento che riguarda numerose aziende e due caporali indiani”. Sono state queste le parole del procuratore di Latina Giuseppe De Falco pronciate mercoledì durante la sua audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Si tratta – ha spiegato De Falco – di un “procedimento complesso, perché riguarda 17 indagati.

La Procura ha svolto indagini complesse e terminata nel novembre 2021, nel marzo 2022 la Procura poi ha depositato al Gip la richiesta di misura di custodia cautelare 11 persone e sequestro di 5 aziende. La richiesta del 5 marzo 2022 non è stata evasa dal Gip titolare (Giorgia Castriota, ndr) che, il 20 aprile 2023 un anno dopo, è stata arrestata per corruzione. Il procedimento è transitato ad altro magistrato che ha fatto innanzi tutto richiesta di ri-depositare la richiesta di misura cautelare perché, spiace dirlo, la richiesta non si trovava. Ritrasmessa, questo ha ritenuto che, essendo passato troppo tempo dalla data di commissione dei reati, ci fossero gravi indizi ma non ci fossero esigenze cautelari. Sulla figura del caporale – ha aggiunto il Procuratore De Falco, “non sempre è individuabile nell’ambito delle indagini: alcuni di loro continuano a prestare la loro attività anche durante lo svolgimento del lavoro, ci sono anche dei soggetti che sono invece di collegamento fra coloro che vengono dall’Asia, nella prospettiva di trovare lavoro, e le aziende”.

Uno dei segmenti delle indagini riguarda anche “tutte le attività illecite a monte del caporalato: come arrivo in Italia, come mi produco documenti falsi…Ci sono cittadini italiani che si trovano titolari, più o meno inconsapevolmente, di 10, 15 contratti di locazione”. Il procuratore (Il Csm è prossimo a ratificerà la sua nomina a Procuratore aggiunto presso la Procura di Roma) ha sottolineato un altro dato: “I lavoratori irregolari non hanno interesse né convenienza a denunciare (il caporalato, ndr) perché verrebbero allo scoperto. Quindi subiscono condizioni di sfruttamento, rispetto alla quale sono inermi. Anche i lavoratori con permesso di soggiorno, e regolarmente assunti possono versare in condizioni di sfruttamento, se non altro per l’adozione delle misure di sicurezza sul lavoro e sul rapporto di lavoro (retribuzione, straordinari, ferie etc): anche loro, trovandosi in situazione di inferiorità patologica rispetto al datore di lavoro, non hanno interesse a denunciare: subiscono delle condizioni lavorative non regolari pur di non perdere il rapporto di lavoro. A questo si aggiunge l’estrema difficoltà, per carenza di uomini e mezzi, di operare su vasta scala ispezioni di carattere amministrative che possano a scoprire situazioni che devono essere investigate. C’è questo dato importante sulla non corrispondenza del numero dei procedimenti penali iscritti alla effettiva entità del fenomeno”.

Sulla possibilità di dare un permesso di soggiorno ai lavoratori che denunciano, il procuratore è apparso scettico: “Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, come quello concesso alla vedova di Satnam Soni, ha durata limitata nel tempo. Sicuramente è utile, ma perché poi sia efficace sotto il profilo della tutela della persona che ne beneficia, deve essere accompagnato da iniziative che valgano a tutelarlo completamente: percorsi formativi e possibilità di impiego. Il solo permesso di soggiorno per motivi di giustizia non tutela la persona perché – una volta terminata la misura – questo nuovamente si ritrova ‘nudo’ sul territorio. Sarebbe necessario fare qualche cosa di impegnativo”- ha concluso De Falco. 

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