Autorità portuale del Lazio, il Tribunale reintegra il dirigente licenziato Malcolm Morini

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GAETA . Non è un buon momento quello che sta vivendo il presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mar Tirreno centro settentrionale Pino Musolino. Nelle fasi in cui il Ministero delle Infrastrutture starebbe per pubblicare un avviso pubblico per la conferma e per scelta della nuova guida dell’Authority che ha la giurisdizione sui porti di Gaeta, Fiumicino e Civitavecchia, il giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Civitavecchia Irene Abrusci ha disposto il reintegro in servizio ed il pagamento di oltre un anno e mezzo di stipendio per quello che sino a qualche giorno era l’ex dirigente del settore Marketing Malcolm Morini. Il Tribunale di Civitavecchia ha censurato pesantemente l’operato di Musolino che lo scorso marzo aveva licenziato Morini “a seguito di una riorganizzazione”. Ora l’ex Autorità portuale in una sentenza di 12 cartelle è stata condannata a reintegrarlo nel posto di lavoro ed a corrispondergli la retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegra ma anche al pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali, con interessi e rivalutazione al saldo.

E secondo alcuni calcoli carenti per difetto Morini dovrebbe percepire una somma importante che corrisponderebbe ai 17 mesi di stipendio successivi al licenziamento. La dottoressa Abrusci nella sua articolata motivazione ha spiegato che “oltre a non essere conforme a buona fede, e quindi ad aver dato luogo ad un licenziamento privo di giustificatezza, il disegno datoriale che emerge dalla ricostruzione degli eventi conduce a ravvisare una ipotesi di recesso radicalmente nullo, in quanto intimato in frode alla legge. Il trasferimento del lavoratore ad altra posizione lavorativa creata in quel momento e poco dopo soppressa, in assenza di reali e dimostrate esigenze datoriali al temporaneo utilizzo di un profilo dirigenziale “a disposizione, nell’ambito della Segreteria Tecnico Operativa, a diretto riporto del Segretario Generale”, non può che ritenersi preordinato a conseguire un risultato vietato dalla legge, ovvero ad individuare il dirigente destinatario del licenziamento non sulla base di criteri oggettivi e conformi a buona fede bensì in modo arbitrario”.

Musolino, palesando un vistoso nervosismo, ha digerito a fatica il contenuto di questa sentenza del giudice del lavoro di Civitavecchia: “La notizia era già in mano agli organi di stampa prima ancora che la sentenza fosse notificata all’ente e senza nemmeno chiedere un eventuale commento. Non vorrei che fosse iniziato il periodo degli esami ai presidenti senza possibilità di contraddittorio – ha tuonato- Il secondo aspetto, più tecnico, impone di rilevare come il giudice, ribadendo la piena effettività della riorganizzazione posta in essere dall’Adsp, e degli atti collegati e conseguenti, che come noto non sono stati in alcun modo modificati o rettificati dal competente organo giurisdizionale, abbia dichiarato nullo il licenziamento del dirigente Malcolm Morini perché non conforme a buona fede, basandosi essenzialmente sulla testimonianza in udienza resa dal Segretario Generale Paolo Risso. E’ un comportamento, il suo, che va incredibilmente sottolineato come, nonostante egli fosse al tempo stesso il responsabile unico della procedura della riorganizzazione, del trasferimento del dirigente ad altra mansione di lavoro, sempre come emerge dal testo della sentenza, il dipendente fosse stato dallo stesso Risso posto alle sue dirette dipendenze senza avere ricevuto incarichi di sorta e quindi di aver portato al licenziamento per la superfluità della posizione di lavoro ricoperta dal dirigente dopo il suo trasferimento. In sintesi durante la testimonianza che avrebbe dovuto essere resa a tutela dell’Ente, il dott. Risso ha dichiarato che il suo operato sia stato essenzialmente errato e tale dichiarazione ha portato, direi quasi inevitabilmente, ad una sentenza sfavorevole. Preme ulteriormente sottolineare che di questa testimonianza e del contenuto della stessa io sia venuto a conoscenza solo dal testo della sentenza”.

A tutela dell’ente e dell’operato complessivo dell’amministrazione del network portuale il presidente Musolino ha già incaricato il legale che rappresentava l’Adsp a ricorrere in appello valutando la possibilità di richiedere la sospensione degli effetti della sentenza del giudice del lavoro di primo grado. Per Musolino è sempre più necessario un chiarimento normativo “che definisca una volta per tutte il rapporto tra Presidente e Segretario Generale, una situazione di oggettiva difficoltà che condivido con molti colleghi. Non è pensabile – ha aggiunto Musolino – che tutte le responsabilità e tutte le relazioni esterne siano gestite ed imputate in capo ai presidenti mentre le figure dei segretari generali possano, in alcuni casi, svolgere un ruolo di destabilizzazione dietro le quinte che mette a repentaglio la piena operatività amministrativa dell’Ente portuale”.

Il reintegro del dirigente Morini, la cui parte contabile sarà sottoposta al vaglio della Corte dei Conti, è diventato intanto motivo di scontro tra Musolino e alcuni organi d’informazione del settore, tra cui il prestigioso “Shipmag”, la “Bibbia” del settore portuale in Italia. Musolino si lamenta di non essere stato contattato per creare “un minimo di contradditorio” e censura il fatto che non sia stato garantito “alcun rilievo al comunicato stampa collegato alla notizia riguardante una sentenza di cui ancora non abbiamo traccia”.

Il direttore di Shipmag.it Teodoro Chiarelli non è stato tenero nei confronti del numero uno di Molo Vespucci: “Non abbiamo ripreso la sua dichiarazione riguardante la sentenza, perché avremmo dovuto a nostra volta fare delle considerazioni. Ma, vista la sua insistenza, le faccio notare alcune cose. Lei sostiene che il segretario generale avrebbe dovuto testimoniare a favore dell’Ente. E che avrebbe parlato in favore del ricorrente a sua insaputa, come quel ministro della casa vista Colosseo. Beh, questa è un’affermazione grave. Se non sbaglio lei è laureato in giurisprudenza. Dovrebbe sapere che un testimone – ha detto Chiarelli – ha l’obbligo di dire la verità, anche se non gradita al proprio datore di lavoro. Il dirigente sosteneva di essere stato ingiustamente licenziato, il segretario generale ha confermato, cosa sottolineata dal giudice nella sentenza. Crede che il segretario generale abbia mentito? Lo denunci. Inoltre i verbali delle testimonianze sono comunque sempre disponibili per le parti in giudizio: ci risulta perciò difficile credere che lei abbia appreso solo dalla sentenza il contenuto della testimonianza del segretario generale, per altro da lei nominato. Può essere che il suo avvocato non le abbia riferito. In questo caso i problemi, per lei, sono due. Il segretario generale e l’avvocato incaricato della difesa dell’Ente” – ha concluso Chiarelli.